L’azienda olandese investe 1,3 miliardi nella start up francese e ne diventa il primo azionista per integrare l’intelligenza artificiale nei propri processi produttivi. “L’operazione è positiva ma serve investire anche in talenti”, dice il professore Nicola Gatti del Politecnico di Milano
Un colosso dell’hardware incontra un astro nascente dell’intelligenza artificiale. Asml, gigante olandese dei semiconduttori, ha investito 1,3 miliardi di euro nella startup francese Mistral AI, fondata appena nel 2023, diventandone il primo azionista e assicurandosi un posto nel consiglio di amministrazione. Una mossa che non si limita a finanziare l’AI europea ma punta a integrarla direttamente nel cuore delle tecnologie più avanzate al mondo per la produzione di chip. L’operazione fa parte di un maxi-round da 1,7 miliardi che porta la valutazione di Mistral a 11,7 miliardi di euro: nessun’altra azienda europea nel settore AI ha mai raggiunto questi numeri.
Per Asml non si tratta solo di un investimento finanziario. È una mossa strategica: l’obiettivo è portare le capacità di Mistral direttamente dentro i suoi processi produttivi. L’intelligenza artificiale, spiegano al Foglio dall’azienda, sarà integrata nella progettazione, nello sviluppo e nel controllo qualità dei suoi sistemi di litografia, rendendoli ancora più efficienti, veloci e precisi. Per Asml, l’AI è già uno dei motori principali del business, e sarà decisiva per raggiungere i ricavi previsti entro il 2030: tra i 44 e i 60 miliardi di euro, con una crescita annua stimata tra l’8 per cento e il 14 per cento.
Per il panorama europeo, l’operazione è un tentativo concreto di rafforzare un ecosistema tecnologico. Anche perché il confronto con Stati Uniti e Cina è ancora impari: nel 2024, gli Stati Uniti hanno attirato 109 miliardi di dollari di investimenti privati in AI. L’Europa? Appena otto. “Quanto è importante questo investimento? Tanto. Quanto questo può trasformarsi in un’effettiva accelerazione dell’Europa in campo AI? Bisogna vedere. In questo ambito servono gli investimenti ma servono anche i talenti. L’ecosistema di talenti che oggi ha l’Europa non ha competizione con quello americano, che ha una strutturazione per cui non c’è paragone” dice al Foglio Nicola Gatti, professore al Politecnico di Milano e ricercatore nel campo dell’intelligenza artificiale.
Il caso di Deepseek – che ha raggiunto prestazioni simili a ChatGpt usando meno risorse hardware – dimostra che il talento può contare più del budget. “Non vuol dire che investire sia fallimentare ovviamente, è un approccio diverso. L’Europa in questo momento ha una regolamentazione complessa e non ha aziende che producono AI in modo importante”. La chiave per non restare indietro? Puntare su ciò che altri ancora non fanno: strumenti di intelligenza artificiale che siano affidabili, sicuri e soprattutto compatibili con le regole. “Per non avere il ruolo di chi rincorre, ma di chi guida, occorre sviluppare strumenti di AI che siano conformi alla regolamentazione. Stati Uniti e Cina stanno tutto su ciò che li rende forti in questo momento ma si dovranno prima o poi scontrare con le norme che non stanno prendendo in considerazione. L’Europa domani potrebbe essere l’unica ad avere la tecnologia conforme alla cornice normativa”.