L’appello per Gaza e le lacrime politicamente selettive

Propongo di rileggere Guerra di lacrime di Fruttero e Lucentini. Ne emerge un ritratto perfetto dell’altruista planetario, colui che si percepisce moralmente e intellettualmente superiore, ma tratta il terribile patire del mondo come “una mano di carte da tenere o scartare secondo utilità”

A proposito dell’appello cinematografaro su Gaza, ieri Andrea Minuz ha ripescato un bel raccontino di Carlo Fruttero sulla reazione ai fatti d’Ungheria. Propongo di rileggere anche una piccola satira di Fruttero e Lucentini, Guerra di lacrime (la trovate nella Prevalenza del cretino), che mi sembra almeno altrettanto attuale: “Una straziante guerra di lacrime serpeggia da qualche settimana nei più illuminati ambienti d’Europa. ‘Perché non piangete sulla Cambogia?’ ‘Nessuno può accusarci di non aver pianto sul Vietnam!’ ‘Chi non ha pianto su Praga non ha il diritto di piangere sul Libano’ ‘Se piangevate per i biafrani, dovreste ora piangere per gli afgani’ ‘Facciamo onestamente l’autocritica: il nostro pianto per l’Iran è meno copioso del nostro pianto per il Cile’. (…) Una fortuna per i fabbricanti di fazzoletti. Già molto prima di questa salata alluvione ci chiedevamo quanto soffra in realtà, veramente, concretamente, se così si può dire, questa strana ma diffusissima specie di homo lacrimans geopolitico”.

Queste “ambasce vicarie”, concludono Fruttero e Lucentini, “bastano misteriosamente a dargli una perfetta coscienza d’altruista planetario, il senso di una superiorità sia morale sia intellettuale sul gretto volgo prevalente attorno a lui. Lui solo spazia col pensiero sui continenti e le isole, vola misericordioso sui campi di battaglia, accorre nelle giungle e nelle savane, s’inginocchia tra i caduti, soccorre idealmente i moribondi, i profughi, i famelici. Sempre restando, per causa di forza maggiore, seduto nella sua poltrona. Mai lo sfiora il dubbio che le sue emozioni siano spurie, le sue lacrime politicamente selettive, i suoi singulti partigiani e omissivi, che tutto il multiforme e terribile patire del mondo gli si presenti di volta in volta come una mano di carte, da tenere o scartare secondo la loro utilità, col cuore di pietra di un giocatore di poker; di uno di quei supremi giocatori di poker che muovono eserciti e annullano popoli e dai quali egli si sente così radicalmente diverso”.

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