“L’accordo Giani-M5s? Da non credere”. Parlano Petretto e Nannicini

I due economisti toscani di area dem contro l’intesa tra il Pd e il partito di Conte: “Europeismo e riformismo sacrificati sull’altare del campo largo”

“Quando i primi elementi programmatici dell’accordo Pd-M5s hanno cominciato a filtrare sui giornali non ci volevo credere”, dice Alessandro Petretto, professore emerito di Economia pubblica all’università di Firenze, già assessore del comune con Renzi e poi consigliere economico del sindaco quando a Palazzo Vecchio arrivò Dario Nardella. “Mi dicevo – continua – alla fine la tradizione riformista, europeista, solidale ma non assistenzialista, ambientalista ma non anti industriale del Pd prevarrà. E invece niente, tutto è stato sacrificato sull’altare dell’esperimento toscano del campo largo”. Da sempre vicino all’anima riformista del Pd che, dice “ormai è considerata una roba da sfigati”, l’economista non si aspettava che anche Giani alla fine, su pressione del Nazareno, cedesse a tutte le richieste del partito di Conte: infrastrutture, energia, servizi pubblici… secondo Petretto si tratta di una resa totale. “Sui servizi pubblici – dice – si vuole smantellare la regolazione indipendente che fin qui ha prodotto egregi risultati in termini di investimenti e performance industriali per ritornare all’ideale delle aziende municipalizzate. Sui trasporti – prosegue – si parte da assunti smentiti dalle ricerche più recenti, come la necessaria supremazia dello scalo aeroportuale di Pisa o il raddoppio della linea ferroviaria da Firenze attraverso centri densamente abitati”. Ma a fare infuriare davvero Petretto è la politica industriale. “In questo campo – dice – si immaginano tante e improbabili piccole Iri pubbliche di provincia, invece la reindustrializzazione della Toscana sarebbe dovuta essere al centro dell’intesa, prospettando scelte di politica molto selettive ma serie, utilizzando le modeste risorse del bilancio regionale per sostenere il sistema delle imprese manifatturiere, una cosa certamente molto meno visibile del prospettato ‘reddito di cittadinanza regionale’, ma con effetti fondamentali. Così invece ci si condanna a un declino già in atto”.



Anche un altro noto economista toscano di area dem, Tommaso Nannicini, papà Jobs Act, già sottosegretario del governo Renzi e senatore Pd nella scorsa legislatura, è molto critico sull’accordo, ma è convinto che alla fine non avrà alcuno effetto. “Quel documento – dice – sembra lo strano frutto di un incontro tra la terza repubblica, quella iniziata con il M5s, e la prima. Da una parte ci sono tutte le bandierini tipiche del grillismo, il reddito di cittadinanza, il salario minimo, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e quant’altro. Dall’altra c’è tutta la sapienza della prima repubblica a trasformare queste bandierine in inefficaci titoletti”. Nannicini fa dunque una serie di esempi sugli argomenti di sua maggiore competenza, quelli di welfare e lavoro: “Si legge reddito di cittadinanza regionale – spiega – ma poi si capisce che è solo un’integrazione con fondi europei del reddito di inclusione nazionale. Si parla di riduzione degli orari di lavoro, ma poi si dice semplicemente che che si faranno studi e ricerche per capire se i dipendenti della regione potranno lavorare meno. Si scrive salario minimo regionale e poi ci si rende conto che semplicemente che nei bandi ci saranno dei punteggi premiali per chi tiene i salari più alti. Insomma, si fissano nei titoli obiettivi altisonanti per poi annacquarli per bene nei paragrafi esplicativi”.



A differenza di Nannicini comunque Petretto resta diffidente, non si fida della capacità di chi, dentro al Pd, ha saputo ben diluire le pretese dei 5 stelle. “Giani – dice il professore – è senza’altro abile, ma non so se riuscirà a svicolare da questi impegni e annacquare la portata delle sciocchezze contrattate. Ora sono impegni presi per iscritto e saranno richiamati, al momento opportuno, dalla Taverna e dai suoi consiglieri, anche perché, malgrado un’irrisoria forza elettorale, molti di questi andranno in posti strategici. A questo si aggiunge che purtroppo l’attuale classe dirigente del Pd regionale appare del tutto in linea con la visione grillina della Toscana e il suo sistema economico”.

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