Poste diventa il socio forte di Tim. L’Antitrust dice sì, il mercato applaude

L’operazione segna un passo decisivo nel controllo nazionale delle infrastrutture digitali. L’ingresso di un grande player nei capitali della principale compagnia telefonica offre solidità, riduce i rischi di speculazione e apre a una riorganizzazione industriale più competitiva

Certe volte le notizie che sembrano più tecniche raccontano in realtà un pezzo d’Italia che cambia. È il caso della decisione presa dall’Antitrust sull’operazione Poste-TIM. L’Autorità ha dato il via libera senza condizioni all’acquisizione del 15% di TIM da parte di Poste Italiane, un’operazione che porta la partecipazione complessiva del gruppo guidato da Matteo Del Fante al 24,81%. Tradotto: non ci sarà istruttoria, non ci saranno vincoli, l’operazione non limita la concorrenza e non rafforza posizioni dominanti.

Dietro questa formula un po’ burocratica c’è un fatto semplice: Poste diventa il socio di riferimento di TIM. E non parliamo di un attore qualsiasi. Negli ultimi anni Poste si è trasformata in un gigante capace di stare in più mercati: la logistica, i servizi digitali, il risparmio, la finanza. Con milioni di correntisti e un radicamento territoriale unico, l’ingresso stabile nel capitale della principale società di telecomunicazioni segna un salto di qualità.

Il via libera dell’Antitrust toglie in un colpo solo i dubbi regolatori e consente a Poste di consolidare un asse pubblico-privato che cambia lo scenario delle tlc italiane. Lo Stato, già presente in TIM con Cdp e con il Mef, rafforza il proprio controllo indiretto su un’infrastruttura considerata strategica non solo per il mercato, ma anche per la sicurezza nazionale. E non è un dettaglio che questa prospettiva sia stata accolta bene dal mercato: nelle ultime sedute, TIM ha guadagnato oltre il 5%, segnale che gli investitori vedono nell’operazione una garanzia di stabilità.

E qui sta il punto politico-industriale. La nuova fase di TIM è quella della separazione tra rete e servizi, della riduzione del debito e della costruzione di un operatore più competitivo. Avere Poste tra i soci significa garantire stabilità, ridurre il rischio di manovre speculative e tenere questa partita dentro un perimetro nazionale più solido. Anche perché, sul fronte delle possibili alleanze, è naufragata la trattativa con i francesi di Iliad, che hanno annunciato pochi giorni fa la fine delle discussioni su un’eventuale integrazione.

In tempi in cui la rete non è solo un business ma un terreno di scontro geopolitico, la mossa di Poste segnala che la difesa degli asset strategici passa anche da operazioni industriali silenziose ma decisive. L’Antitrust ha fatto la sua parte. Ora tocca capire come questo nuovo equilibrio verrà usato per dare finalmente a TIM – e all’Italia digitale – un futuro meno fragile.

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