Il bluff cinese per il dopoguerra ucraino

Una lettera di Xi nel Giorno dell’indipendenza di Kyiv. Ma restano i sospetti sulle garanzie di Pechino

Anche il leader cinese Xi Jinping, ieri, ha inviato una lettera al presidente ucraino Volodymyr Zelensky in occasione del 34º anniversario della Dichiarazione di indipendenza ucraina. Un atto puramente formale, ma che ha contribuito ad attenuare, almeno per il momento, la gestione diplomatica fra Pechino e Kyiv. Da poco più di due settimane, e cioè dal vertice fra il presidente americano Donald Trump e il presidente della Federazione russa Vladimir Putin, sono giorni di negoziati e colloqui, telefonate e incontri, ma anche di notizie non confermate, di manipolazione delle informazioni, di messaggi fatti filtrare per diversi scopi: da parte del Cremlino, l’obiettivo è sempre quello di rimandare la finalizzazione di un accordo e convincere il mondo – e soprattutto la volubile Casa Bianca di Trump – che a non volere la pace sia l’Ucraina. L’ipotesi di un intervento cinese nel piano di pace fra Mosca e Kyiv fa parte del tentativo di depotenziare le richieste di garanzie di sicurezza per l’Ucraina.



Alcune fonti diplomatiche dell’Unione europea, due giorni fa, hanno detto al giornale tedesco Welt che Pechino sarebbe stata pronta a inviare truppe di pace in Ucraina dopo un cessate il fuoco, ma solo nell’ambito di un mandato delle Nazioni Unite. La notizia è stata rilanciata da diversi media internazionali. Secondo la Welt, alcuni diplomatici ritengono che una forza di pace composta da paesi non-europei, magari con un coinvolgimento di truppe provenienti da paesi del cosiddetto Sud globale, renderebbe più accettabile per Mosca scendere a compromessi.

Ma un alto funzionario dell’Ue ha detto che “esiste anche il rischio che la Cina voglia soprattutto spiare l’Ucraina e che, in caso di conflitto, assuma una posizione chiaramente filorussa invece che neutrale”. Solo pochi mesi fa, Pechino aveva ufficialmente smentito la sua partecipazione nella cosiddetta Coalizione dei volenterosi con delle chiare dichiarazioni del ministero degli Esteri.



Non solo l’Europa, ma è soprattutto l’Ucraina a non fidarsi della Repubblica popolare e delle promesse di Xi Jinping. Anche perché la prima a suggerire un coinvolgimento della Cina nell’Ucraina post conflitto è stata la Russia, partner strategico di Pechino: durante una conferenza stampa mercoledì scorso, era stato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov a dichiarare che Mosca, nei negoziati diretti con Kyiv dell’aprile 2022, aveva accettato di lavorare a un sistema di garanzie di sicurezza che coinvolgesse tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, compresa la Cina.



Parlando ai giornalisti, anche Zelensky ha escluso la partecipazione di Pechino tra i garanti di Kyiv: “Perché la Cina non fa parte delle garanzie? Primo, la Cina non ci ha aiutato a fermare questa guerra fin dall’inizio”, ha detto Zelensky. “Secondo, la Cina ha aiutato la Russia aprendo il mercato dei droni”. Diversi media cinesi hanno rilanciato, criticandole, le parole del presidente ucraino, e il ministero degli Esteri di Pechino è stato costretto a reagire, tramite la sua portavoce Mao Ning: “E’ estremamente importante perseguire una sicurezza condivisa, globale, comune e duratura e contribuire a una soluzione politica della crisi in Ucraina. La Cina è pronta a svolgere un ruolo costruttivo a questo scopo”. Nemmeno l’Ue si fida del ruolo indipendente di Pechino nella crisi ucraina. Lo conferma la strisciante guerra commerciale attiva fra Bruxelles e Pechino, le sanzioni secondarie contro diverse aziende cinesi che contribuiscono alla guerra di Putin contro l’Ucraina, e il sospetto che dietro a ogni offerta di aiuto della Cina ci sia in realtà il disegno di un nuovo ordine globale costruito sulle regole degli stessi autocrati. Se quello russo è svelato, il bluff cinese è più difficile da mostrare.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: “Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l’Asia”, “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.

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