Danilo Montanari è militante politico, curatore d’arte contemporanea e fotografia, bibliofilo, e soprattutto è di Ravenna. La sua raccolta ha un titolo bellissimo: “Poco mossi gli altri mari”
Uno pensa di conoscersi, per esempio di essere totalmente alieno dallo shopping – perfino dalla parola, è la prima volta che la scrivo. Poi legge un racconto, e si rende conto di essere uno che guarda le vetrine: non tutte le vetrine, quelle di scarpe. Ne ha poche, in realtà, un paio per stagione e un paio antico, “da tennis”, però quando ci passa davanti, specialmente nelle città forestiere, le guarda. E’ che ho letto un racconto di una paginetta, si chiama “Abitudini”, e il protagonista dice: “Cammino a piedi, aiuta a pensare. Mi fermo davanti alle vetrine dei negozi di scarpe. E’ una piccola mania, mi piego e faccio strane evoluzioni per poterle osservare da diverse angolazioni”. Lui almeno l’ha messo in relazione col camminare e il pensare.
Uno pensa di conoscere altre persone, i suoi amici soprattutto. Per esempio Danilo Montanari. Non so più da quanto lo conosco: parecchi decenni. Non lo vedo quasi mai. E’ stato anche lui un militante politico, e un appassionato e curatore di arte contemporanea e di fotografia, un bibliofilo, anche, e dal 1980 editore di gran bei libri d’arte e “d’artista”, e soprattutto è di Ravenna. Non si è di Ravenna senza conseguenze. Questo avrei saputo dire di lui, ed ecco che mi arriva un libro di racconti, si intitola “Poco mossi gli altri mari”, bel titolo (io progetto da sempre di scrivere un romanzo intitolato “Turbolenze in aria chiara”, bellissimo, mi manca solo il testo) dunque è uno scrittore di racconti, brevi, spesso nemmeno una pagina, altre volte poco più di una pagina.
Tutti in prima persona, e benché i successivi narratori siano spesso sconclusionati, trovo che ciascuno a suo modo debbano somigliargli, come quello che guarda le scarpe in vetrina. Non sono sconclusionati, in realtà, al contrario, vivono e muoiono di conclusioni, che a volte arrivano senza colpo ferire, come quando si fa sera, altre volte come agguati. Una volta uno, rimasto vedovo, ancora giovanile, ci sono ancora gli amici del sabato sera, che erano soprattutto amici di lei, lo invitano con una certa insistenza, persone note, anche se non per questo conosciute. E quindi laddove prima si era in otto ora si era in sette e così via. Ma il settimo era lui. Poi si ricordò che da qualche parte doveva avere ancora una canna da pesca, perfetta per il sabato sera.
Insomma, forse avete capito. Bei racconti. Lui è nato nel 1953. Era stato marinaio di salvataggio, forse vuol dire bagnino. E’ stato parecchio amico di Cattelan, credo. Io di questi tempi non riesco a liberarmi dal pensiero della guerra dei mondi. Qualunque cosa faccia o veda fare, mi viene da completarla con la malaugurata dicitura: Il tal dei tali stava eccetera il giorno eccetera in cui scoppiò la guerra dei mondi. Prendendo un appuntamento col dentista, mangiando fuori, scrivendo una lettera anonima, riparando il rubinetto della cucina, tirando una pigna al bassotto, quando scoppiò. Intendo proprio il giorno, il giorno e l’ora, non una cosa più lunga, “gli ultimi giorni dell’umanità”, come Karl Kraus. L’ora che quando meno te l’aspetti, e poi, dopo, è evidente che c’era proprio da aspettarsela. Sapete, il 14 luglio del 1789, quando Luigi XVI andò a caccia e annotò sul suo diario un solo monosillabo: “Rien”. Niente, non aveva preso niente. Ed era solo la presa della Bastiglia, una bazzecola rispetto alla nostra aspettativa.
Ecco, il tipo dei racconti di Montanari Danilo, ogni volta diverso, fa pensare che dopo l’ultima parola sia sottintesa l’epigrafe finale: era il giorno in cui scoppiò…