I dazi frenano le merci, ma il lavoro si muove senza sosta

Per star dietro agli ordini, lo stabilimento Fiat in Serbia farà ricorso a 800 operai provenienti dal Nepal e dal Marocco. Oltre al trionfante protezionismo trumpiano, bisogna fare i conti con chi emigra per lavorare, in modo da garantire a chi arriva diritti e alloggio in condizioni civili

Arrivano operai nepalesi in Europa. La notizia viene dalla Serbia e racconta come lo stabilimento Fiat di Kragujevac – dove si produce la Grande Panda – abbia urgente bisogno di manodopera per star dietro agli ordini. Non trovandola in loco, nonostante si stimino 9 mila persone in cerca di occupazione nella zona, farà ricorso a operai provenienti dal Nepal e dal Marocco. In totale 800 unità. Dalle informazioni che arrivano dalla Serbia pare infatti che il salario medio mensile di un lavoratore della Fiat arrivi a circa 600 euro che non sono considerati particolarmente appetibili dai giovani del luogo. Invece i nepalesi, che in patria di soldi equivalenti in euro ne guadagnano 900 ma in un anno, sono attratti dalle linee di montaggio della Panda. Del resto il Nepal deve fare i conti con un elevato tasso di povertà e un pil pro capite di 1.445 dollari e di conseguenza domanda e offerta di lavoro in questo caso si incontrano.

La notizia come tale si presta a diverse considerazioni, a cominciare da quella piuttosto scontata sulla rapacità del capitalismo. Ma scavando è altra la considerazione utile da mettere in campo. E riguarda le tendenze della globalizzazione: quella delle merci batte in testa e anzi deve fare i conti con un risorgente e trionfante protezionismo trainato dai dazi trumpiani, mentre quella del lavoro continua imperterrita il suo corso. Ci si sposta da un continente all’altro con una certa facilità pur di avere condizioni di lavoro relativamente migliori ma non sempre domanda e offerta combaciano. I governi quindi sono chiamati a fare i conti con questo tipo di emigrazione, a programmarla e a garantire a chi arriva diritti e alloggio in condizioni di civiltà. In Italia ad esempio pezzi della maggioranza di governo (la Lega) ancora non si vogliono arrendere a quella che appare una via demograficamente obbligata. Ed entrano in contraddizione con le esigenze di una parte della loro base elettorale (gli imprenditori) che ha bisogno di manodopera per rinnovare il turn over ma ha ancora timore di dirlo in faccia a Salvini.

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