Il film è una critica feroce alla sua ascesa al potere e una denuncia senza appello al suo modo di concepire e gestire il comando, ma a interpretare l’autocrate è uno degli attori più belli di Hollywood
Quando Jude Law entra nel Casinò per la conferenza stampa del film “Il mago del Cremlino”, in cui l’attore di Hollywood interpreta Vladimir Putin, fra i giornalisti c’è preoccupazione. Tutti che compulsano sui propri smartphone per controllare su Internet se Jude Law è un attore del metodo Stanislavski/Strasberg. Se sì, sarà uscito dal ruolo? Nel film di Olivier Assayas, l’americano si è calato nei panni del leader russo in maniera inquietantemente convincente: qualora non sia uscito dal personaggio, il rischio è che una volta in sala stampa Jude Law minacci i giornalisti, e chieda per il film non solo il Leone d’Oro e la Coppa Volpi al miglior attore, ma anche il Donbas e le terre rare. Per non parlare della possibile crisi diplomatica sul red carpet: se questo si crede Putin, dopo che sull’ultimo tappeto rosso in Alaska ha stretto la mano al presidente degli Stati Uniti Donald Trump, qui a Venezia come minimo tocca fargli trovare il Papa. Che però non è previsto al Lido in questi giorni, e per quanto il cerimoniale della Biennale possa affrettarsi nell’invitarlo sarebbe troppo tardi; si tenta allora di raggiungere telefonicamente Favino, nel tentativo di convincerlo a vestire i panni di Prevost.
Ma fortunatamente, quando Jude Law entra in sala stampa, l’attore è elegante come sempre e non vestito da grigio funzionario come nel film, e anche i capelli sono belli e delicatamente mossi, non stepposi e con la riga di lato. Insomma, è Jude Law e non Vladimir Putin. L’attore è uscito dal personaggio, di certo non viceversa – del resto si sa, Putin purtroppo non si ritira. Law risponde alle domande dei giornalisti e non li uccide, e dimostrazione che non è più il leder russo; e dice che la cosa positiva di interpretare Putin è stato che ha imparato a fare judo (anche se nel film lo si vede impegnato in questo sport solo in una veloce inquadratura, roba da controfigure, che l’ha imparato a fare?). Non lo cita, ma immagino che un’altra cosa positiva di questo ruolo sia stato il bonifico. Per la stampa italiana le dichiarazioni di Law sono spiazzanti: abituati agli struggenti dilemmi morali di Luca Marinelli, per il quale interpretare Benito Mussolini “è stato un dolore forte”, “mia nonna si è tranquillizzata solo dopo aver visto la serie”, vedere un attore sereno del proprio lavoro pur nella consapevolezza della drammaticità del ruolo interpretato è destabilizzante. Ma che Jude Law non ce l’ha una nonna contraria al fatto che interpretasse Putin?
Ai giornalisti l’attore americano ha dichiarato persino “di non temere ripercussioni” per aver recitato (non senza una certa ironia) il tiranno russo. Beato lui: al Lido da ieri, solo per il fatto di aver visto il film o magari averlo applaudito in Sala Grande per 12 minuti, è allarme polonio, altro che botulino. Ma io in effetti, fossi in Vladimir Putin, non sarei così contrariato. Ok, il film è una critica feroce alla sua ascesa al potere e una denuncia senza appello al suo modo di concepire e gestire il comando; ma io sarei solo che contento se, nel fare un film che mi critica, chiamassero a vestire i miei panni Jude Law, uno degli attori più belli di Hollywood. Ok, nel film hanno dovuto imbruttirlo per farlo sembrare Vladimir Vladimirovic (se il film fosse stato su di me, oltre che imbruttito Law avrebbe dovuto recitare tutto il tempo in piedi sulle ginocchia); ma è pur sempre Jude Law, mica un Beppe Fiorello qualunque. Insomma, far interpretare Putin da Jude Law mi sembra una bella mano tesa da parte dell’occidente, una concessione generosa che vale come minimo il cessate il fuoco sull’Ucraina.