Non solo quattro presidenti uccisi. Membri del Congresso, giudici, leader di popolo. Armi, un problema di diffusione e di gestione
Charlie Kirk, ma non comincia con lui. Molto prima dell’influencer fondatore di Turning Point Usa, negli Stati Uniti sono stati assassinati quattro presidenti in 98 anni: Abraham Lincoln nel 1865; James Garfield nel 1881; William McKinley nel 1901; John Fitzgerald Kennedy nel 1963. Non è poco, se consideriamo ad esempio che in 164 anni di storia unitaria italiana l’unico capo di stato ucciso in un attentato fu re Umberto I, nel 1900. Benito Mussolini, Duce della Repubblica sociale italiana, fu giustiziato nel 1945, dopo essere stato deposto e mentre era in fuga.
Anche la Francia ha avuto un solo presidente assassinato: Marie François Sadi Carnot nel 1894. Più due re: Enrico III, nel 1589, e Enrico IV, nel 1610. Poi c’è Luigi XVI, ma fu giustiziato dopo un processo, e non vittima di un attentato, e non era più re. Come Carlo I d’Inghilterra. Comunque, sono quattro in tre secoli. Un po’ più agitata è la storia russa: Feodor II nel 1605 e Paolo I nel 1801 furono uccisi in golpe; e Ivan VI nel 1764 come Nicola II nel 1918 dopo essere stati deposti. Vittima di un attentato fu Alessandro II nel 1881, e forse Lenin: ma è discusso se la sua morte nel 1924, a 53 anni, sia stata effetto delle ferite riportate nel 1918. Vittima di un attentato fu nel 1934 Alessandro di Jugoslavia, della dinastia andata al potere con il golpe che nel 1903 aveva ucciso Alessandro di Serbia. E vittima di un attentato Giorgio I di Grecia, nel 1913. Ma, insomma, se si fa una media per aree geografiche e anni considerati, gli Stati Uniti restano largamente in testa, pur avendo in teoria una forma di governo molto più matura.
Ovviamente, il quadro si fa più complicato se si considerano non solo i capi di stato ma i leader politici in genere, e anche gli attentati falliti. In Italia, ad esempio, abbiamo avuto la stagione del terrorismo, culminata nel sequestro e assassinio dell’ex presidente del Consiglio Aldo Moro, nel 1978. Altri nomi eccellenti sono ad esempio il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss nel tentato golpe del 1934, il primo ministro svedese Olof Palme in un attentato nel 1986, il capo del governo provvisorio irlandese Michael Collins nel 1922 in un’imboscata durante una guerra civile. Tra gli attentati falliti ve ne furono uno a Luigi XV di Francia, la famosa congiura della macchina infernale contro Napoleone I nel 1800, l’attentato di Felice Orsini contro Napoleone III nel 1858, quello progettato da Guglielmo Oberdan contro Francesco Giuseppe, oltre ai due falliti contro Umberto I prima di quello riuscito di Bresci e ai sei contro Mussolini.
Ma, anche qui, se allarghiamo il discorso gli Stati Uniti riprendono il loro vantaggio subito. Presidenti a parte, dall’indipendenza sono stati assassinati 12 membri del Congresso, 4 giudici federali, 8 diplomatici, 4 governatori, 25 legislatori statuali, 2 giudici statuali, 3 funzionari vari, 9 sindaci, 3 consiglieri municipali, 4 sceriffi e capi di polizia, e vari altri personaggi pubblici, compresi Martin Luther King, Malcom X e il leader del partito nazista americano George Lincoln Rockwell. Poco prima di Kirk, il 14 giugno 2025 la deputata dello stato del Minnesota Melissa Hortman, leader del caucus democratico, era stata uccisa insieme al marito e al cane dallo stesso estremista di destra che lo stesso giorno ferì il senatore dem John Hoffman e la moglie. Se andiamo poi agli attentati falliti, riferendoci solo a quelli contro presidenti ne abbiamo uno contro Theodore Roosevelt, anche se da ex; uno contro Franklin Delano Roosevelt, presidente eletto ma non ancora in carica; uno contro Truman, di due nazionalisti portoricani; un tentativo di dirottare un aereo per gettarlo sulla Casa Bianca di Nixon nel 1973; due falliti attentati a Ford nel 1975; il ferimento di Ronald Reagan, il 30 marzo 1981; e, nel luglio 2024, l’attentato a Trump. Ex presidente, ma durante la campagna che lo avrebbe riportato alla Casa Bianca.
