L’Europa, con la sua unità, è la possibilità offerta per essere presenti con efficacia e per poter incidere nel mondo che cambia così rapidamente.
Una grande opportunità che il nostro Paese ha saputo intravedere e concorrere a costruire, con il decisivo contributo di uno statista come Alcide De Gasperi.
È sorta sulla base di interrogativi elementari.
È preferibile la pace o la guerra?
È possibile costruire un mondo in cui gli Stati non vengano contrapposti in nome di artefatti, presunti, interessi nazionali e, al contrario, collaborino per il benessere congiunto dei loro popoli?
A prevalere devono essere dignità, libertà, futuro delle persone, oppure, queste devono essere oggetto, strumento, delle ebbrezze di potere di classi dirigenti?
Può apparire ovvio: un truismo. Eppure non è così.
Perché è proprio avendo coscienza di queste alternative – che sembrano oggi ripresentarsi – che l’Unione ha saputo scegliere una strada completamente nuova, impensabile appena qualche anno prima, realizzando un percorso straordinario di pace e di affermazione dei diritti; mettendo in comune aspirazioni e risorse, a partire da quelle, fondamentali per la ricostruzione dopo il conflitto: il carbone e l’acciaio.
In quel momento, la condizione di deserto morale e materiale, in cui il continente era stato ridotto dal nazifascismo, fu risolutiva nell’orientare scelte di alta levatura.
Basterebbe l’animo di quei tempi difficili per affrontare i temi di fronte ai quali siamo oggi.
Non sono accettabili esitazioni.
L’Unione Europea si è affermata come un’area di pace e di cooperazione capace di proiettare i suoi valori oltre i suoi confini, determinando stabilità, benessere, crescita, fiducia.
Non ha mai scatenato un conflitto, non ha mai avviato uno scontro commerciale. Al contrario, ha agevolato intese e dispiegato missioni di pace.
Ha contribuito a elevare standard di vita, criteri di difesa del pianeta.
Ha promosso incontri e dialoghi e ha alimentato libertà nei rapporti internazionali, eguaglianza di diritti tra popoli e Stati: condizioni e causa di progresso.
Si pone, quindi, anzitutto, una domanda, prima di ogni altra.
Come è possibile, su queste basi, che l’Europa oggi venga considerata da alcuni un ostacolo, un avversario se non un nemico?
Quali sono le ragioni, gli interessi di fondo, i principi sui quali si basa la convivenza civile e i traguardi raggiunti dai popoli europei che qualcuno considera disvalori?
È soltanto affrontando con lucidità interrogativi di questa natura che potremo trovare risposte esaurienti, utili a illuminare le scelte che siamo chiamati a compiere, pena la irrilevanza e la regressione rispetto ai risultati sin qui raggiunti.
Il mondo ha bisogno dell’Europa.
Per ricostruire la centralità del diritto internazionale che è stata strappata.
Per rilanciare la prospettiva di un multilateralismo cooperativo.
Per regole che riconducano al bene comune lo straripante peso delle corporazioni globali – quasi nuove Compagnie delle Indie – che si arrogano l’assunzione di poteri che si pretende che Stati e Organizzazioni internazionali non abbiano a esercitare.
L’incrocio tra le ambizioni di quelle, e l’impulso di dominio, di impronta neo-imperialista, che si manifesta da parte dei governi di alcuni Paesi, rischia di essere letale per il futuro dell’umanità.
L’Europa è, al tempo stesso, necessità e responsabilità.
Le forze imprenditoriali e quelle sociali, il mondo della cultura e la società civile europea devono avvertire la necessità e la responsabilità di sentirsi partecipi e costruttori, non spettatori inermi e intimoriti.
Le democrazie dell’Europa sono capaci di trovare in sè motivazioni e iniziative per non soccombere alla favola di una superiorità dei regimi autocratici, per non cedere all’idea di un mondo lacerato, composto soltanto di avversari, nemici, vassalli o clientes, né all’idea di società frammentate.
L’esperienza suggerisce che soltanto da uno stretto rapporto tra istituzioni e società civile, reciprocamente rispettoso, è possibile realizzare mete di progresso.
Il mondo delle imprese, i lavoratori, sono sempre stati protagonisti in questo senso. Creando benessere, favorendo l’innovazione, ampliando scambi e opportunità, hanno aperto nuovi orizzonti, generato e distribuito ricchezza, rendendo, al tempo stesso, più forti le democrazie con il capitolo dei diritti sociali.
Oggi più che mai le forze dell’economia e del lavoro sono consapevoli che la leva europea è decisiva.
C’è bisogno di istituzioni europee più forti, di volontà di governi capaci di non arrendersi a pericoli e regressioni che non sono ineluttabili.
L’Europa, con i suoi traguardi di civiltà, è il testimone che possiamo, e dobbiamo, trasmettere alle nuove generazioni.
La difesa della civiltà europea – tutt’uno con lo sviluppo della sua società e della sua economia – richiede il coraggio di un salto in avanti verso l’unità.
Tutti siamo chiamati a contribuire a questa impresa.
Grazie per il concorso che i partecipanti al Forum vorranno darvi.