L’organismo che regola le elezioni inglesi propone lezioni di educazione civica e pensiero critico già dagli 11 anni, per formare in cinque anni elettori preparati. Nel nostro paese, dove la politica è un ginepraio, servirebbe un corso ben più lungo
L’organismo indipendente che regola le elezioni nel Regno Unito, in vista dell’abbassamento dell’età minima del voto a sedici anni, ha raccomandato che la politica venga spiegata per benino già ai bambini che ne hanno undici. Queste lezioni di democrazia sono necessarie, sostiene l’Electoral Commission, affinché i giovanissimi si esercitino e si abituino a sviluppare un pensiero critico, ricevendo da insegnanti ed esperti tanto delle indicazioni sul funzionamento della struttura politica dello Stato (presentate come dati oggettivi), quanto delle prospettive su questioni di attualità politica (dichiaratamente presentate come pareri personali e, in quanto tali, rispettabili benché opinabili). È una bella idea, che nasconde però un’amara verità: nella democrazia più avanzata al mondo, il luogo dove secoli fa è stata inventata la politica così come la concepiamo oggi, viene comunque ritenuto necessario un corso di cinque anni per arrivare preparati alle elezioni ed evitare di votare a capocchia, come invece si crede che il suffragio universale comporti e imponga. È evidente che in Italia, dove con la democrazia abbiamo fatto più fatica, e dove abbiamo inventato modelli politici di natura più discutibile, il corso per imparare a votare deve necessariamente essere molto più lungo di così. Pertanto, è urgentissimo che facciamo due cose: metterci subito a studiare, e innalzare l’età minima del voto ad almeno cinquant’anni.