Numero a parte, però, un’altra caratteristica della violenza contro politici di vario genere è che è normalmente gestita da gruppi organizzati, anche se a volte con un tipo di azione poi delegata a cani sciolti. Tra fine ‘800 e inizio ‘900 fu quest’ultima una spiccata caratteristica degli anarchici che si definivano “individualisti”, tra cui gli italiani ebbero un ruolo di primo piano. Non solo Gaetano Bresci, che il 29 luglio 1900 uccise Umberto I, ma anche Giovanni Passanante e Pietro Acciarito, che ci avevano già provato rispettivamente il 17 novembre 1878 e il 22 aprile 1897. E Paolo Lega, che il 16 giugno 1894 aveva sparato senza esito al Presidente del Consiglio Francesco Crispi. E Sante Caserio, che il 24 giugno 1894 aveva ucciso il presidente francese Sadi Carnot. E Michele Angiolillo, che l’8 agosto 1897 uccise il Presidente del Governo spagnolo Antonio Cánovas del Castillo. E Luigi Lucheni, che il 18 settembre 1898 pugnalò a morte con una lima l’imperatrice Elisabetta d’Austria, la futura Sissi di film e cartoni animati. E Gennaro Rubino, che nel 1902 prima progettò di uccidere Edoardo VII del Regno Unito, e poi agì senza successo contro Leopoldo II del Belgio. E gli attentatori anarchici contro Mussolini Gino Lucetti, Anteo Zamboni, Gaetano Schirru e Angelo Pellegrino Sbardellotto.
Ma ci fu anche l’anarchico spagnolo Juan Oliva Moncasi, che nel 1878 tentò di uccidere Re Alfonso XII. I tedeschi Max Hödel e Karl Nobiling, che pure nel 1878 tentarono due attentati contro il Kaiser Guglielmo I. Il francese Emile Florian, che nel 1881 provò a uccidere il presidente del Consiglio Léon Gambetta. Il greco Alexandros Schinas, che il 18 marzo 1913 uccise Giorgio I di Grecia. E ce ne fu uno anche nella lista degli omicidi presidenziali Usa: l’oriundo polacco Leon Czolgosz, che il 6 settembre 1931 sparò a William McKinley. Una “propaganda del fatto” in qualche modo simile ai “cani sciolti” dell’Isis a inizio XXI secolo: solo che quelli puntarono ai massacri di massa, piuttosto che ai potenti.
Altri gruppi organizzati sono quelli nazionalisti. L’Esercito Repubblicano Irlandese, ad esempio: protagonista di una lunghissima guerra terrorista contro il Regno Unito un cui vertice fu nel 1979 l’uccisione di Lord Mountbatten, ultimo viceré dell’India e cugino della regina Elisabetta. I repubblicani portoghesi: che il primo febbraio 1908 uccisero re Carlo I e suo figlio. I patrioti italiani, come Orsini e Oberdan. I baschi dell’Eta, che il 20 dicembre 1973 fecero saltare in aria il primo ministro della Spagna franchista Luis Carrero Blanco. I nazionalisti croati e macedoni dell’assassinio di Alessandro di Jugoslavia. E in India i nazionalisti indù che uccisero il Mahatma Gandhi, i sikh dell’attentato a Indira Gandhi e i tamil di quello al figlio Rajiv. Anche qui c’è un caso negli Usa, con i portoricani che attentarono a Truman. Un cane sciolto fu invece l’assassino del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, il 4 novembre 1995. Mai decifrato il delitto Palme, ci sono infine i gruppi terroristi organizzati ideologici. Ad esempio, negli anni ‘70 le Br italiane e la Raf tedesca. Ma anche i Socialisti Rivoluzionari russi, che colpirono sia Alessandro II che Lenin.
