Il discorso della presidente della Commissione europea sullo stato dell’Unione si terrà davanti a un Parlamento sempre più ostile al suo modo di agire. Il suo accordo con Trump sui dazi è considerato umiliante. Previste nuove proposte per l’emergenza alloggi e per ridurre i prezzi dell’energia
Bruxelles. Il primo discorso sullo stato dell’Unione del secondo mandato di Ursula von der Leyen sarà il più difficile da quando è diventata presidente della Commissione nel 2019. Abituata agli applausi per la gestione delle crisi – dal Covid alla guerra contro l’Ucraina – von der Leyen oggi parlerà davanti a un Parlamento europeo sempre più ostile al suo modo di pilotare l’Unione europea. La sua posizione non è messa in discussione. Ma il suo accordo con Trump sui dazi è considerato umiliante. La sua pretesa di guidare la politica estera e il riarmo dell’Ue l’ha distratta dal suo principale compito: far funzionare il mercato interno e rilanciare la competitività dell’Ue, come dimostrano i ritardi sul rapporto di Mario Draghi.
Nel suo discorso sullo stato dell’Unione al Parlamento europeo a Strasburgo, oggi Ursula von der Leyen punterà sulla minaccia esterna per catalizzare il consenso attorno a sé e mettersi alle spalle le contestazioni. Una chiamata all’azione e alle armi, non solo in senso metaforico. La minaccia della Russia, la destabilizzazione delle relazioni transatlantiche causata da Donald Trump, una Cina sempre più prepotente: sono tutti argomenti che la presidente della Commissione userà per chiedere unità. La difesa occuperà una parte importante del discorso. Ieri la Commissione ha annunciato l’allocazione dei 150 miliardi di Safe, lo strumento di prestiti del piano di riarmo (all’Italia andranno 14,9 miliardi di euro). Von der Leyen insisterà sulla preparazione a una potenziale guerra entro il 2030. Una delle idee è creare un “semestre del riarmo” simile al “semestre” del Patto di stabilità per monitorare i progressi delle politiche fiscali. Von der Leyen dovrebbe inviare anche segnali sulla sovranità europea minacciata da Trump in settori come il digitale.
Dentro e fuori dal Parlamento europeo le critiche verso von der Leyen si sono moltiplicate dopo quella che viene chiamata “l’estate dell’umiliazione” dell’Ue. L’accordo sui dazi al 15 per cento con Trump è contestato perfino dentro il suo Partito popolare europeo. Non è servito a impedire il vertice di Ferragosto tra il presidente americano e Vladimir Putin. I gruppi della “maggioranza Ursula” hanno espresso altre critiche nei confronti delle ultime decisioni di von der Leyen. I socialisti non accettano la retromarcia sul Green deal. I liberali contestano la deriva verso le posizioni di estrema destra. Tutti – anche i popolari – hanno rigettato la sua proposta per il quadro finanziario pluriennale (il bilancio 2028-34 dell’Ue). Socialisti e liberali avevano minacciato di fare dello stato dell’Unione un “momento chiave” per confermare il loro sostegno a von der Leyen. Ma il nemico o l’avversario esterno favoriscono l’effetto bandiera. Abile manovratrice, la presidente della Commissione ha fatto alcune concessioni che dovrebbero placare la loro rabbia. Oggi dovrebbe annunciare nuove proposte per l’emergenza alloggi e per ridurre i prezzi dell’energia, due priorità di socialisti e liberali. Le mozioni di sfiducia che l’estrema sinistra o l’estrema destra vogliono presentare non rappresentano una minaccia.
Eppure la posizione di von der Leyen è sempre più fragile. Oltre ai malumori interni alla sua maggioranza, deve fare i conti con i conflitti con alcuni suoi commissari e le crescenti critiche dei governi. I rapporti con la vicepresidente socialista spagnola, Teresa Ribera, e l’Alto rappresentante, Kaja Kallas, si sono deteriorati. Il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, l’ha redarguita per il suo tentativo di appropriarsi di una competenza nazionale, proiettandosi come la leader della difesa europea. Alcuni stati membri sono irritati per la mancanza di progressi sul rapporto Draghi. Pubblicate un anno fa, le sue raccomandazioni dovevano essere la “bussola” della Commissione von der Leyen 2. Secondo uno studio dell’European Policy Innovation Council, solo l’11 per cento è stato realizzato. Finora la Commissione si è concentrata sulla parte più semplice, il processo di semplificazione “Omnibus”. In diversi settori il contatore dei progressi è a zero. Il mercato interno rimane il grande incompiuto. Gli appelli di Draghi all’azione sono i più fastidiosi per von der Leyen. La prossima settimana la presidente della Commissione ospiterà un grande evento per onorare il rapporto e il suo autore. Nello Stato dell’Unione dovrebbe annunciare una serie di iniziative in linea con le raccomandazioni, come investimenti nelle reti elettriche. Ma, a forza di pretendere di guidare la politica estera e di difesa dell’Ue, von der Leyen ha dimenticato il principale messaggio di Draghi: per evitare l’irrilevanza globale e il lento declino, l’Ue deve ricostruire le fondamenta della sua competitività.