Viva Fontana contro l’agenda Vannacci

“Col c….o che ci vannaccizzerà”. Il presidente della Lombardia non usa giri di parole. I primi passi e il coraggio che manca alla Lega moderata

Ci voleva Attilio Fontana, governatore della Lombardia, che di solito parla piano e non alza mai la voce, per tirar fuori la frase che in tanti pensano e nessuno osa dire: “Col cazzo che vannaccizzano la Lega”. Ed è bastato questo, questo sfogo giovedì a Busto Arsizio al congresso della giovanile del partito, per accendere un applauso vero, di pancia. Perché la verità, quando arriva senza troppi giri di parole, ha sempre l’effetto di un pugno sul tavolo. Il problema è semplice: la Lega non è Vannacci. Però Vannacci ha una cosa che alla Lega moderata manca da un pezzo: il coraggio di dire apertamente quello che molti pensano e non ammettono. E’ questo il paradosso: l’ex generale sembra più leghista della Lega non perché incarni chissà quale ideologia, ma perché parla chiaro, diretto, senza mezze frasi.

E mentre i dirigenti si esercitano in sospiri e silenzi imbarazzati, lui riempie la scena. Fontana, con la sua uscita un po’ rozza e un po’ liberatoria, ha ricordato a tutti che la Lega vera era nata per fare politica concreta, lombarda, territoriale, non per diventare il fan club di un outsider con il gusto della provocazione (e dell’osceno). E soprattutto ha detto a modo suo che un partito che si lascia definire da un singolo personaggio è un partito che ha smesso di avere un’identità. La verità è che oggi Vannacci sembra più vivo della Lega solo perché l’altra Lega, quando dovrebbe reagire, tace. Lui urla, loro mugugnano. Lui osa, loro fanno finta di niente. Ma non si va lontano così. Se davvero c’è una Lega che non vuole farsi “vannaccizzare”, allora è ora che si faccia vedere. Non per fare un favore a Salvini, che continuerà comunque a galleggiare, ma per fare un favore a se stessa. Perché alla fine la Lega, se vuole restare in piedi, deve tornare a fare la Lega. Non la comparsa nel monologo di qualcun altro. E sarebbe ora che chi dentro il partito sussurra in privato trovasse la voce per parlare in pubblico: perché a furia di nascondersi, si rischia che l’identità si perda davvero, e che l’unica faccia riconoscibile resti quella del generale.

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