Stefano De Martino e non solo. Migliaia di immagini rubate sono finite su un sito a pagamento. “Ci sono impianti di video sorveglianza economici e non sicuri, che sono molto facili da acquistare e installare ma sono insicuri”, dice Brozzetti (Luiss), che avverte: “Bisogna scegliere prodotti affidabili”
Migliaia di filmati sono stati rubati dalle telecamere di sorveglianza installate in abitazioni private, centri estetici o studi medici e messi su un sito da cui chiunque, pagando, poteva scaricare il materiale. Le prime indagini erano state avviate da qualche mese, quando è scoppiato il caso del conduttore televisivo Stefano De Martino, vittima di un’intrusione nel cloud del proprio sistema di videosorveglianza domestica. Fino ad arrivare a questi giorni, quando è stata scoperta l’esistenza di un portale che contiene le immagini rubate di circa duemila impianti di videosorveglianza (di diversi paesi tra cui Francia, Germania, Russia e Ucraina), duecento dei quali in Italia. Ma “è molto difficile fare una stima”, dice Filiberto Brozzetti, assistant professor (Research) in Data protection law, Law & Ethics of innovation & Sustainability e metodologia della Scienza Giuridica presso l’Università Luiss Guido Carli. “I giornali parlano di diverse decine di migliaia. Probabilmente, sono meno di quelle che vengono dichiarate e per i numeri italiani le stime affidabili sono solo quelle relative alle segnalazioni”.
Tutta la faccenda è venuta allo scoperto grazie a Yarix, società trevigiana specializzata in cybersecurity del gruppo Var, che ha fatto la segnalazione al centro operativo per la sicurezza cibernetica di Venezia. Ma ciò che è emerso nelle ultime ore in realtà ha una lunga storia alle spalle: “Sono dieci anni che la situazione va avanti”, spiega Brozzetti. Facendo riferimento a questo caso in particolare, il professore dice che spesso a fare le segnalazioni contro alcuni sistemi di videosorveglianza stranieri sono i competitor italiani o europei “i cui prodotti costano di più e sono anche più difficili da installare e che sono sottoposti a una serie di regole, ma sono anche molto più sicuri. Quindi segnalano correttamente questo tipo di concorrenza sleale”. Il problema è che le aziende non europee, come quelle cinesi, vendono le telecamere a un prezzo più basso, ma questo vantaggio economico nasconde altri svantaggi: “I loro prodotti nascono già insicuri. Alcuni sono già buggati, altri molto facili da hackerare”, dice Brozzetti. “Di fatto tutto nasce da questi impianti di video sorveglianza non sicuri, che sono molto facili da acquistare e installare. Io vado su un qualunque marketplace digitale, compro, vedo che costa poco e che me lo posso installare da me, senza farmi tante domande”. In quel momento ci stiamo mettendo in casa “un occhio che sì, risponde alla nostra app, ma questa app parla solo con noi o anche con altri?”.
Il sito da cui è partita l’indagine permette di visualizzare gratuitamente alcuni estratti e offre anche la possibilità di comprare l’accesso diretto alle telecamere, con pagamenti tramite Telegram che arrivano anche intorno ai seicento dollari. “C’è una violazione della proprio della vita privata – prosegue Brozzetti – che è un bene giuridico tutelato al più alto livello, non solo dalle costituzioni, ma anche da tutte le carte dei diritti umani”. Non è quindi solo un problema di privacy, “ma è un tema penale” che si somma a quello meramente strumentale dell’accesso abusivo a sistema informatico. Però si pone il problema della punibilità. Il sito in questione è ospitato su un dominio registrato alle Isole Tonga nell’oceano Pacifico. Difficile rintracciare i responsabili. “E’ molto complicato. Soprattutto, l’azienda produttrice è punibile per l’assenza di misure di sicurezza adeguate, non per l’illecita apprensione delle immagini. Per la violazione e l’accesso abusivo bisognerebbe trovare il soggetto, la persona fisica che effettivamente entra dentro, ma molti di questi vengono soprattutto da paesi e da giurisdizioni che non sono collaborative o che non sono facilmente tracciabili”.
Il problema della sicurezza dei nostri dati è di cruciale importanza soprattutto perché ne va della nostra sicurezza. Brozzetti avverte: “Il tema è che bisogna stare attenti a quello che ci si mette in casa, valutare in prima battuta se è proprio necessario. Poi bisogna farlo solo con prodotti affidabili: avendo effettivamente una completa visione dei sistemi di sicurezza di tutte le impostazioni di default”. E consiglia di affidarsi a un tecnico: “Deve passare il messaggio che ci vuole più consapevolezza da parte del consumatore, perché questi prodotti sono affari intelligenti da installare nei luoghi della nostra intimità domestica con troppa leggerezza”.