Il blocco dell’adeguamento età pensionabile all’aspettativa di vita piace a Salvini e alla Cgil, ma è una svolta che contraddice la prudente politica di bilancio che finora ha dato credibilità al governo
Il governo Meloni ha costruito una solida credibilità, sui mercati internazionali e in Europa, per la sua politica economica prudente. Aveva ereditato conti pubblici in forte squilibrio: un deficit di bilancio medio dell’8% dal 2020 in poi e un debito pubblico in aumento sopra il 135% per l’effetto ritardato del Superbonus. In pochi anni, il governo di centrodestra – su cui c’erano tanti dubbi – è riuscito a stabilizzare il debito pubblico (chiudendo il Superbonus), è tornato dopo quattro anni all’avanzo primario nel 2024 e potrebbe scendere sotto il limite europeo del 3% di deficit già nel 2025, con un anno di anticipo rispetto al piano concordato con Bruxelles. Il tutto riuscendo a preservare una modesta crescita economica (non molto diversa dalla media europea) e incrementando l’occupazione.
Non a caso, questa linea è stata premiata dai mercati con una riduzione dello spread, un miglioramento della valutazione da parte delle agenzie di rating e, nel caso del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, con il riconoscimento di “ministro delle Finanze dell’anno” da parte di The Banker, la rivista mensile sulle questioni finanziarie del Financial Times. Buona parte di questo risultato è stato merito delle scelte politiche rigorose in tema di pensioni. Ora, però, il governo sembra intenzionato a fare l’esatto contrario, bloccando l’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. “Ho già parlato con il ministro Giorgetti incontrando la sua disponibilità a inserire il provvedimento all’interno della Legge di bilancio”, ha dichiarato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon.
Il previsto incremento dell’età pensionabile, dagli attuali 67 anni a 67 anni 3 mesi, sarebbe dovuto scaattare a partire dal 2027, in seguito all’aumento dell’aspettativa di vita certificato dall’Istat. Secondo Durigon il blocco è un provvedimento che costa poco, all’incirca 200 milioni di euro, ma non è così: secondo le stime interne dell’Inps, sebbene non ancora ufficiali, il costo è in realtà di 1-1,5 miliardi annui (2-3 miliardi sul biennio di blocco). Si tratta, ovviamente, di una misura che piace alla Lega di Matteo Salvini, che sulle pensioni ha un’agenda politica analoga a quella della Cgil di Maurizio Landini (abolizione della riforma Fornero e Quota 41 sono gli obiettivi dichiarati di entrambi), ma è una scelta che contrasta con la storia del centrodestra di governo, attuale e passato.
In primo luogo perché fu il governo Berlusconi nel 2010 con la riforma Sacconi a introdurre l’adeguamento dell’età pensionabile all’incremento dell’aspettativa di vita: un meccanismo doppiamente importante perché da un lato tutela la sostenibilità del sistema previdenziale nel lungo termine e dall’altro, attraverso una valutazione tecnico-statistica, sottrae la decisione alle pressioni immediate della polemica politica. L’adeguamento è infatti semiautomatico: l’Istat fa una valutazione tecnica aggiornando la misura della speranza di vita a 65 anni, la Ragioneria dello stato fa una valutazione contabile e infine il Mef valida la procedura con un decreto.
L’altro contrasto riguarda la politica economica rivendicata da Meloni e Giorgetti. Perché questo governo è stato il primo, dopo il governo Monti-Fornero, a ridurre la spesa tendenziale per le pensioni. Sia i due governi Conte sia il governo Draghi hanno infatti aggiunto risorse per le pensioni, soprattutto per gli anticipi. Il governo Meloni ha fatto il contrario: riducendo al minimo le uscite anticipate (da Quota 103 a Opzione donna) e, soprattutto, tagliando l’indicizzazione delle pensioni più elevate con un risparmio strutturale complessivo di 4 miliardi di euro annui. La scelta di andare verso la piena attuazione della riforma Fornero ha funzionato in due direzioni: da un lato la chiusura delle uscite anticipate ha contribuito all’incremento dell’occupazione (e quindi delle entrate fiscali e contributive), dall’altro i risparmi di spesa sono stati usati per tagliare le tasse ai lavoratori.
Bloccare adesso l’adeguamento dell’età pensionabile come richiesto da Salvini e Landini va contro tutto ciò che è stato fatto e, per giunta, contro gli allarmi di Giorgetti sulla demografia (“Nessun sistema pensionistico è sostenibile in un quadro demografico come quello attuale”, dichiarò il ministro alla Camera). Ma soprattutto, visti i vincoli del Patto di stabilità, il governo potrebbe impiegare molto meglio questi 2-3 miliardi: tagliando le tasse ai redditi medio-alti (che, al contrario di quelli medio-bassi, hanno subìto un aumento della pressione fiscale) o aumentare la spesa sanitaria.