Nella storia Usa furono un gruppo organizzato anche i sudisti che il 14 aprile 1865 uccisero Abraham Lincoln. L’esecutore materiale John Wilkes Booth fu ucciso mentre tentava di sottrarsi alla cattura, ma otto complici furono poi processati, e quattro finirono impiccati. Le cospirazioni dei sudisti e dei portoricani e l’attentatore anarchico risultano un po’ un’eccezione nella storia degli omicidi politici Usa, come gli sparatori solitari alla Breivik possono essere una eccezione altrove. Ciò non vuol dire che anche negli Usa non si possa tentare una lettura ideologica degli attentatori. Think tank libertarian spesso associato alla destra ma in realtà con posizioni autonome e molto critico verso Trump, il Cato Institute ha pubblicato uno studio secondo cui un totale di 3.599 persone sono state uccise in attacchi terroristici di matrice politica negli Stati Uniti dal 1° gennaio 1975 al 10 settembre 2025. Può sembrare molto, ma in effetti rappresentano solo lo 0,35 per cento di tutti gli omicidi dal 1975. Attenzione, però, che ben 2.979 corrispondono all’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre, che in effetti alterano la cifra in modo notevole. Senza di esso, staremmo a 620 omicidi politici in 50 anni. 12,4 l’anno.
Dal 2020 ce ne sono stati 81. Lo 0,07 per cento di tutti gli omicidi politici del periodo, ma 16,2 l’anno. In realtà, dunque, al netto dell’attacco di al-Qaida ai grattacieli, la violenza politica negli Usa sta aumentando. Ma, in proporzione, meno che la violenza in generale. Secondo le statistiche più recenti disponibili, per numero complessivo di omicidi gli Stati Uniti sono addirittura il sesto paese al mondo, con 19.796 in un anno, mentre l’Italia è 75esima su 204, con 322 vittime. Se si fa però una ponderazione con la popolazione, se per tasso di omicidi pro-capite col 5,763 per 100.000 gli Usa scendono al 66esimo posto, l’Italia cade addirittura al 183esimo, con 0,545.
Insomma, lì è 10,5 volte più facile essere ammazzati che da noi. Perché? Se raffrontiamo i circa 7 milioni di armi da fuoco dell’Italia, 11,9 ogni 100 persone, con i 270 milioni degli Usa, 88,8 per 100 persone, risultano 7,4 armi pro capite Usa per ognuna italiana. Ma la Svizzera con 45,7 armi ogni 100 persone sta a 0,597. Insomma, non è solo la diffusione di armi, ma la loro gestione. In Svizzera il possesso è collegato al servizio militare di milizia con richiami periodici, per cui il cittadino ha l’arma di ordinanza in casa, ma con le pallottole accuratamente registrate, e di cui bisogna rendere conto. In Italia c’è un porto d’armi che, mutatis mutandis, può essere comparato a una patente di guida. Negli Usa c’è acquisto libero sancito come diritto costituzionale, anche se per leggi federali non si estende a armi automatiche o di uso collettivo, come mortai o cannoni. “Penso che valga la pena avere un costo, sfortunatamente, di alcune morti per arma da fuoco ogni singolo anno in modo che possiamo avere il Secondo Emendamento per proteggere i nostri altri diritti dati da Dio” è stata una frase di Kirk che è stata ricordata dopo che è diventato anche lui parte di quel “costo”.
Tornando al Cato Institute, il suo studio osserva che se l’83 per cento delle persone assassinate negli Usa per motivi politici dal 1975 è stato ucciso dai terroristi dell’11 settembre, un altro cinque per cento è rappresentato dai 168 morti dell’attentato di Oklahoma City del 19 aprile 1995 contro un edificio federale. Un caso a parte anche perché non furono utilizzate armi da fuoco ma un camion bomba. L’autore era un veterano della guerra in Kuwait che da congedato aveva provato a diventare venditore ambulante di armi, aveva avuto noie con l’Fbi, ed aveva dunque giurato odio al governo federale. Viene rubricato come un personaggio di estrema destra, ma la sua era piuttosto una personalità gravemente disturbata.
Con l’11 settembre secondo il conto del Cato Institute i jihadisti hanno fatto l’87 per cento delle vittime di questo tipo di attacchi. Un altro 11 per cento, pari a 391 omicidi, corrisponde a un coacervo di motivazioni raggruppate sotto l’etichetta “destra”: in particolare la supremazia bianca e le convinzioni antiabortiste. Il 2 per cento, pari a 65 omicidi, corrisponde infine a pulsioni variamente catalogate come “sinistra”: nazionalismo nero, sentimento anti-polizia, comunismo, socialismo, diritti degli animali, ambientalismo, ideologie anti-bianche. Se si esclude però l’11 settembre i jihadisti sono il 23 per cento, la destra il 63, la sinistra il 10 e gli ignoti l’1.
