C’è un modo per opporsi agli utili idioti dell’Intifada globale

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – “Stronzo, ti prendo a pugni (non ci deve essere un contraddittorio)” è il nuovo format di Enzo Iacchetti. La risposta italiana a “Prove me wrong” di Charlie Kirk.

Andrea Minuz

Siamo passati rapidamente dal “Prove me wrong” a “Let me hit”. E a proposito di pugni, e di Pisa. Il professor Casella, tra le molte colpe che avrebbe avuto, secondo gli esagitati ed estremisti studenti picchiatori di Pisa, avrebbe sbagliato a firmare un appello promosso un anno fa da questo giornale. L’appello lo promuovemmo nel giugno del 2024. Era un appello che prendeva spunto da un altro appello scritto in quei giorni da un collettivo formidabile formato da accademici e ricercatori e chiamato “Vigilance Universités”. Lo riproponiamo oggi. Più attuale che mai. “Il messaggio è semplice: gli insegnanti, i ricercatori, gli accademici hanno il dovere di denunciare l’uso malsano che fanno delle università gli attivisti politici che sfruttano l’antisionismo per coprire il proprio lessico antisemita e hanno il dovere di smascherare il giochino perverso con cui il sostegno alla causa dei palestinesi è diventato nel corso dei mesi una legittimazione nel migliore dei casi dell’antisemitismo e nel peggiore dei casi del terrorismo. Non si tratta di un sofisma, ma si tratta di mostrare l’inganno, l’imbroglio, l’impostura, e si tratta di capire che l’unico modo per essere a favore della causa palestinese è essere contro Hamas, che l’unico modo per essere a favore della pace è chiedere il rilascio degli ostaggi e che il modo più veloce per fermare il massacro in medio oriente non è trasformare i terroristi in resistenti ma è preoccuparsi di trovare un modo per far sì che i terroristi vengano spazzati via da Gaza. Vladimir Jankélévitch, un famoso filosofo e musicologo francese, diceva che l’antisionismo è diventato una forma di antisemitismo giustificato, reso finalmente accessibile a tutti, con il quale “è permesso di essere democraticamente antisemiti”. Dobbiamo difendere i fondamenti della nostra professione, dicono i prof. firmatari dell’appello, e difendere i fondamentali significa fare di tutto per non tacere quando i nostri studenti si trasformano negli utili idioti della nuova Intifada globale. Un appello che facciamo nostro. Cari professori, se volete, scriveteci qui: [email protected]”. La mail è ancora attiva: se volete, scriveteci pure. Un abbraccio al prof. Casella, colpevole solo di aver cercato di ricordare alle minoranze chiassose che esistono altre minoranze non rumorose che chiedono di non trasformare la loro verità in verità assoluta. Non solo sul medio oriente.



Al direttore – Chiosando il fondo di Giuliano Ferrara sul Foglio, quando leggi il termine “autoevidenza” scritto da un magistrato in un provvedimento giudiziario, come potrebbe essere pronunciato da un Alessandro Orsini qualsiasi a “E’ sempre Cartabianca”, capisci che la giustizia italiana ha necessità di una vera riforma.

Carlo Ferrari


Al direttore – Se ho capito bene nelle coalizioni di sinistra per le regionali sono presenti persone che si disprezzano, altre che si odiano, altre che si sono denunciate con richiesta di indennizzi, riformisti ed estremisti ambientali.
 Nella mia regione (Veneto) la coalizione è contraria alle casse di laminazione per la prevenzione degli straripamenti, dopo averla invocata dai banchi dell’opposizione, era contraria al Mose, dopo averlo proposto per primi. 
Insomma cosa vogliono?


Celia Modesto


Al direttore – Lei ha giustamente detto che il buon senso, da solo, non basta. Per trasformarlo in capitale diplomatico serve un’iniziativa creativa, concreta. Perché non proporre, al governo italiano, la realizzazione di una Conferenza civile mediterranea per Gaza? Un’iniziativa creativa promossa da Italia e Germania (paesi che Israele considera interlocutori affidabili), con il coinvolgimento operativo, ad esempio, di Canada, Giappone, Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Non una mediazione politica, ma una piattaforma tecnico-civile che riunisca urbanisti, geografi, ingegneri idrici, medici, giuristi, educatori e imprenditori per progettare la ricostruzione della Striscia e offrire una visione alternativa alla governance di Hamas. La Conferenza potrebbe definire linee guida per la ricostruzione civile (acqua, sanità, istruzione, abitazioni), coinvolgere attori locali non affiliati a Hamas, e costruire un tessuto di relazioni parallele tra società israeliana e palestinese. Per evitare il rischio di legittimare Hamas o di configurare un’amministrazione israeliana de facto, le operazioni sul campo potrebbero partire da hub logistici esterni (come il Sinai), con missioni brevi e protette da una forza di sicurezza civile internazionale composta da paesi terzi. Nessuna sovranità, nessuna imposizione: solo competenze, trasparenza e protezione. In altre parole, un progetto multilaterale della società civile, con il patrocinio dei governi promotori e – forse – il sostegno delle università, per lo meno di quelle tedesche. In prospettiva, potrebbe evolvere in una task force europea per la ricostruzione, pronta ad agire quando le condizioni lo permetteranno. Naturalmente, resta il nodo più doloroso: gli ostaggi. Hamas potrebbe decidere di non liberarli proprio per sabotare l’iniziativa, trasformando le vite sequestrate in ostacolo deliberato alla ricostruzione. Ma è proprio in questo scenario che la proposta guadagna forza morale. Se l’iniziativa non dipende dalla collaborazione di Hamas, ma include la questione ostaggi come leva umanitaria e come condizione preliminare, allora il suo fallimento non sarebbe una sconfitta diplomatica, ma la prova tangibile dell’urgenza di un’alternativa. Ogni ostaggio non liberato diventerebbe una denuncia visibile della volontà distruttiva del gruppo. La Conferenza dovrebbe prevedere un protocollo umanitario parallelo, con il coinvolgimento di mediatori terzi e una commissione internazionale per il monitoraggio degli ostaggi. E se Hamas rifiutasse, l’Italia – insieme ai suoi partner – potrebbe proporre una zona umanitaria protetta, rafforzare il sostegno a voci palestinesi non affiliate, e spingere per una risoluzione Onu che condanni il sabotaggio come crimine contro l’umanità. Cosa ne pensa?

Daniela Santus

Dove si firma?


Al direttore – Leggo con interesse il pezzo di Luciano Capone sulla proposta Isee di Salvini. Mia sintesi: la proposta di Salvini è l’ennesimo episodio di quello che io chiamo “razzismo amministrativo”. A chi riferisce il Salvini se non agli immigrati che accederebbero ai contributi tarati dall’Isee in quanto molto spesso non proprietari di case e quindi dotati di un Isee più basso nella maggior parte dei casi agli italiani? Perché per Salvini “gli stessi” sono un perifrasi per additare gli immigrati. Cordialità.

Stefano Anino


Al direttore – Lei ha parzialmente colto nel segno. Abbiamo fatto quasi niente (non è una novità nella storia della politica italiana) ma mentre i governi di Francia Gran Bretagna Germania e Spagna hanno di fronte opposizioni temibili, in tutti i sensi, il nostro scassatissimo governo non ha alcuna seria opposizione. Tutto qui. Cordialmente.

Umberto Volpi

Leave a comment

Your email address will not be published.