L’assassinio di Charlie Kirk è solo l’ultima tragica vicenda di un clima tossico e polarizzato, come dimostrano le reazioni di democratici e repubblicani. “È preoccupante, perché ogni episodio violento può essere sfruttato politicamente”, dice il professore Mattia Diletti (La Sapienza)
L’omicidio di Charlie Kirk, leader conservatore molto vicino a Trump, fa precipitare nuovamente gli Stati Uniti in un abisso di violenza politica. Famoso per aver fondato, a soli 18 anni, Turning Point USA, organizzazione che promuoveva i valori conservatori tra i giovani, soprattutto nelle scuole superiori e nei campus universitari, poi diventata una macchina di finanziamento per i repubblicani, Kirk avrebbe potuto aspirare a un posto nell’amministrazione, ma ha preferito rimanere in prima linea per veicolare tra i giovani le idee sempre più estremiste dei nuovi repubblicani. Contrario ai matrimoni egualitari, all’aborto, alla legalizzazione delle droghe leggere, sostenitore del fallito golpe del 6 gennaio, la sua battaglia principale l’ha combattuta contro le università, ree, a suo dire, di portare avanti solo il pensiero progressista, ghettizzando i conservatori. “Kirk è l’erede più sofisticato di Rush Limbaugh”, dice al Foglio Mattia Diletti, professore di sociologia politica alla Sapienza di Roma, “un guastatore con proposte di rottura dirompenti, che ha cambiato il profilo ideologico dei repubblicani nel paese: ha intercettato un risentimento diffuso, principalmente quello dei giovani maschi bianchi, e lo ha reso un segmento politicizzato”. Poco prima di venire ucciso, durante un incontro all’Università dello Utah, stava difendendo il secondo emendamento e la possibilità, promossa dalla Casa Bianca dopo una sparatoria in Minnesota, di togliere le armi solo alle persone transgender.
Nella prima conferenza stampa seguita all’assassinio, in cui si sono date le prime notizie sul killer ancora in fuga, il governatore dello Utah Spencer Cox ha detto che “il paese è rotto”. È difficile dargli torto. Nell’ultimo anno abbiamo assistito a una recrudescenza di violenza politica: prima il tentativo di assassinio a Donald Trump a Butler, in Pennsylvania, poi l’omicidio della deputata democratica del Minnesota Melissa Hortman insieme al marito. Subito dopo il fatto, Trump sembrava voler calmare le acque, parlando di “un giorno cupo per l’America”, un pensiero condiviso anche dai maggiori esponenti democratici. Successivamente, però, il presidente ha alzato il livello dello scontro: in un video postato sul suo social, Truth, ha asserito che “per anni, la sinistra radicale ha paragonato grandi americani come Charlie ai nazisti e ai peggiori criminali del mondo, e questa retorica è direttamente responsabile per l’attacco terroristico”. Ha poi citato vari atti di violenza avvenuti in questi mesi, come l’omicidio a sangue freddo del ceo di United Healthcare o gli spari contro il deputato repubblicano Steve Scalise, ma non ha nominato l’omicidio brutale di Melissa Hortman. Per la Casa Bianca, il clima di violenza politica arriva da una parte sola. “È preoccupante, perché ogni episodio violento può essere sfruttato politicamente”, prosegue Diletti, “e può servire a rafforzare il messaggio di legge e ordine di Trump”.
L’assassinio ha rappresentato per molti conservatori un attacco diretto ai loro valori. I membri dell’organizzazione creata da Kirk hanno organizzato veglie di preghiera, i gruppi cristiani evangelici lo piangono come un martire che ha cambiato gli Stati Uniti. Addirittura Intercessors for America, un gruppo cristiano che ha legami diretti con l’amministrazione Trump, l’ha definito “il moderno Martin Luther King”. Ironico, dato che Kirk una volta ha definito il pastore di Atlanta “non una persona buona”. Sulla rete MSNBC, vicina ai democratici, l’opinionista Matthew Dowd parlando della sua scomparsa ha detto che “i pensieri d’odio portano a parole d’odio, che infine generano azioni d’odio”. Si è successivamente scusato, ma questo gli è costato il posto.
Al Congresso, il minuto di silenzio per onorare Kirk si è presto trasformato in una serie di grida e insulti tra deputati, che si sono rimpallati le responsabilità dell’assassinio. Anni di clima tossico, in cui sono state sdoganate le parole più violente, stanno rendendo impossibile fermare la violenza: su X cittadini anti-trumpiani esultano per la morte di Kirk, mentre i sostenitori repubblicani vorrebbero incarcerarli. “Negli anni ’60 c’era grande conflittualità, ma anche un sistema di elite di repubblicani e democratici che dialogavano”, conclude Diletti. “Oggi non c’è alcun accordo tra classi dirigenti e la tensione può sciogliersi solo con un arretramento da parte dei repubblicani al potere, che più degli altri hanno scelto la via della polarizzazione per il consenso politico”.