Finora nel 2025 sono state uccise ventiquattro persone, compreso Kirk. Tra gli 81 omicidi politici dal primo gennaio 2020 la destra rappresenta il 56 per cento, la sinistra il 22, gli islamisti il 21 e il resto l’1. Insomma, è vero che c’è più violenza di destra, anche se è un po’ calata. Ed è vero che la violenza di sinistra è in aumento, anche se resta comunque minoranza. “Il lettore motivato può analizzare questi numeri in modi diversi, considerare i crimini d’odio marginali come attacchi terroristici a sfondo politico, attribuire diverse motivazioni ideologiche al singolo aggressore e concludere comunque che la minaccia alla vita umana derivante da questi tipi di attacchi è relativamente piccola” osserva il Cato Institute, ammettendo che “questa non è una consolazione per chi è stato danneggiato, e non dovrebbe esserlo, ma è un dato di fatto. In ogni caso, le vittime della violenza meritano giustizia”.
Per molti americani, però, c’è il dubbio che, semplicemente, grazie alla maggior libertà di accesso alle armi, finiscano per agire come Erostrato, che il 21 luglio del 356 a.C. diede fuoco al tempio di Artemide a Efeso, perché non trovava altro modo per passare alla Storia. Sudista l’assassino di Lincoln e anarchico quello di McKinley, il 22enne Tyler Robinson ha ucciso Kirk pur venendo da una famiglia che sembrava condividere l’ideologia dell’assassinato, tanto che lo aveva educato a quell’uso delle armi di cui l’ucciso era entusiasta. Smentita la iniziale notizia che fosse registrato come elettore repubblicano, si è scatenato un dibattito aspro sul fatto se certi slogan da lui utilizzati e trascritti sulle pallottole, a partire da Bella Ciao. Ideologia di sinistra, o semplice subcultura da videogames? Una teoria che è stata fatta è che fosse un seguace di Nick Fuentes, un nemico di Kirk da posizioni ancora più a destra. Un’altra che lo avesse spostato a sinistra una relazione con un trans.
Ma Charles Guiteau, l’assassino di Garfield, aveva addirittura scritto un pamphlet per sostenerne la campagna elettorale, era convinto di avere così avuto un ruolo decisivo per la sua vittoria, e si aspettava di esserne compensato con un incarico di prestigio. Anche una nomina a diplomatico. Gli storici sono concordi nel ritenerlo poco più che un mitomane, che però si risentì fino all’estremo. A loro volta i fratelli Kennedy, icone della sinistra, furono uccisi da killer di sinistra. Lee Harvey Oswald era stato nei marines, dove aveva imparato a sparare. Ma poi era diventato comunista, era emigrato in Urss, ne era tornato con una moglie russa, e due giorni dopo il suo arresto fu ucciso dal proprietario di un night che diceva di voler risparmiare alla vedova Kennedy il trauma di doversi confrontare in tribunale con il suo assassino. Il tutto è stato ovvio spunto per una quantità di ipotesi più o meno complottiste da cui libri e film. Le più popolari sono quelle che indicano un Deep State reazionario, ma in realtà non manca chi accusa Kruscev o Fidel Castro, ansiosi di vendetta per il presidente del blocco di Cuba. E neanche chi ha tirato in ballo Cosa Nostra, cui comunque sembra aver appartenuto l’assassino di Martin Luther King.
Bob Kennedy fu invece ucciso da Sirhan Sirhan: un palestinese di Gerusalemme che lo accusava di avere sostenuto la fornitura di 50 caccia a Israele. Malcom X da militanti del gruppo Nation of Islam: guidato da quell’Elijah Muhammad di cui era stato seguace e con cui aveva poi rotto. George Lincoln Rockwell da un militante che aveva espulso dal partito nazista. John Hinckley Jr., attentatore di Reagan, voleva farsi notare dall’attrice Jodie Foster. E quanto a Huey Pierce Long, governatore e senatore della Louisiana, un film famoso come “Tutti gli uomini del re” ne accredita un’immagine da demagogo che avrebbe potuto diventare un Chávez made in Usa. Ma, in realtà, il medico che lo uccise per essere poi subito ucciso dalle guardie del corpo non si sa perché agì.