Dal ballottaggio al “pavimento” elettorale: Milei arretra e l’opposizione guadagna forza

La netta sconfitta del presidente argentino a Buenos Aires segna un arretramento politico significativo e incrina la fiducia dei mercati. Il governo perde consensi chiave, mentre cresce l’incertezza in vista delle elezioni di ottobre

La sconfitta di Javier Milei nelle elezioni legislative della provincia di Buenos Aires ha scosso lo scenario politico e finanziario dell’Argentina. Il risultato è stato netto: il blocco peronista Forza Patria, guidato da Axel Kicillof, ha ottenuto il 47 per cento dei voti, contro il 34 per cento di La Libertad Avanza (LLA), segnando una differenza di 13 punti nel principale distretto elettorale del paese. Nemmeno i sondaggi più pessimisti per il governo avevano previsto un divario di tale portata. Il passo indietro non ha solo un valore simbolico. Gli analisti concordano sul fatto che il governo abbia perso una parte dell’elettorato indipendente che lo aveva sostenuto nel 2023, rimanendo con il suo nucleo più fedele. Banco Bradesco, la seconda banca più grande del Brasile, sottolinea che “la narrativa del governo di un ‘pavimento nazionale’ al 37 per cetno contrasta con il 50 per cento ottenuto nel ballottaggio del 2023, suggerendo la perdita di elettori oscillanti e un ripiegamento sulla sua base più dura”.



In questo contesto, l’orizzonte in vista delle elezioni legislative di ottobre si complica. I modelli di proiezione, aggiornati dopo il voto bonaerense, indicano che il partito di Milei non raggiungerebbe il terzo necessario per bloccare il veto presidenziale nel Congresso. Anche con l’appoggio del PRO, il partito alleato dell’ex presidente Mauricio Macri, arriverebbe appena al 35 per cento mentre l’opposizione salirebbe attorno al 43 per cento. Secondo Bradesco, “il risultato nella provincia di Buenos Aires elimina qualsiasi ottimismo che il mercato avrebbe potuto avere sulla performance del governo in ottobre”. Goldman Sachs è più diretta definendolo “un chiaro rovescio politico”. La reazione dei mercati è stata immediata e negativa. Nella prima seduta successiva al voto, la pressione sul peso si è intensificata, con il tasso di cambio vicino al limite superiore della banda concordata con il FMI. Bradesco ha avvertito che il peso “può testare il tetto della banda cambiaria, innescando vendite di dollari sostenute dal Fmi”, e che “il rischio paese (lo spread, ndr) potrebbe facilmente superare i 1.000 punti base, mentre le azioni argentine si riprezzano verso un nuovo pavimento del 3,5–5 per cento del pil, implicando un downside del 25–50 per cento”.



Anche Santander ha cambiato posizione dopo le elezioni: “I risultati peggiori del previsto potrebbero scatenare una reazione negativa del mercato”, passando da un approccio costruttivo a uno più cauto, e ha avvertito che “le banche saranno le più colpite, seguite da YPF”, la compagnia petrolifera statale. Nonostante il colpo, il governo ha cercato di mostrarsi fermo. Milei ha riconosciuto la sconfitta, ma ha ribadito la continuità della sua roadmap. Goldman Sachs ha raccolto la sua posizione: “Il governo continuerà con la disciplina fiscale, la gestione rigorosa della politica monetaria e l’attuale regime cambiario”, anche se ha avvertito che nei giorni precedenti al voto “il ministero dell’Economia era già dovuto intervenire sul mercato dei cambi per contribuire alla sua liquidità e al normale funzionamento”. Il report della società di consulenza 1816 evidenzia che lo scenario fino a ottobre sarà particolarmente delicato: riserve nette ridotte, un calendario di scadenze impegnativo e una maggiore pressione sociale, le possibilità di scossoni sono elevate. In quel contesto, ha definito il voto come “un’elezione da tutto o niente per opera dello stesso governo”. In definitiva, la sconfitta a Buenos Aires non è stata solo un inciampo provinciale: ha messo in evidenza l’usura politica del governo, ha aumentato il rischio sulla futura governabilità e ha aperto un fronte di incertezza economica che già si riflette sui mercati. A poche settimane dalle elezioni nazionali, l’esecutivo affronta un dilemma: come mantenere il proprio piano economico mentre la politica ne delimita sempre più i confini.

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