Il trio Merz, Macron e Tusk vanno a Chisinau a dire a Putin: giù le mani dalla Moldavia

I leader di Francia, Germania e Polonia hanno compiuto una visita congiunta senza precedenti nel paese a un mese da elezioni legislative cruciali, per mostrare che 2,4 milioni di moldavi contano per l’Europa e il suo futuro

Bruxelles. A un mese da elezioni legislative cruciali in Moldavia, Emmanuel Macron, Friedrich Merz e Donald Tusk ieri hanno compiuto una visita congiunta senza precedenti a Chisinau, in occasione della festa nazionale per la dichiarazione di indipendenza dall’Unione sovietica. I leader di Francia, Germania e Polonia sono saliti su un palco di una grande piazza assieme a Maia Sandu, la presidente pro Europa della Moldavia. Il 28 settembre, per la terza volta in meno di un anno, gli elettori decideranno la direzione del loro paese: un passo in avanti per entrare nell’Unione europea o un passo indietro per tornare nell’orbita di Mosca? Vladimir Putin sta investendo ingenti risorse per riportare sotto il suo controllo la Moldavia. L’Unione europea non vuole perdere la battaglia per i cuori e le menti dei moldavi. Il trio Macron-Merz-Tusk è andato a mostrare che 2,4 milioni di moldavi contano per l’Europa e il suo futuro.

In Moldavia la guerra russa per il dominio sul suo vicinato non è condotta con missili e droni, ma con partiti filorussi, finti partiti europeisti, disinformazione e acquisto di voti. La Russia controlla già la regione separatista della Transnistria, dove ha una base militare con quasi 2 mila soldati. Paese povero, nel quale Putin ha alimentato l’inflazione tagliando le forniture di gas, la Moldavia è permeabile all’ingerenza russa. Un referendum per iscrivere l’obiettivo dell’ingresso nell’Ue in Costituzione, che si è tenuto il 20 ottobre del 2024, doveva dare un esito scontato a favore del futuro europeo. Alla fine è stato vinto da Maia Sandu con appena 10 mila voti di scarto: 50,35 a 49,65 per cento. Presidente dal 2020, confermata con molte difficoltà nel novembre dello scorso anno grazie ai voti della diaspora, Sandu incarna le aspirazioni europee. Quattro anni fa il suo Partito di azione e solidarietà aveva ottenuto la maggioranza assoluta in Parlamento. Oggi è in testa ai sondaggi con il 34 per cento delle intenzioni di voto, non sufficiente a ottenere la maggioranza. Al Blocco patriottico, apertamente filorusso, viene attribuito il 30 per cento. Sono nati partiti europeisti di facciata, come il Blocco alternativa, che i sondaggi danno al 10 per cento. “Il Cremlino sta puntando su finti partiti pro Europa per sottrarre voti a Sandu”, spiega al Foglio un funzionario dell’Ue. Il risultato migliore per Putin sarebbe uno scenario come in Georgia, ma anche l’ingovernabilità sarebbe un successo.

“La Moldavia conta”, ha detto ieri Macron, denunciando le “menzogne” del Cremlino. “La porta dell’Ue è aperta”, ha spiegato Merz, sottolineando che “Putin vuole riportare indietro il tempo e riportare la Moldavia sotto l’influenza russa”. Per Tusk, “non esiste un’Ue sicura senza una Moldavia indipendente e sicura”. Al loro fianco, Sandu ha spiegato che “l’adesione all’Ue non è un sogno lontano”. Denunciando “l’enorme pressione” della Russia, ha avvertito che “l’indipendenza non è scontata. Dipende dalle elezioni”. Sandu gioca apertamente la carta europea. “Senza l’Ue, la Moldavia rimane bloccata nel passato”. Per contro, “la Russia di Putin significa guerra e morte”. L’Ue ha usato gli strumenti a sua disposizione per aiutare la Moldavia, avviando il processo di adesione e la sua integrazione di fatto. Ha promesso aiuti finanziari (1,8 miliardi di euro in tre anni), liberalizzato i visti e rimosso le tariffe di roaming. La Commissione ritiene che il governo abbia realizzato riforme sufficienti per aprire una serie di capitoli negoziali. Ma il processo è bloccato dal veto dell’Ungheria sull’avanzamento dell’Ucraina. Alcuni stati membri vorrebbero disaccoppiare la Moldavia prima delle elezioni per inviare un segnale positivo agli elettori. Ma la stessa Sandu finora ha rifiutato. Sarebbe un tradimento di Volodymyr Zelensky, che ha realizzato le stesse riforme, ma si trova ostaggio di Viktor Orbán. Il futuro dell’Ucraina e della Moldavia sono una stessa battaglia.

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