Intellettuali, brutta gente. Intervista a Michel Onfray

Si crea una guerra civile mentale, più formidabile di quella delle armi, perché rode le coscienze occidentali. “Vogliono distruggere Israele, che svolge il ruolo del canarino nella miniera”, dice il filosofo francese

Chiunque osi dire che Hamas fabbrica la morte con i suoi scudi umani è condannato al pubblico ludibrio. Chiunque osservi che la parola “genocidio” applicata allo stato ebraico è un’iperbole mostruosa si ritrova classificato tra i complici. Tutto si riduce a un riflesso pavloviano: i sacerdoti dell’indignazione mediatica designano, classificano, scomunicano. Si crea una guerra civile mentale, più formidabile di quella delle armi, perché rode le coscienze occidentali. Dubitare è tradire. Esaminare è negare. Esigere prove è scendere a compromessi con il nemico. In un occidente a cui non restano altro che gli idoli dell’umanitarismo e che trasforma ogni conflitto in un Golgota mediatico, c’è un filosofo anarchico di sinistra che non partecipa a questo rito funebre. Si chiama Michel Onfray e da un anno si è appuntato al petto la difesa di Israele.

“Non posso vantare alcuna esperienza che legittimerebbe le mie parole in materia” racconta Onfray al Foglio. “Posso solo richiamare diversi viaggi, conferenze pubbliche, incontri con cittadini illuminati, visite commoventi, cene private animate da intense discussioni, sopralluoghi sui luoghi del pogrom, a Kfar Aza o al confine con Gaza, a Netiv Ha-Asara, dove ho parlato con giovani soldati tra l’incredibile frastuono dei carri armati in manovra. Da quando, dieci anni fa, ho cominciato ad andarein Israele, dieci anni fa, ho la convinzione intima che chi non si è recato sul posto ragioni solo nel cielo delle idee. Il mio primo risveglio a Tel Aviv, con la chiamata del muezzin diffusa dagli altoparlanti, che si sente anche a Gerusalemme Est, mostra nei fatti che i due popoli già coabitano in Israele. Non mi risulta che nei territori palestinesi le sinagoghe siano aperte e sicure. La guerra che oppone Israele a Gaza non è una guerra locale, ma mondiale, ed è evidente”.

Il mondo intero prende posizione. “Ci sono due miliardi di musulmani sul pianeta, un quarto dell’umanità, contro tredici milioni di ebrei, di cui poco più di sette milioni in Israele. Esistono sessanta paesi musulmani nel mondo e un solo piccolo stato ebraico, piccolo per geografia. Gli ebrei rappresentano meno dello 0,2 per cento della popolazione mondiale. Miliardi di ‘palestinisti’ vogliono eliminare pochi milioni di ebrei. Tra questi, l’Iran, che lavora all’arma nucleare proclamando senza sosta di voler cancellare Israele dalla carta geografica. In Francia, il ‘palestinismo’ genera ogni giorno atti antisemiti e lo stato francese resta impotente, mentre Macron, delegittimato nel suo stesso paese da una serie di elezioni perse, offre garanzie ad Hamas annunciando, con un atto da monarca, che riconoscerà lo stato palestinese come regalo di congratulazione per i massacri del 7 ottobre. Sarebbe necessaria una coalizione internazionale di paesi amici di Israele per non lasciare Netanyahu da solo a gestire il conflitto, con un occhio alla linea del fronte e l’altro alla sua coalizione che gli permette di restare al potere. Un capo di guerra non può dividere la giornata tra una mattina con lo stato maggiore per decidere le modalità del conflitto e un pomeriggio con i consiglieri politici per non irritare i ministri dell’estrema destra, senza i quali perderebbe la maggioranza e il potere. Se la Francia esistesse ancora, se avesse un capo di stato degno di questo nome, se manifestasse una politica chiara, la cui linea fosse la difesa di Israele come popolo e come paese, come cultura e come civiltà, allora potrebbe giocare un ruolo. Per ora, invece, con un presidente che governa con un occhio alla ‘sua strada araba’ e l’altro alla porta d’uscita che lo attende a fine mandato, e con il solo obiettivo di assicurarsi una continuità politica all’altezza del suo narcisismo ed egotismo, è la politica di Hamas a dettare legge in Francia”.

