Chi aiuta Putin a costruire il mito del rapporto con Xi

L’interprete, l’ambasciatore e la durata del progetto russo-cinese che fa mostra di unità fra il vertice della Sco a Tianjin e la parata di Pechino

Vladimir Putin ha voluto mettere la sua firma sul vertice di Tianjin, in Cina, dove domenica e lunedì si sono riuniti i paesi membri della Sco, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. Il capo del Cremlino ha voluto dare le sue parole chiave, come “maggioranza globale”, ha dettato qualche riga di riscrittura storica, si è mostrato sorridente, movimentato, indaffarato, entusiasta anche mentre il primo ministro indiano Narendra Modi lo ha preso per la mano per sfilare sul tappeto rosso verso il leader cinese Xi Jinping. Modi è molto fisico, abbraccia, tende le mani, lo fa sempre, è Putin che spesso con il contatto non è a suo agio. Non è stato così a Tianjin, dove il contatto fisico era parte della scena per mandare un messaggio di unità. Il capo del Cremlino rimane in Cina cinque giorni, non è usuale che lasci la Russia per un tempo così lungo, ma per Putin la visita tra il vertice di Tianjin, che si è concluso ieri, e la parata del 3 settembre con cui Pechino ricorda gli ottanta anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, è una celebrazione e sembra essersi preparato con molto anticipo, anche scegliendo con cura i suoi collaboratori nella Repubblica popolare cinese. In questi giorni, dietro a qualsiasi sorriso di Putin è spuntato un volto: occhiali tondi, barba, occhi chiari. Non è frequente che un interprete sia conosciuto, spesso i loro nomi rimangono riservati. Gli interpreti sanno molto ma devono essere invisibili. Invece Grigorij Zhigar’kov si sa prendere la sua parte di palco, piccola, ma essenziale. Zhigar’kov è l’interprete di Putin in Cina, è un esperto di lingua e cultura cinese e lavora presso l’ambasciata di Mosca a Pechino. Nel 2023, Zhigar’kov parlò con l’agenzia Ria Novosti, venne contattato per raccontare il rapporto fra Vladimir Putin e Xi Jinping dopo un viaggio di due giorni del leader cinese in Russia: un interprete vede e sente molto, si rende conto di tensioni e affinità. Zhigar’kov disse all’agenzia che aveva percepito tra i due una “alchimia personale” particolare, una capacità di intendersi fuori dal comune. Per la prima volta nella sua carriera, Zhigar’kov si trovò al fianco di Putin nel 2016, durante una visita a Pechino. In questi giorni, il presidente russo non se ne distacca mai. Nelle immagini da Tianjin, Zhigar’kov spunta in continuazione, anche lui a suo agio, anche lui sorridente, un ingranaggio della strategia russa in Cina. Non è il solo uomo di riferimento: nel 2022, sette mesi dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, Putin cambiò ambasciatore a Pechino. Mandò in Cina un esperto di Asia, che per dieci anni aveva ricoperto la carica di viceministro degli Esteri: Igor Morgulov. Serviva un volto nuovo per rappresentare la rinnovata relazione tra Pechino e Mosca e Putin decise di destituire Andrei Denisov, che era rimasto a Pechino per nove anni, e mandare l’uomo che si era occupato di gestire da Mosca i rapporti con Cina, Mongolia, Corea del nord e Corea del sud. Il Cremlino punta molto sulla diplomazia, muove i suoi ambasciatori scovando nel dettaglio le loro potenzialità e utilità in ogni luogo e, dopo aver preso la decisione di attaccare l’Ucraina, il rapporto con la Cina doveva essere rivoluzionato, diventare più stretto. Morgulov è stato l’uomo a cui affidare il coordinamento di relazioni potenziate e Zhigar’kov da anni è la persona di fiducia che si allena a dare ai cinesi l’interpretazione di Putin utile a questa strategia.


Putin è passato dai tappeti rossi di Anchorage, in Alaska, dove ha incontrato il presidente americano, Donald Trump, a quelli di Tianjin e Pechino in due settimane. In tutti e due i contesti ha avuto molto da guadagnare e la consequenzialità lo ha aiutato a presentarsi in Cina come un leader rafforzato. Giovedì si terrà a Parigi un incontro fra i leader europei della coalizione dei volenterosi. Anche il presidente Volodymyr Zelensky parteciperà all’incontro francese che alcuni hanno voluto vedere come una riunione anti Sco, che si presenta però molto disunita. In questi giorni in Cina sta andando in scena una mostra delle alleanze, Parigi è rimasta imbrigliata nelle lotte nazionali mentre Russia, Cina, Iran, India (a Pechino ci sarà anche il leader nordcoreano Kim Jong Un) stanno sfruttando la lunga trasferta cinese per mostrare la durata e le potenzialità di un progetto comune.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull’Unione europea, scritto su carta e “a voce”. E’ autrice del podcast “Diventare Zelensky”. In libreria con “La cortina di vetro” (Mondadori)

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