I Ceo di OpenAI e Nvidia accompagnano il presidente americano in una missione diplomatica che intreccia affari, geopolitica e innovazione digitale. Il Regno Unito vuole diventare hub strategico, bilanciando autonomia regolatoria e attrazione di capitali
Donald Trump arriva domani a Londra per visita di stato e nella sua delegazione ci sono anche Sam Altman di OpenAI e Jensen Huang di Nvidia. Il viaggio del presidente degli Stati Uniti segue mesi di trattative e minacce (da parte di Washington) rivolte a molti paesi, perlopiù alleati. Tra questi, il Regno Unito, che ha la virtù, dal punto di vista trumpiano, di non essere parte dell’Unione europea, ma che deve però cavarsela da solo nella gestione dell’amico “speciale”. Keir Starmer, premier britannico, ha cercato di posizionare il proprio paese in quello che ha definito uno “sweet spot”: un ambiente digitale protetto e curato, lontano dal laissez-faire caro a Elon Musk, ma anche una testa di ponte per il settore Big Tech statunitense nel Vecchio continente, altrimenti dominato dalla perfidia regolatoria dell’Ue. Al centro di questa strategia, che è in parte una scelta obbligata per Starmer e i suoi, ci sono proprio le intelligenze artificiali.
Lo scorso gennaio il premier laburista ha dichiarato che “non c’è una via per la crescita che non passi per l’adozione del potere trasformativo delle AI”, presentate sia come panacea economica sia come chiave per la sovranità digitale e la sicurezza nazionale. Per imporsi nel mercato globalizzato, il Regno Unito dovrà dotarsi di infrastrutture degne del XXI secolo, puntando in particolare sui data center. Ed è così che si spiega la compagnia di Altman e Huang, tra gli altri: Nvidia vuole costruire nel nord dell’Inghilterra il più grande data center del paese, mentre Altman mira a replicare l’esperimento condotto da OpenAI in Norvegia, dove ha costruito Stargate Norway, parte del progetto di ampliamento internazionale dell’azienda. Investimenti, quindi, e posti di lavoro specializzati. In cambio, però, Starmer ha dovuto confermare che il Regno Unito si manterrà a difesa della libertà d’espressione: Starmer ha difeso (anche di fronte allo stesso Trump) l’Online Safety Act del 2023, che prevede nuove regole stringenti a difesa della privacy soprattutto dei minorenni. Non è il genere di cose che al presidente americano (o meglio, a Mark Zuckerberg ed Elon Musk) piacciono, ma finora la parte britannica sembra aver resistito alle pressioni d’oltreoceano. Rimane invece aperto il fronte interno, con Nigel Farage, leader del partito d’estrema destra Reform Uk, che critica la legge, sfruttando il malcontento popolare per le sue conseguenze (come la necessità di dimostrare la propria maggiore età per visitare alcuni siti, come quelli pornografici).
Ma la visita di Trump segna soprattutto la tenuta del sodalizio tra Casa Bianca e mondo finanziario, confermato dalla presenza di Stephen Schwarzman, dirigente della società di investimenti Blackstone, che da sola si impegnerà a investire 700 milioni di dollari in data center nel paese. Non può mancare l’energia, il grande assente di ogni discussione su questo tipo di infrastrutture, talmente energivore da mettere già oggi in crisi la rete elettrica di alcuni paesi. Si parlerà di energia nucleare, vecchio cruccio di Altman, da tempo alla ricerca di breakthrough nel settore, anche con la sua startup Helion Energy, e si discuterà di nuovi reattori da progettare e costruire in tempo record nei due paesi. Nucleare a parte, però, il patto tra Stati Uniti e Regno Unito riguarda le AI, presentate come unica via per la sovranità – e indipendenza strategica – nazionale. Sono molti i paesi, soprattutto in Asia e medio oriente, che stanno investendo miliardi di dollari e richiamando investimenti da aziende straniere, ma il sogno della “sovranità AI”, come viene detta, cozza però con il duopolio dell’industria, che è dominata da aziende statunitensi e cinesi, e che non sembra garantire alternative terze o “locali”.
L’alleanza tecnologica riguarda un settore sempre più connesso a quello militare e della sicurezza nazionale. Sarebbe infatti riduttivo pensare che OpenAI stia costruendo Stargate per gestire le nostre interazioni con ChatGPT: la stessa OpenAI, lo scorso giugno, ha firmato un contratto col dipartimento della Difesa statunitense da 200 milioni di dollari, oltre a presentare il progetto “OpenAI for Governement”, pensato per “semplificare la burocrazia” ma soprattutto “servire il popolo americano”.