Il tema non è cancellare l’obbligo vaccinale, ma farlo per mera ideologia

La Lega rilancia la proposta di abolire la legge Lorenzin, il governo è diviso. Ma il problema è la narrazione fuorviante che mette in discussione la sicurezza e l’efficacia dei vaccini: senza un sistema di sorveglianza efficiente e una cultura della prevenzione condivisa, togliere l’obbligo rischia di aprire la porta a nuove emergenze sanitarie

Negli ultimi giorni si è riaperta la discussione sull’obbligatorietà dei vaccini pediatrici, con la Lega che torna a chiedere a gran voce l’abolizione della legge Lorenzin, approvata nel 2017, che ha introdotto l’obbligo vaccinale per l’accesso a scuola. A farsi portavoce della proposta è stato il senatore Claudio Borghi, che ha annunciato nuovi emendamenti per cancellare la norma. Una posizione che non ha trovato però il pieno sostegno della maggioranza: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, pur non esprimendosi apertamente contro, ha frenato l’iniziativa, e anche all’interno di Fratelli d’Italia si è manifestata una certa ambiguità, con una frangia favorevole all’idea, ma senza un orientamento chiaro e condiviso. Al di là degli sviluppi politici contingenti, vale la pena porsi una domanda più profonda: l’obbligo vaccinale è davvero intoccabile? In realtà no. E’, come spesso accade in sanità pubblica, una scelta politica. Una decisione che può essere introdotta o rimossa, a seconda del contesto sociale, sanitario e culturale in cui ci si trova. Ma il punto centrale, oggi, non è tanto se abolire o meno l’obbligo, quanto il come e il perché si chiede di abolirlo.

In Italia, chi propone la fine dell’obbligo spesso lo fa alimentando una narrazione fuorviante, che mette in discussione la sicurezza e l’efficacia dei vaccini. Si tratta di una strategia retorica pericolosa, che mina la fiducia nella scienza e nelle istituzioni sanitarie. Ed è proprio questa narrazione a rappresentare il vero problema. Perché, come dimostrano diversi paesi del nord Europa, è possibile ottenere coperture vaccinali elevate anche senza obblighi imposti per legge.

Nei paesi scandinavi – Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca e Islanda – la vaccinazione pediatrica non è obbligatoria. Eppure, le percentuali di copertura sono tra le più alte d’Europa. In Svezia, ad esempio, il 97,5 per cento dei bambini riceve regolarmente il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia. In Finlandia, la copertura supera il 95 per cento per quasi tutti i vaccini raccomandati. Anche Danimarca e Norvegia mantengono tassi superiori al 90 per cento, con punte del 98 per cento per alcune vaccinazioni primarie. Questi risultati non sono il frutto del caso: derivano da un sistema sanitario efficiente, accessibile, capillare. Ma soprattutto, da un clima di fiducia reciproca tra cittadino e istituzioni, in cui l’informazione corretta è alla base delle scelte individuali e collettive. Il punto è proprio questo: nei paesi dove si riesce a costruire una cultura della prevenzione basata sulla consapevolezza, non sull’imposizione né tanto meno sulla cultura del sospetto e del complotto permanente, l’obbligo diventa superfluo. Ma questo equilibrio è fragile e non può essere replicato semplicemente cancellando una legge. E’ necessario creare le condizioni perché la popolazione continui a vaccinarsi spontaneamente, con la certezza che si tratta di un atto di protezione per sé e per la comunità.

In Italia, però, queste condizioni oggi non esistono. Prima ancora di discutere dell’abolizione dell’obbligo, bisognerebbe mettere mano a una vera anagrafe vaccinale nazionale e regionale, capace di monitorare in tempo reale le coperture e segnalare eventuali criticità. Senza questo strumento, è impossibile intervenire tempestivamente in caso di calo vaccinale. Eppure, chi oggi chiede con insistenza la cancellazione dell’obbligo sembra non avere alcun interesse a dotare il paese di un sistema di sorveglianza efficiente. Anzi, la loro attenzione è concentrata quasi esclusivamente su una campagna contro i vaccini, mascherata da battaglia per la libertà di scelta. In conclusione, si può certamente discutere dell’obbligo vaccinale, anche con l’obiettivo di superarlo un giorno. Ma non può essere una scelta ideologica, né tanto meno un pretesto per delegittimare la scienza e destabilizzare la sanità pubblica. Se l’abolizione viene accompagnata da una narrazione tossica, che alimenta sfiducia e paura, allora il calo delle vaccinazioni diventa inevitabile. E con esso, aumentano i rischi per la salute dei bambini, per la tenuta del Servizio sanitario nazionale e per l’intera collettività.

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