Sulla guerra ibrida siamo molto scoperti

La Francia intensifica gli sforzi per difendersi dagli attacchi Fimi che arrivano per lo più dalla Russia. L’Italia è indietro

La scorsa settimana alle autorità francesi sono bastate ventiquattro ore per disinnescare un’operazione cosiddetta Fimi, acronimo che sta per Foreign Information Manipulation and Interference, cioè una campagna di manipolazione e disturbo dell’informazione orchestrata dall’estero. In quel caso, come nella maggior parte dei casi più recenti in Europa, dalla Russia. Il 9 settembre scorso erano state trovate nove teste di maiale davanti ad altrettante moschee nella regione dell’Île-de-France, quattro a Parigi e cinque nella periferia interna.

Le indagini avevano portato a un allevatore in Normandia che aveva venduto a due individui le teste di maiale, e poi a un’auto con targa della Serbia. Secondo la procura di Parigi i due uomini avevano viaggiato di notte per arrivare al mattino nella capitale, erano stati identificati dalle telecamere di sorveglianza, e nella loro azione c’era il chiaro intento “di provocare disordini all’interno della nazione”. Il governo francese sta investendo moltissimo nel contrasto alle manipolazioni e alle interferenze straniere, soprattutto dopo che l’Amministrazione americana guidata da Donald Trump ha deciso di tagliare tutti i fondi, anche di cooperazione internazionale, per fermare la disinformazione e altre attività pericolose sul proprio territorio. A quattro anni dalla creazione di Viginum, un “servizio di vigilanza e protezione contro le interferenze digitali straniere”, l’Eliseo ha deciso di rafforzare la sua struttura e il coordinamento – fondamentale per capire quando una minaccia è disinnescabile online, se va investigata attraverso i servizi d’intelligence, e come può intervenire il ministero degli Esteri. Più investimenti e una postura “più offensiva”, ha detto una fonte al Foglio, che significa soprattutto studiare e applicare nuove tattiche di contrasto, rendendo pubbliche il più velocemente possibile le operazioni ostili.



L’investimento era urgente. Secondo l’ultimo rapporto del Servizio esterno dell’Unione europea, pubblicato a marzo, dopo l’Ucraina, la Francia è stata tra i principali bersagli degli attori ostili: “Il Servizio europeo per l’azione esterna ha rilevato 152 casi riconducibili all’ecosistema di manipolazione e interferenza informativa russo e cinese. Tra gli obiettivi principali figuravano i Giochi olimpici e paralimpici di Parigi e le elezioni legislative francesi”. Il caso delle teste di maiale ricorda quello dell’ottobre del 2023, quando in vari quartieri della capitale francese erano comparse stelle di David dipinte sui muri e l’inchiesta aveva portato all’identificazione di alcuni cittadini moldavi, e all’episodio di quattro mesi fa, dopo che erano state dipinte delle mani rosse sul memoriale dell’Olocausto a Parigi e l’intelligence francese aveva arrestato quattro cittadini bulgari, il cui processo si aprirà fra qualche settimana. In quell’occasione la procura francese aveva parlato apertamente di un’operazione di destabilizzazione orchestrata dall’intelligence russa, con l’obiettivo di spaccare la società francese: migliaia di account falsi legati alla Russia avevano rilanciato immagini e narrazioni sui social per amplificare l’effetto provocatorio.



In Italia le cose vanno a dir poco a rilento. Eppure dopo il caso dei droni russi che hanno sconfinato sul territorio polacco, il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha detto, in un’intervista al Corriere, che “la disinformazione, le fake news per influenzare le opinioni pubbliche, gli attacchi degli hacker, sono ormai quotidiani. Siamo già in guerra e lo siamo già in un mondo che non si vede, ma dove si può, volendo, mettere in ginocchio una nazione”. Ma nel nostro paese non esiste un comando, una piattaforma coordinata che si occupi di Fimi. Secondo una fonte ascoltata dal Foglio, le dichiarazioni di Crosetto potrebbero funzionare un po’ come un acceleratore: la guerra che stiamo già combattendo non è solo quella dei missili. Eppure l’Italia, rispetto alla Francia, ha una struttura d’investimenti su questo tema praticamente inesistente. Dal punto di vista istituzionale, ci sono troppi uffici che fanno troppo poco – per lo più monitoraggio – senza una concreta reazione come quella richiesta da Crosetto pochi giorni fa. A Palazzo Chigi c’è il Dis che monitora le interferenze, ci sono poi persone incaricate al ministero della Difesa, al ministero dell’Interno e alla Farnesina, dove da poco è stato istituito l’ufficio per le “Minacce transnazionali e strategie integrate”, composto da meno di cinque persone, che nell’aprile del 2024 aveva firmato un accordo di collaborazione con un ufficio del dipartimento di stato americano che adesso è stato chiuso. Nella riforma della Farnesina voluta da Tajani saranno assorbite dal dipartimento Cyber. Secondo chi è a conoscenza della materia, la maggior parte delle attività di monitoraggio – e quindi non di contrasto – avviene esternalizzando la ricerca a società private. C’è poi una questione politica, che è molto simile a quella che l’Italia affronta attraverso la sua Agenzia per la cybersicurezza: l’attribuzione pubblica delle operazioni. “Nelle Fimi è necessario fare intelligence ma serve anche rendere pubbliche le ricerche e le scoperte, perché se rinunci all’aspetto di sensibilizzazione rischia di diventare una battaglia inutile”, dice al Foglio l’analista Mattia Caniglia, esperto di disinformazione. La scorsa estate a Roma, Milano e Bologna sono apparsi diversi manifesti di Russia Today che recitavano: “Loro vietano la verità, noi la mostriamo. Trova i doc di Rt nella tua città”, accompagnato da diverse operazioni d’influenza pubbliche: l’Italia è il ventre molle della disinformazione russa in Europa, ma non è troppo tardi per intervenire.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: “Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l’Asia”, “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.

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