Per molto tempo dopo la Shoah, ci siamo qualificati come antisemiti. Si credeva che Auschwitz avesse spezzato questo ciclo, che dopo l’Olocausto l’Europa non sarebbe più stata in grado di dire l’indicibile. L’oggetto è cambiato, il meccanismo rimane. L’ebreo di oggi porta il nome di Israele. E oggi, come aveva compreso Vladimir Jankélévitch, la bestia ritorna sotto forma di antisionismo. “La bestia non è mai morta” dice Onfray. “Bisogna leggere e rileggere l’ultima pagina de ‘La peste’ di Camus: essa dà tutto il senso a questo libro sublime, ‘il bacillo della peste non muore né scompare mai’; rimane in attesa nelle lenzuola, nelle carte, negli abiti, nei mobili, nel bucato, nelle stanze, nelle cantine e un giorno riparte più forte di prima. L’antisemitismo è stato contenuto per mezzo secolo dopo la liberazione dei campi perché criminalizzato, vietato da leggi, come quella di Jean-Claude Gayssot, per esempio. Ma è stato utilizzato come strumento di politica politicante contro gli oppositori dell’ideologia europeista. ‘Hitler’, ‘la Shoah’, ‘Oradour-sur-Glane’ sono diventati elementi di linguaggio per vincere le elezioni, dalle municipali alle presidenziali, passando per le europee. Tutti i presidenti eletti in Francia negli ultimi decenni hanno banalizzato l’antisemitismo. Poiché l’antisemitismo era dappertutto, allora non era da nessuna parte, soprattutto non nei mobili e nelle lenzuola che contenevano il bacillo più attivo: quello dell’islamismo. Oggi, con Mélenchon sostenuto da un esercito composto da comunisti, ecologisti, socialisti, estremisti di sinistra, ma anche — paradossalmente — dal padronato anch’esso favorevole all’immigrazione, senza dimenticare il mondo dei media, dell’università, dell’editoria, della ricerca, della pubblicità, del cinema, il bacillo antisemita devasta. Chi potrà non solo denunciare questa peste, ma anche lavorare per fermarla? Nessuno sembra esserne capace, al momento”.

L’ultimo libro di Onfray si intitola “L’autre collaboration – les origines françaises de l’islamo-gauchisme”, micidiale accusa contro gli intellettuali di sinistra antisemiti (Alain, Sartre, Beauvoir, Garaudy, Badiou, Nancy, Ricoeur, Foucault, Genet, Deleuze). La scomparsa di Israele è diventata, in tante coscienze intellettuali, una promessa di redenzione. “Salvo qualche rara eccezione, da Orwell a Camus, l’intellettuale è una buona bussola: basta guardare dove punta la sua lancetta, ed è sempre il contrario del nord. La colpa è che questa genia vive solo nel mondo delle idee, si nutre di tirate e concetti, crede ciecamente al catechismo progressista redatto da Rousseau, che scrive che l’uomo nasce naturalmente buono e che la società è la causa del male; dunque bisogna cambiare la società per eliminare il male. E’ un cristianesimo per principianti: il peccato originale è la proprietà, la redenzione è la sua abolizione, il paradiso ritrovato è la società senza classi, senza disuguaglianze. Il problema è che Rousseau scrive: ‘cominciamo col mettere da parte i fatti’, quando enuncia queste favole per bambini. Lo si capisce, perché i fatti, cioè la realtà, gli danno torto. Ma l’intellettuale preferisce cambiare la realtà piuttosto che idea. Come ogni figura fragile, non ha mai lasciato i banchi di scuola, quindi le gonne di sua madre: preferisce una menzogna che lo rassicuri a una verità che lo angoscia. Sartre è il prototipo di questa logica”.

Onfray enumera gli articoli di fede di questo islamogoscismo. “Investire un lumpenproletariato minoritario come nuovo motore della storia contro la vecchia teoria marxista delle masse che fanno la storia con l’avanguardia illuminata del proletariato. Odiare l’occidente in tutte le sue forme: la razionalità, l’illuminismo, la scienza, la storia, l’arte, la tecnica, la cultura, i classici, i libri. Riabilitare la teocrazia a scapito della democrazia, la sharia trascendente piuttosto che il diritto degli uomini immanente. Condannare il maschio bianco, giudeo-cristiano, occidentale assimilato al capitalismo, ai genocidi, all’imperialismo, al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo. Trasformare Israele in capro espiatorio da sgozzare per porre fine all’occidente, all’Europa, agli Stati Uniti, al capitalismo. Combattere il sionismo, investito magicamente di tutte le miserie del pianeta. Presentare il palestinese come l’idealtipo rivoluzionario, motore della storia, eroe della decostruzione dell’occidente, figura della salvezza politica mondiale, guerriero del nuovo messianismo rivoluzionario. Usare una semantica di guerra, trattando da nazista, fascista, collaborazionista, militante di estrema destra, islamofobo chiunque rifiuti di collaborare con questo fascismo islamista. Infine: cancellare Israele dalla carta geografica, e gli ebrei con esso, per porre fine all’occidente e realizzare l’uomo nuovo giacobino, bolscevico e fascista: un uomo allevato per la tirannia”.

Ma la resistenza è possibile. “Si chiama difesa dell’occidente, dunque di Israele e degli ebrei”. I media però manipolano, mentono e dissimulano. “Un media costa caro, dunque è posseduto da un miliardario che lo mette al servizio della sua ideologia. E non è frequente che un miliardario abbia a cuore il popolo. Se non è così, il giornale è sovvenzionato. I media fabbricano opinione, ideologia, consenso europeista e cosmopolita. Etichettano come complottista, di destra, fascista, chiunque smonti questo giocattolo ‘populicida’”.

