Il salto d’oro di Mattia Furlani

Il saltatore azzurro ha vinto la medaglia d’oro nel salto in lungo ai Mondiali di atletica leggera di Tokyo 2025

Quello che prima o poi doveva accadere, è accaduto in una notte giapponese sulla corsia dei salti allo Stadio Nazionale di Tokyo. Mattia Furlani ha iniziato a correre, un’accelerazione continua, prima balzante da uomo di gomma, poi impetuosa sino alla linea di stacco, lì dove le scarpe gialle del saltatore italiano hanno lasciato il suolo e si sono messe quasi a camminare per aria, come seguissero una linea sottile, ma capace di spingerle, che incontrava il suolo di nuovo metri e metri più avanti. Precisamente 8 metri e 39 centimetri più avanti. Per Mattia Furlani è la miglior misura di sempre, almeno in gara. Per i Mondiali di atletica leggera di Tokyo 2025 è la miglior misura e basta, la miglior misura di questa edizione, quella che basta per mettere al collo di Mattia Furlani la medaglia d’oro dei Mondiali nel salto in lungo.

Era quello che prima o poi doveva accadere. Lo sapevano gli addetti ai lavori, lo sapevano anche gli avversari. Perché se è da due anni che te la salti con i migliori, da uno e mezzo che migliori continuamente e riesci, spesso, a finire sul podio, e hai vent’anni da appena sette mesi, va da sé che che prima o poi quel giorno doveva arrivare. E quel giorno, per Mattia Furlani, è stato il 17 settembre 2025: campione del mondo. Unendo così in un unico metallo quello che già era riuscito a fare il 16 febbraio 2025 a Toruń, Polonia, ai campionati mondiali di atletica leggera indoor: campione del mondo anche allora.

Mattia Furlani festeggia l’oro ai Mondiali di atletica leggera di Tokyo 2025 (foto Ap)

Gli 8 metri e 39 centimetri mondiali sono una buona misura, ma non sufficiente a dare un nuovo volto al recordman italiano del salto in lungo. Mancano altri otto centimetri per eguagliare l’8,47 che fece segnare Andrew Howe ai Mondiali di Osaka del 2007. Quel giorno l’azzurro fu secondo, dietro a Irving Saladino che saltò 8 metri e 52 centimetri,

Con quel 8,39 sono cinque centimetri in più rispetto al salto che Mattia Furlani fece alle Olimpiadi di Parigi 2024 e che gli valse la medaglia di bronzo. Sono soprattutto un sorriso rivolto al futuro. Perché la pista dello Stadio Nazionale di Tokyo non è che sia granché gentile e generosa con i saltatori in lungo. Il mix di materie plastiche e non usate dall’azienda italiana Mondo per la sua realizzazione ha creato certamente un ottimo fondale che ha permesso record olimpici e miglioramenti personali a sprinter e mezzofondisti, ma con il lungo gli è andata meno bene, nonostante Miltiadīs Tentoglou l’abbia onorata con un più che buono 8,41.

Quel 8,41 è a due centimetri. Ne potrebbe però avere ben di più Mattia Furlani. Perché se a vent’anni si salta bene, dopo i venti salti meglio, o così diceva Dwight Phillips, l’unico assieme a Irving Saladino, a riuscire dal 2000 in poi ad avvicinarsi ai salti lunghissimi dei grandi saltatori degli anni Ottanta e Novanta (il record mondiale è ancora di Mike Powell, quel 8,95 saltato il 30 agosto 1991). La speranza è che abbia ragione Dwight Phillips.

Anche perché Mattia Furlani è il più giovane vincitore di sempre nel salto in lungo ai Mondiali. Soprattutto ha dimostrato di sapersi adeguare velocissimamente ai cambiamenti. In meno di un anno è riuscito ad assimiliare al meglio la rincorsa da 18 passi invece che da 16 che ha deciso assieme alla sua allenatrice Kathy Seck (che è anche sua mamma) di utilizzare. Grandi atleti del passato ci hanno messo anche un paio di anni a trovare il ritmo dopo una modifica che sembra minima ma minima non è nella rincorsa. Lui ci ha messo un attimo e ha vinto due ori mondiali. Uno al chiuso, a Tokyo anche quello all’aperto.

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