Con il ritiro di Marco Belinelli si chiude anche un’èra del basket italiano

Tutto iniziò nel 2019, con Sergio Rodriguez a Milano e Milos Teodosic a Bologna. È stata l’epoca del ritorno a casa dei migliori giocatori italiani e dell’importazione di alcuni campioni degli ultimi 15 anni di basket europeo

Ormai lo avevano capito tutti. Anzi, lo avevano detto tutti. Il presidente della Virtus Bologna Massimo Zanetti, i San Antonio Spurs, la squadra con cui ha vinto il titolo Nba, omaggiandolo prima del tempo con un post social. Perfino l’Inter, da lui tifata, si era accodata. D’altronde Marco Belinelli era stato chiaro: “Lo scudetto è stata la ciliegina, bisogna saper dire basta”. L’annuncio del ritiro, due mesi dopo, è servito a ricevere il doveroso tributo da tifosi e appassionati.

Un addio che è anche un sipario su una breve era della Serie A. Poco più di un lustro in cui grandi campioni hanno scelto l’Italia per competere ancora ai massimi livelli, o meglio, hanno scelto Milano e Bologna, dando vita a un duello che ha entusiasmato il basket italiano. Senza monopolizzarlo all’eccesso, se si pensa a come alcune realtà, Brescia, Trento, Napoli, siano riuscite a ritagliarsi i loro momenti di gloria tra Coppe Italia e finali scudetto. La diarchia però è evidente ed è partita dalla potenza economica delle proprietà, Armani e Segafredo, per arrivare in campo con giocatori indiscutibili per talento e mentalità.

Tutto è iniziato nel 2019, con Sergio Rodriguez a Milano e Milos Teodosic a Bologna. Nonostante il marchio indelebile del “Chacho” sul basket europeo, il serbo era stato un colpo più significativo, arrivava dalla Nba e mostrava le ambizioni della Virtus. Finalmente spuntava per l’Olimpia una rivale di pari lignaggio, contro cui le sconfitte sarebbero diventate accettabili e non più fallimenti. Il Covid ha ritardato le ostilità, succedutesi poi a suon di rilanci: Shields, Datome, Hines, Melli, Mirotic da una parte, Belinelli, Hackett, Shengelia, Polonara, Dunston dall’altra. Sono rimasti solo Shields, Hackett e Dunston, che ha cambiato canotta in estate. Un salto di qualità su due binari incrociati: il ritorno a casa dei migliori giocatori italiani e l’importazione di alcuni campioni degli ultimi 15 anni di basket europeo. Non se ne vedevano così tanti da un po’. Le conseguenze sono state appassionanti finali scudetto, tra tutte quella del 2022 conclusa a gara 7 in un Forum di Assago in festa, e il ritorno nello stesso anno di un derby italiano in Eurolega grazie alla vittoria in Eurocup della Virtus.

Eppure in queste annate permane un senso di incompiutezza, di possibilità sprecata dal basket italiano per fuoriuscire dalla propria nicchia. Numerosa, ferrea, ma pur sempre una bolla, per giunta fagocitata dall’exploit di altri sport. E se tennis e pallavolo (oltre al calcio) non fanno più notizia, anche il nuoto e l’atletica sono riusciti a prendersi degli spazi nell’opinione pubblica e nell’immaginario collettivo preclusi da un po’ alla pallacanestro. Difficile stabilire da cosa sia dipeso. Forse servivano risultati migliori in Eurolega. Magari più della vecchia leggenda si ha voglia di volti nuovi.

Insomma, ci vuole un successo. Chissà che non possa pensarci l’Italia di Pozzecco nell’imminente Europeo. In azzurro una nuova era c’è da tempo e di Belinelli si fa a meno già dal 2019. Sull’esempio della Nazionale femminile e della vittoriosa Under 20, il ritorno sul podio 22 anni dopo coronerebbe la grande estate del basket e farebbe dimenticare i campioni persi per strada dal campionato.

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