Nel frattempo, in Europa, un’islamizzazione feroce spinge gli ebrei a fuggire. Teme un’Europa “purificata” dagli ebrei? “Certo che lo temo, poiché gli ebrei sono stati abbandonati dalla quasi totalità dei paesi del mondo, Francia compresa, purtroppo, tre volte purtroppo, salvo gli Stati Uniti. Si potrebbe, tristemente, parafrasare Stalin, uno dei grandi antisemiti del suo tempo, e dire: ‘Gli ebrei? Quante divisioni?’. Coloro che hanno urlato per anni al ‘ritorno degli anni bui’ quando vedevano apparire un vicesindaco in un comune lepenista, non vedono il vero ritorno degli anni neri e applaudono al ‘buon antisemitismo’ che l’avvocato Arié Alimi e lo ‘storico’ Vincent Lemire hanno seriamente sponsorizzato su Le Monde (20 giugno 2024), poiché lo hanno presentato come buono, difendibile, auspicabile — purché di sinistra”.

La nostra coscienza umanitaria, progressista, misericordiosa e post-cristiana non concede alcuno spazio agli ebrei torturati e affamati sotto Gaza. “Perché la sinistra è sotto l’effetto narcotico del libro di Trotski ‘La loro morale e la nostra’, che rompe con la tradizione cristiana del bene in sé e del male in sé a favore di un’altra distinzione: il buono relativo e il cattivo relativo, relativo alla causa da cui si esaminano i fatti. Per esempio: per un cristiano, ghigliottinare un uomo è male in senso assoluto, in riferimento al sesto comandamento ‘Non uccidere’. Ma per un rivoluzionario, ghigliottinare un uomo giudicato colpevole di non aver mostrato abbastanza zelo rivoluzionario è bene, perché serve al progresso della rivoluzione — idea assurda, a dirla tutta… ‘Torturare o uccidere un ebreo’ è bene secondo il software neotrotskista di ciò che Mélenchon presenta come ‘la Nuova Sinistra’ e il ‘Nuovo Popolo’, poiché si tratta di abbattere il male: il capitale, il denaro, il capitalismo, il sionismo, la proprietà e, andando oltre, gli ebrei stessi, presentati come colonialisti e genocidari che si comportano… da nazisti! Dietro questo neotrotskismo si trovano Rousseau e Robespierre e, come un nano che corre dietro a questa colonna infernale, Mélenchon e i suoi, che aspirano a ripetere la partitura di Fouquier-Tinville, l’accusatore del Tribunale rivoluzionario, e di Carrier, il carnefice delle stragi”.

L’occidente ha qualche possibilità di riprendersi da questo cataclisma civile, o affonderà nella propria codardia? “L’occidente è entrato in una fase di agonia” prosegue Onfray. “Ciò che accade in Israele agisce come un marcatore dell’evoluzione della malattia che metastatizza la civiltà giudeo-cristiana. Questo grande piccolo paese svolge il ruolo del canarino che i minatori un tempo portavano con sé in fondo alla miniera: il gas che soffocava gli uccelli annunciava che stava per uccidere i minatori. Solo che, qui, l’uscita di sicurezza è già sepolta sotto le macerie”. Ma come spiega l’abbandono del popolo ebraico da parte dei governi europei, come se Israele fosse l’ombra senza la quale l’occidente non può più illuminarsi? Ragioni economiche (Qatar)? Paura di essere attaccati e speranza di comprare un po’ di “pace”? La demografia islamica e i loro voti, come nel caso di Mélenchon o del governo belga? O è un meccanismo psicologico, per cui odiamo un popolo che ha un’identità e che si difende?

“E’ la firma del debole quella di sottomettersi al forte” conclude Onfray. “Il collaborazionista è in una situazione etologica di sottomissione: orecchie abbassate, ventre a terra, coda tra le gambe; talvolta la bestia sottomessa si sdraia sulla schiena e urina… Siamo a questo punto. Ce la facciamo addosso per la paura. L’islam è virile, conquistatore, guerriero, bellicista, misogino, maschilista, fallocrate, antisemita, tutto ciò contro cui il paese decadente pretende di lottare. L’amore per il nemico è l’amore per il rimosso. Di fronte a giovani armati di coltelli abbiamo giovani su monopattini elettrici con l’iPod nelle orecchie; di fronte ai martiri pronti a morire per l’islam, noi comunichiamo nella religione della raccolta differenziata; di fronte alla fallocrazia arabo-musulmana, affittiamo uteri per la gestazione per altri; di fronte al jihad, abbiamo candele, fiori, poesie, marce bianche. Gli esausti venerano la forza che li assoggetta. Come schiavi, i sottomessi, che si definiscono ‘insoumis’ (ribelli), sono in realtà in vendita o già venduti. La dhimmitudine regna”.

Di più su questi argomenti:

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

Leave a comment

Your email address will not be published.