L’assassinio di Kirk e l’America sul baratro della violenza

La giovane star del movimento Maga è stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco nel corso di un evento alla Utah Valley University. La tensione politica che gli Stati Uniti vivono da un decennio, unita all’enorme disponibilità di armi, ha raggiunto livelli che creano le condizioni per nuovi spargimenti di sangue

L’assassinio della giovane star del movimento Maga Charlie Kirk, un attivista che nel corso degli anni aveva portato masse di giovani a sostenere Donald Trump, contribuendo in modo significativo a riportarlo alla Casa Bianca, sposta l’America ancora più vicina a un baratro di violenza su cui molti osservatori lanciano da tempo l’allarme. La tensione politica che gli Stati Uniti vivono da un decennio, unita all’enorme disponibilità di armi ad alto potenziale, ha raggiunto livelli che creano le condizioni per nuovi spargimenti di sangue. La prolungata “siccità” del dibattito democratico – avvertono molti studiosi dopo il delitto nello Utah – rende il terreno della politica predisposto più che mai a improvvisi incendi di tipo esplosivo, come quelli che periodicamente flagellano la California.

Kirk è stato ucciso mercoledì con un colpo d’arma da fuoco esploso da un centinaio di metri di distanza, mentre parlava all’aperto a una folla di tremila studenti alla Utah Valley University a Orem, in uno dei molti eventi che lo avevano reso una figura familiare nei campus americani. Il proiettile lo ha raggiunto al collo, facendolo sbalzare dalla sedia. Una scena rilanciata immediatamente e senza filtri da tutti i social media, che ha creato nel paese prima orrore, poi subito dopo – quando è giunta la notizia che Kirk non era sopravvissuto – un’ondata di rabbia e accuse incrociate tra le parti politiche. Quando in America è arrivata la notte, non aveva ancora dato esiti la caccia all’uomo per identificare l’attentatore, ripreso con gli smartphone da alcune persone mentre prendeva la mira sdraiato sul tetto di un edificio del campus.

Se sarà catturato, il suo profilo e le sue eventuali simpatie politiche potrebbero dare altro fuoco alle fiamme dello scontro tra sostenitori e oppositori di Trump e del movimento Maga. Ma potrebbe anche trattarsi di un’altra figura enigmatica e solitaria come il ventunenne Thomas Matthew Crooks, lo studente che il 13 luglio 2024 ferì Trump durante un comizio in Pennsylvania e quasi cambiò la storia americana.

La violenza politica fa parte del Dna degli Stati Uniti fin dalla loro fondazione e in alcuni momenti storici, come la Guerra civile alla metà dell’Ottocento, è uscita dalle aule del Congresso per dilagare in scontro aperto in tutto il paese. I presidenti sono sempre stati il principale bersaglio, come dimostra il fatto che su 45 uomini che hanno ricoperto l’incarico, quattro siano stati uccisi mentre erano in carica e due siano sopravvissuti ad attentati. Negli ultimi anni però la violenza a sfondo politico e la politicizzazione di alcuni atti criminali si sono moltiplicati in modo preoccupante. L’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, che provocò cinque morti, è stato preceduto e seguito da vicende come il tentato sequestro e assassinio della governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, l’irruzione a casa di Nancy Pelosi (con brutale pestaggio del marito), il tentato omicidio di un giudice della Corte Suprema, il duplice tentativo di uccidere Donald Trump in campagna elettorale, l’assassinio a sangue freddo in Minnesota della leader della Camera locale e del marito (e il ferimento di un altro politico), il rogo doloso della casa del governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, mentre l’esponente politico e la sua famiglia dormivano all’interno.

Altri casi di cronaca, non direttamente legati alla politica, sono diventati oggetto di scontro tra le diverse fazioni: è il caso dell’omicidio del manager delle assicurazioni mediche Brian Thompson da parte del giovane killer Luigi Mangione e, più di recente, l’assassinio in North Carolina di una rifugiata ucraina, la ventitreenne Iryna Zarutska, uccisa a coltellate su un treno senza apparente motivo da un pluripregiudicato. Quest’ultima vicenda da giorni è al centro di una campagna martellante del movimento Maga a favore della linea dura che Trump proclama contro il crimine ed era un tema a cui si stava dedicando molto lo stesso Kirk, nel suo podcast e negli eventi pubblici che faceva nei campus, come quello che gli è costato la vita.

Kirk, un trentunenne dell’Arizona che girava l’America quasi sempre in compagnia della moglie e dei due figli piccoli, un maschio e una femmina, era una voce potentissima nel mondo Maga, con un largo seguito tra i giovani e nella base religiosa del movimento. Nel 2012, a soli diciotto anni, aveva fondato la sua organizzazione, Turning Point USA, che voleva essere una risposta da destra a movimenti come MoveOn.org, capaci di mobilitare i progressisti e aiutare Barack Obama a mantenere la Casa Bianca per un secondo mandato. Nel corso del tempo Kirk si è distinto per la sua retorica spesso feroce e fuori dagli schemi, lanciando duri attacchi politici contro i democratici e sostenendo anche una serie di teorie cospirative sul Covid, il “deep state”, l’immigrazione, le minoranze, che lo hanno fatto diventare una voce ascoltatissima (e molto odiata) soprattutto nei campus. Abilissimo nell’uso dei social media, non esitava mai ad andare sopra le righe nel pieno di un dibattito sui grandi temi nazionali: come quando, parlando di razzismo, ha accusato ripetutamente Martin Luther King – di cui ora condivide il destino – di essere “una pessima persona”.

In casa Trump, il primo a innamorarsi di Kirk è stato Don Jr., con il quale era nato un legame stretto, e il giovane attivista è stato, insieme al figlio di Trump, un forte sostenitore della scelta di J.D. Vance come vicepresidente. Alla Casa Bianca, Kirk era una figura sempre presente fin dal primo mandato di Trump ed era seduto nelle prime file al giuramento del presidente per il secondo mandato. Si deve in buona parte a lui l’inaspettato successo che Trump ha raccolto tra i giovani nelle elezioni del novembre scorso.

Kirk non aveva mai voluto un ruolo nell’amministrazione, ma era un kingmaker molto influente, grazie anche al fatto che i suoi post erano tra quelli che Trump rilanciava di più sui social: nel mondo Maga, è questa attenzione del “capo” a fare la differenza e a dare ai seguaci il segnale di chi è tra i favoriti. La sua organizzazione, Turning Point USA, era in continua crescita, come dimostrano anche i bilanci passati da 4,3 milioni di ricavi nel 2016 a 92 milioni di dollari nel 2023. Kirk era diventato milionario ma continuava a girare nei college e a immergersi in mezzo agli studenti, la sua audience più forte.

Trump lo ha lodato come una grande figura “leggendaria” e ha ordinato bandiere a mezz’asta in tutto il paese. I collaboratori di Kirk, a partire dal suo socio Bill Montgomery, hanno promesso che ne porteranno avanti l’opera, ma il suo spazio d’azione potrebbe ora essere invaso da altri personaggi simili e con un forte seguito, come Jack Posobiec, Ben Shapiro o Matt Walsh.

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