Emilio Fede, un altro articolo

Diranno (hanno già scritto) che era un untuoso servo del potere. Il morto di cui finalmente si può dire nient’altro che male. Lo dirà il giornalismo che non ha specchi in cui confrontarsi. Amico del Cav., dissipatore, partizan e istrione, Fede ha inventato il tg confidenziale e di parte, mentre altri fingevano indipendenza

L’articolo che in tanti non vedevano l’ora di scrivere, o di poter finalmente sputazzare online (“le sue scopate a 82 anni, con le escort ad Arcore”. Tutto qui?). L’articolo sul morto esecrabile. Finalmente. E’ stata una canaglia al servizio del potere, diranno, il servo di scena untuoso dell’Unto del Signore (definizione magistrale che però non era sua, il suo estro era più per spettatrici di Rete4, ma di don Baget Bozzo). Significativamente metteva in guardia, nel coccodrillo pronto da chissà quanto tempo, Filippo Ceccarelli: “Mai come in questa circostanza tornerebbe utile l’antica raccomandazione della classicità secondo cui dei morti nulla è giusto ricordare se non il bene. Sennonché, mai come in questo caso il personaggio si colloca naturalmente non solo al di là del bene e del male, ma anche del vero e del falso, per cui subito la retorica funeraria s’inceppa”. L’articolo che invece non si sarebbe voluto scrivere, e non soltanto perché “de mortui…”. Diranno che era un servo, perché la categoria raramente è dotata di specchi e non ama riconoscere che al servizio del potere non era l’unico, né il primo. Emilio Fede non era un modello del giornalismo di analisi, un fine dicitore del Palazzo.

Emilio Fede era appartenenza umorale, istrionica, che non aveva bisogno di nascondersi quando tanti altri, molti altri, atteggiavano la bocca a culo di gallina nei modi equivicini di altri poteri. E’ stato amico fedele, cortigiano, partigiano e dissipatore del suo Presidente, cosa che poté diventare reato soltanto nelle inchiestacce sulla “intelligenza levantina” della signora El Mahroug e sul mondo che le ruotava intorno. Ma era stato molto prima l’uomo che inventò il giornalismo televisivo pop, il tg confidenziale, poi molto copiato fino ai giorni nostri; è stato il direttore del Tg1 di Vermicino, orrore vero senza il quale non avremmo forse poi avuto tutti quei plastici di Cogne e la tv del dolore. L’esibizione del telegiornale come one man show che mai s’era vista prima, guittesca, partizan, curva da stadio. Un tipo di giornalismo che non si poteva amare, ma che troppi cattivi imitatori hanno millantato di odiare e di combattere, facendo invece né più né meno, ma con meno estro, la stessa cosa. Forse è vero che il suo passaggio in Fininvest, folgorato una sera al Residence Ripetta da Berlusconi & Galliani, ha cambiato l’informazione in tv. Ma era il 1989, era il mondo che stava cambiando. Ha costruito l’informazione sartoriale privata, destrutturata a dispetto del blazer, in divisa militare a dispetto dei pullover. Il finale di carriera e di vita non proprio con splendore, lui in fondo più libero e leale di tanti. Era nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1931, è morto a Segrate, confinato nei confini del regno che fu di Berlusconi.

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  • Maurizio Crippa
  • “Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini”

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