Da Salvini e Giorgetti fino a Tajani. In vista della prossima Legge di bilancio è partita la caccia alle risorse mentre crescono gli appetiti dei partiti di maggioranza. Tra bandierine da piazzare, idee ricorrenti (mai realizzate) e qualche tensione all’orizzonte
Per quest’anno non cambiare. Sarà che l’agenda agostana è sempre un po’ scarna, sarà il caldo e la manovra che s’avvicina. Così eccoli, tormentoni e proposte estivi che ciclicamente ritornano, stimolando appetiti e polemiche. Un po’ come il dibattito sugli extraprofitti e le banche cattive. Domenica a rianimare la (consueta) querelle c’ha pensato il ministro dell’Economia davanti alla platea del meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. Gli istituti di credito, ha detto Giancarlo Giorgetti con un sorriso un po’ sornione, “mutuano a condizioni più favorevoli: tutto questo deve tradursi poi alla fine in benefici concreti a favore delle famiglie”. Il leghista l’ha definito un “pizzicotto”, ma tanto è bastato al leader di Forza Italia Antonio Tajani per alzare la barricata forzista. “Siamo contrari”. “Niente blitz”. Tutto insomma secondo copione, era accaduto anche l’anno scorso. E alla fine una tassa sugli extraprofitti è stata effettivamente varata, solo che non era proprio una tassa ma un anticipo di quello che le banche avrebbero dovuto pagare in futuro. Difficile che a dicembre, quando la manovra dovrà essere approvata, vada diversamente. Ma intanto, sulla sabbia si può scrivere un po’ di tutto. E accanto agli extraprofitti ritorna pure la classica rottamazione delle cartelle e il taglio dell’Irpef, gli interventi sulla sanità. Mentre del Bonus natalità proposto sempre da Giorgetti a giugno (e non era la prima volta) si sono perse le tracce.
Quello degli sgravi per le famiglie, una sorta di Bonus bebè, è un po’ il cavallo di battaglia di Giorgetti. Ne aveva parlato nel 2023, poi nel 2024. E di nuovo a inizio estate, anche se dalle parti del ministero per la Famiglia, quello di Eugenia Roccella, pare non ne sapessero granché. E a differenza degli altri anni questa volta c’è di mezzo anche l’aumento delle spese militari a complicare ulteriormente il quadro. Poco male comunque, perché in Via Bellerio hanno già rispolverato un’altra arma, la rottamazione delle cartelle, la solita pace fiscale. Matteo Salvini ci prova e ci riprova. Neanche una settimana fa ha annunciato che è allo studio una misura per la manovra 2026. Il capo del Carroccio ha anche detto di voler togliere la prima casa dal calcolo Isee, recuperando una proposta del 2016 del centrodestra – erano i tempi del Popolo della libertà, con un emendamento di Paolo Tancredi.
In ogni caso la Lega è in buona compagnia in questa caccia alle risorse, che alimenta annunci e appetiti. Non ci sono molti dubbi che a breve FI proverà a rilanciare l’aumento delle pensioni minime, l’obiettivo restano sempre i mille euro. Nell’ultima Finanziaria tuttavia andò maluccio, per usare un eufemismo, trasformandosi in un boomerang: l’importo salì di soli 3 euro, per un totale di 603. Nel dubbio forse meglio puntare sul taglio dell’Irpef per il ceto medio, su cui anche Fratelli d’Italia sembra concordare. Tajani e suoi lo ripetono da mesi, praticamente dal giorno dopo l’approvazione dell’ultima finanziaria. E’ la loro priorità, spesso opposta alla rottamazione salviniana, anche se negli ultimi due anni, e pure nel primo trimestre 2025, la pressione fiscale è salita ancora. Nella manovra, ha spiegato in una nota alla vigilia di Ferragosto il deputato Maurizio Casasco, FI punta quindi alla “riduzione dell’aliquota dal 35 al 33 per cento fino a 60 mila euro lordi”. Il responsabile Economia ha fatto i conti, costerebbe circa 4 miliardi da reperire grazie all’aumento delle entrate tributarie. Risorse che gli azzurri vorrebbero utilizzare anche per la sanità a cui hanno dedicato, dopo le carceri, la campagna estiva di quest’anno, denunciando le criticità del sistema italiano. D’altra parte non c’è kermesse in riva al mare nella quale non si facciano annunci in materia sanitaria. La scorsa estate fu quella della legge sulle liste d’attesa, con Giorgia Meloni a metterci la faccia. Oggi quel provvedimento non sembra aver portato i risultati sperati. Il ministro della Salute Orazio Schillaci, tecnico in quota FdI (e un po’ traballante nelle ultime ore), ha assicurato alla Stampa che i risultati arriveranno: “Ci sono criticità. Ma il trend si sta invertendo”. Chissà. Ha annunciato inoltre che nella manovra in arrivo ci saranno due miliardi ulteriori per la sanità. Nella speranza che, almeno in questo caso, non si tratti solo di promesse, di quelle scritte ad agosto sulla sabbia.
Ruggiero Montenegro