Il provvedimento limita le responsabilità dei professionisti della salute ai soli casi più gravi e riconosce le difficoltà operative nei contesti clinici complessi. Accanto a questa tutela, si prevedono misure per valorizzare competenze, riformare la formazione e rendere più efficiente l’intero sistema
Dopo settimane di attesa e uno stop improvviso all’inizio di agosto, è tornato oggi all’esame del Consiglio dei Ministri lo schema di Disegno di Legge Delega in materia di professioni sanitarie e responsabilità professionale. Un provvedimento ampio e articolato che, pur toccando numerosi ambiti della riforma sanitaria, si segnala in particolare per un punto tanto atteso quanto divisivo: l’introduzione del cosiddetto scudo penale per i medici, ovvero una norma che limita la responsabilità penale dei professionisti sanitari ai soli casi di colpa grave.
Con questa mossa, il ministro della Salute Orazio Schillaci porta a casa una prima, significativa vittoria politica, mantenendo una promessa fatta da tempo al mondo medico e rilanciando la propria leadership dopo settimane segnate dalle polemiche per la gestione opaca del caso Nitag, il Comitato tecnico-scientifico sulle vaccinazioni, che ha sollevato dubbi sulla trasparenza e sulla governance dell’intero sistema di raccomandazione vaccinale. In quel contesto, la posizione del ministro era apparsa indebolita, e la decisione di rinviare il testo del Ddl Delega ad agosto, su pressione del Ministero della Giustizia e di alcuni esponenti della maggioranza – tra cui Francesco Paolo Sisto di Forza Italia – aveva fatto temere un dietrofront su uno dei cardini della riforma. E invece il testo è tornato oggi sul tavolo del CdM senza sostanziali modifiche rispetto alla versione originaria. Al centro dell’intervento c’è l’articolo 7 del provvedimento, che riscrive l’articolo 590-sexies del Codice penale, stabilendo che l’esercente una professione sanitaria non è punibile per lesioni o omicidio colposo se si è attenuto a linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate al caso concreto, a meno che non vi sia colpa grave.
A questo si aggiunge un nuovo articolo, il 590-septies, che introduce nel nostro ordinamento un principio di realtà: nel valutare la colpa del professionista, il giudice dovrà tenere conto anche del contesto operativo. In particolare, si considerano rilevanti la scarsità di risorse umane e materiali, le carenze organizzative non evitabili, la complessità della patologia trattata, la difficoltà della prestazione sanitaria, la disponibilità concreta di terapie, il ruolo ricoperto in équipe multidisciplinari e la presenza di situazioni d’urgenza o emergenza. Si tratta di un cambiamento che riconosce la realtà quotidiana degli operatori sanitari, in particolare di chi lavora in pronto soccorso, nei reparti ad alta intensità o nelle aree interne. Il messaggio è chiaro: l’errore umano non può essere trattato come reato ogni volta, e lo Stato deve proteggere chi lavora per garantire il diritto alla salute in contesti spesso al limite. Tuttavia, è bene chiarirlo: il diritto del paziente al risarcimento rimane intatto. Lo scudo penale agisce sulla sfera penale, lasciando impregiudicata la possibilità di agire in sede civile. L’obiettivo, dunque, è un sistema più equo, che distingua tra colpa lieve ed effettiva responsabilità, e che consenta ai medici di lavorare senza il timore costante del processo penale.
Il Ddl Delega non si limita all’introduzione dello scudo penale. Il provvedimento, articolato in nove articoli, include infatti una serie di interventi strutturali volti a migliorare il funzionamento delle professioni sanitarie. Tra questi, la valorizzazione delle competenze professionali, la trasformazione del corso di medicina generale in una vera e propria scuola di specializzazione e l’istituzione di nuove specialità per chimici, odontoiatri e biologi, con l’obiettivo di favorire il ricambio generazionale e garantire competenze avanzate nei servizi sanitari. Per affrontare la carenza di personale, il testo promuove forme flessibili di impiego per i medici specializzandi, incentivi per chi opera in condizioni disagiate, la semplificazione delle attività burocratiche e l’adozione di sistemi premiali basati sulla performance e sulla riduzione delle liste d’attesa. Infine, il Ddl prevede una revisione della disciplina degli Ordini professionali, con l’obiettivo di aggiornare le loro competenze, definire nuove regole sui mandati e valorizzarli come organi sussidiari dello Stato, in un’ottica di maggiore trasparenza ed efficienza.