Un presidente solitario come protagonista, un dialogo notturno con una donna e poi un finale contemplativo. ChatGPT ci spoilera il nuovo film di Sorrentino
L’82esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia si apre con il presidente della Repubblica. No, non Sergio Mattarella, bensì Mariano De Santis, alias Toni Servillo. Del resto alla cerimonia d’apertura ci sono sempre le istituzioni, e per il premio Oscar Paolo Sorrentino arriva anche il Quirinale, anzi ce lo porta lui, direttamente sul grande schermo, con il suo nuovo film “La Grazia”, il primo di una trilogia: l’anno prossimo uscirà “Graziella”, e nel 2027… Ok, scusate, ma era più forte di me. Sul film lascio che su questo giornale si pronunci la ben più titolata Mariarosa Mancuso; dico solo che in questo nuovo Sorrentino c’è Guè al posto di Cocciante e manco una tetta: un Sorrentino castigatissimo, anzi, quirinalizio.
Però ho fatto un gioco: martedì, prima che il film venisse presentato per la prima volta qui alla Mostra, ho chiesto a ChatGPT di anticiparmi come, secondo la sua intelligenza artificiale, sarebbe stato questo nuovo Sorrentino. In base alle (pochissime) informazioni disponibili alla vigilia, l’AI mi ha detto di aspettarmi quanto segue: 1. Protagonista un presidente solitario; 2. Una festa grottesca con politici, prelati, modelle e un fenicottero; 3. Un momento “teologico”; 4. Un dialogo notturno con una donna; 5. Il presidente nudo in mutande davanti allo specchio; 6. Un paradosso visivo, tipo un cavallo bianco che attraversa i corridoi del Quirinale; 7. Finale contemplativo, con Servillo ormai ex presidente che passeggia da solo sul litorale romano; 8. La battuta che dà senso al titolo: “La grazia non è nei miracoli. E’ nell’aver imparato a sopportare l’insopportabile”.
Dopo aver visto il film, posso dirvi che i punti 1, 3 e 4 sono stati presi in pieno: Servillo è un presidente della Repubblica a fine mandato (non si sapeva, eppure l’AI lo aveva capito!), chiuso e solo; nel film va per due volte in visita dal Papa; parla con la figlia e con la moglie morta. Punto 2 clamorosamente smentito: stavolta niente scene cafonal, giusto un po’ di cassa dritta con le Frecce Tricolore, però al posto dei fenicotteri rosa ci sono i cani robot. Punto 5 proprio no, acqua: Servillo è sempre vestito con giacca, cravatta, gilet e pure cappello. Punto 7 centrato, anche se al posto del litorale romano c’è la Stazione Spaziale Internazionale – finale onirico più che contemplativo, ma il senso è quello. La cosa incredibile è il punto 6: in effetti c’è un cavallo! Non bianco ma nero, non nei corridoi del Quirinale ma nelle scuderie, ma insomma c’è e ha pure un ruolo importante. Non sto dicendo che Sorrentino si sia fatto scrivere il film da ChatGPT, anche perché rispetto al punto 8 la battuta nel film è un’altra: “La grazia è la bellezza del dubbio”. Dico solo che a quanto pare anche Sorrentino è un algoritmo, prevedibile e programmabile, con un margine d’errore minimo. E però basta uscire dalla proiezione delle 8.30 in Sala Darsena – dove è stato avvistato anche il regista, venuto a controllare che tutti applaudissero, e in effetti la sala ha accolto il film come il Meeting di Rimini ha accolto Giorgia Meloni –, usciti dalla sala, dicevo, anche il Lido era sorrentiniano: il red carpet che prima frigge sotto al sole per poi annuvolarsi di colpo (anche nel film c’è una scena di pioggia su un tappeto rosso), il sosia di Pavarotti sotto ai metal detector, dei mariachi che si mettono a suonare in un baretto sul lungomare così, senza senso, alla Sorrentino appunto. Perché ormai il mondo è più sorrentiniano dei suoi film (questo rispetto ai suoi precedenti è sobrio e austero), e persino l’AI lo è: “La grazia non è nei miracoli. E’ nell’aver imparato a sopportare l’insopportabile” è una battuta perfetta per un film di Sorrentino. Magari la userà nel prossimo, “Graziella”.