Come salvare il lavoro assediato dall’intelligenza artificiale? “Tornare a Marx”, dice l’ex presidente della Camera, che ci racconta l’’èra del post taylorismo visto da un ombrellone in fondo a sinistra
Perfino il caldo è incerto, quest’anno. Nebbia profonda e impossibili previsioni. Tra summit di forse-pace o forse-guerra, qualche domanda sotto l’ombrellone al presidente Bertinotti su questi tempi sbinariati. C’è da poco stato il vertice americano, nessuno può dire quei due schizofrenici a cosa stiano pensando. Intanto, forse, da questa parte, quella dell’Europa, qualcosa si comincia a vedere. Ho messo un forse. “Vedo molto opaca la presenza europea. Europa che ovviamente prova a darsi un tono, come in genere fanno gli esclusi quando acquisiscono la percezione di esserlo. Occorre mostrare una presenza, ma il punto è che il protagonismo che si è messo in luce con l’incontro dei due, lo vediamo, è già un protagonismo interno a una nuova fase. Anzi, per usare un temine classico, è un nuovo ciclo. Crisi della globalizzazione. Che ha tradito le promesse. Doveva essere una cornucopia, e invece eccola, la grande generatrice di diseguaglianze. Globalizzazione, ciclo liberale, idea di una multipolarità governata in nome del progresso. E gli elementi geopolitici evidenti sono le rinascite degli imperi, precisamente quello che la fase finale della modernità sembrava avere messo da canto in nome di un dominio crescente della scienza, della tecnica e del mercato. La grande divinità. E il nuovo ciclo dice: no, per niente, torna il sovrano. Come diceva quel genio – reazionario, ma sempre genio era – il sovrano è quello che decide dello stato di eccezione (Schmitt). E lo stato di eccezione è la guerra”. Che è stato quell’incontro? “Quell’incontro è stato il suggello. Di una realtà, quella russa, che era stata esclusa dal novero delle potenze, al massimo considerata una potenza regionale – e io credo che una delle ragioni per cui Putin ha voluto la guerra sia questa. La nuova èra è configurata dalle potenze imperiali. E da quel momento purtroppo diventa tutto irrilevante, l’Europa non è una potenza imperiale, e non essendo capace di inventare un paradigma diverso da quello mercantilista, finisce ai margini”.
Il Cambridge Dictionary ha scelto le parole nuove, quelle della lingua viva. C’è broligarchy. Oligarchia dei fratelli, e i fratelli sarebbero quelli della finanza tecnologica. “Preferisco un’altra definizione. Fornita da un reazionario, Bannon. Che usa la formula tecnofeudalesimo. E’ una definizione più politica, assume il tecno ma gli affianca il sovrano, una potenza politica non più nella modernità e dunque possibilmente persino democratica, ma che torna al comando, all’impero”.
Restiamo sul tecnologico. Perfino nel mio lavoro utilizziamo i sistemi di AI. Riescono a fare il lavoro di un buon maggiordomo. “Ha detto una parola perfetta: maggiordomo. Quindi anche per questa via stiamo tornando alla condizione feudale. Poi gli schiavi magari si ribellano”. Tanti cominceranno ad averli come dipendenti, quei sistemi. Abbiamo visto che si può fare. Siamo in un’altra rivoluzione industriale. “Siamo al post taylorismo”. E secondo me non abbiamo ancora la struttura e i nervi per gestirlo. “Secondo me invece non abbiamo la politica. Nel senso più nobile, la capacità di immaginare una radicale trasformazione. Naturalmente per quelli con la mia storia si chiama rivoluzione, ma si potrebbe chiamare anche altrimenti. Un cambiamento di epoca. La politica, quando è grande, guida. Anzi trasforma il cambio di paradigma della società”.
Perché dice che siamo nel tempo dell’apocalisse? “Conflitto pace e guerra, dominio della tecnica o riconquista dell’umano. Siamo a bivi che non ammettono il terzo. Il tempo dell’apocalisse, appunto. E in questi tempi, la politica o è sovrana o è niente”. Quindi? “Delle due l’una. O questa tendenza in essere continua così, oppure si cambia modello. Faccio un esempio: siamo a una sostituzione del lavoro vivo, giusto? Con il lavoro morto. Si può andare avanti con disuguaglianze terribili, o si torna alla profezia di Marx secondo cui si esce dal lavoro salariato – quello definito astratto – e si libera tanta parte dell’umano dalla sudditanza del lavoro, gli viene attribuito un reddito per vivere. Hai diciotto anni? La ricchezza che si accumula nel mondo ti dà diritto a una rendita a vita. La mattina lavori a un’attività seriale, a mezzogiorno suoni musica, il pomeriggio leggi, la sera scrivi”.
Le racconto del sindacato silenzioso dei lavoratori più giovani. Il job hopping. Si dimettono e cercano la retribuzione annua lorda migliore, e poi ancora e ancora. E’ una soluzione che hanno trovato? “Esisteva anche nel ’900. Si chiamava aristocrazia operaia. E’ un dibattito ormai passato di scena, ma negli anni 60 era forte, la discussione teorica sul lavoro. Il sistema però impedisce di vedere la disuguaglianza, vediamo l’effervescenza e non vediamo la casamatta. I metalmeccanici a 56 ore di sciopero non fanno notizia senza avere il tavolo della trattativa. Perché? Perché sono classici. Perché non sono post moderni”.
Negli ultimi vent’anni chi ha fatto una cosa buona? Una. “I tentativi di cose buone ci sono, ma tutte molecolari, sono tantissime”. Nominiamone una. “Il nucleo di operai che ha realizzato la grande vertenza su Whirlpool. Gkn. Sul terreno della società civile la costruzione di asili e scuole gratuite per immigrati, di forme di solidarietà cattoliche e laiche. La società pullula di esperienze straordinarie”. E il legislatore? “Nulla. Il legislatore è contro. Sistematicamente contro il lavoro. Quello che è promettente per il futuro sono le esperienze conflittuali e creative nella società civile. Che è divisa in due. L’alto è costituito dalle imprese e dall’economia, il governo. Sotto la società civile vive una vita propria, disinteressandosi di quella sopra.
Due domande finali e rapide. Il nuovo Papa? “Lo trovo un Pontefice molto interessante. Lo dico da partigiano di Papa Francesco”. Chiudiamo. Che direbbe a un ragazzo di vent’anni? “Fai quel che puoi, purché sia contro”.