Il pizzicotto di Giorgetti alle banche

Il ministro chiede di fare più credito, ma dimentica cosa non fa il governo

Il ministro Giancarlo Giorgetti ha ragione: ora che lo spread è ai minimi da 15 anni e il rating migliora, le banche devono fare la loro parte. Ma non basta un appello per invertire la rotta. L’ultimo – “un piccolo pizzicotto”, ha detto il titolare dell’Economia – è quello arrivato dal Meeting di Rimini, il secondo in meno di due mesi dopo le parole pronunciate all’assemblea dell’Associazione bancaria italiana lo scorso luglio. E’ vero che le banche italiane hanno beneficiato del risanamento dei conti pubblici e di garanzie straordinarie, ma la stretta al credito non è solo frutto di pigrizia o avidità, bensì di una struttura di incentivi che premia la prudenza e penalizza il rischio. Negli ultimi dieci anni, il passaggio da un sistema bancario esposto e fragile a uno più solido e patrimonializzato non è stato indolore: è anche la causa del crollo del credito alle imprese. Giorgetti ha più volte celebrato, giustamente, il calo dei crediti deteriorati dal 6 all’1,5 per cento, ma questo traguardo ha un prezzo: meno prestiti, soprattutto alle piccole e medie imprese, sempre più fragili.

Il vero nodo è il ruolo dello stato. Durante la pandemia ha assunto su di sé il rischio di impresa, con garanzie pubbliche che oggi non si sa se rendere strutturali o archiviare. Vogliamo uno stato che garantisca tutto, o un sistema in cui mercato dei capitali e cultura d’impresa crescano insieme? A parole si invoca il sostegno alle imprese. Ma nei fatti il governo toglie l’Ace – un incentivo a finanziarsi con capitale proprio – e interviene sui temi bancari a gamba tesa con golden power, dirigismo e stop alla ratifica del Mes. Così si blocca anche quel poco di integrazione finanziaria che potrebbe servire all’Italia e all’Europa.

Il governo non ha torto a chiedere più credito. Ma servono meno appelli e più riforme vere per cambiare le condizioni in cui banche, imprese e famiglie operano. Se nel paese ci saranno maggiori prospettive di crescita, le imprese avranno più voglia di investire e le banche di fare credito.

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