Israele contro accordi parziali che fanno solo il gioco di Hamas

L’organizzazione terroristica accetta l’ultima proposta di cessate il fuoco coordinata da Egitto e Qatar. Ma le intese graduali corrodono la coesione nazionale israeliana, e la posizione di Gerusalemme rimane la stessa: “Tutti gli ostaggi, tutti gli obiettivi di guerra”

“Abbiamo gli ostaggi israeliani dove li vogliamo”. Questa era la strategia delineata nel giugno 2024 da Yahya Sinwar, il leader di Hamas che sarebbe poi stato ucciso da Israele quattro mesi dopo. Hamas ora annuncia di aver accettato l’ultima proposta di cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi coordinata da Egitto e Qatar, ha dichiarato un alto funzionario di Hamas, Basem Naim. Ma la nuova posizione di Gerusalemme su un possibile cessate il fuoco rimane la stessa: “Tutti gli ostaggi, tutti gli obiettivi di guerra”. Finora, la formula era qualche ostaggio qui, qualche ostaggio là, in cambio di tregue temporanee, liberazioni di terroristi e concessioni umanitarie.

L’accordo proposto da Hamas includerebbe il ritiro israeliano di un chilometro nella parte settentrionale e orientale di Gaza, escluse Shuja’iya e Beit Lahiya. Hamas rilascerebbe metà degli ostaggi vivi e diciotto deceduti in cambio di sessanta giorni di cessate il fuoco, con la liberazione iniziale di dieci ostaggi vivi, seguita da negoziati per porre fine alla guerra, rispecchiando l’accordo originale già fallito. Tre settimane e mezzo fa, Hamas ha chiesto il rilascio di duecento terroristi che scontano l’ergastolo nelle carceri israeliane. Altri aiuti umanitari, tra cui carburante, acqua, elettricità, riabilitazione di ospedali e panifici e attrezzature per la rimozione dei detriti, verrebbero inviati a Gaza. Il piano include anche revisioni al dispiegamento delle forze nella Striscia di Gaza. Si parla anche del possibile esilio di diversi leader di Hamas all’estero, tra cui Izz al Din al Haddad, nuovo capo dell’ala militare di Hamas a Gaza. L’annuncio è arrivato mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump avvertiva Hamas su Truth che avrebbe affrontato la “distruzione” se avesse rifiutato l’accordo, sostenendo al contempo la strategia su Gaza del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che va avanti coi piani di conquista di Gaza City.

Il pensiero nell’establishment di sicurezza israeliano è che gli accordi parziali abbiano solo prolungato l’incubo. Ogni volta che Israele ha accettato un rilascio graduale, Hamas ha chiesto di più. Più tempo, più potere, più terroristi liberati e più pressione per fermare le operazioni militari. Far aspettare Israele, tenere il mondo a guardare, tenere le famiglie divise e lasciare che l’organizzazione terroristica prenda le decisioni. Dopo l’attacco del 7 ottobre 2023, si credeva che Hamas avesse 30mila combattenti, organizzati in cinque brigate. A metà gennaio 2024, Israele stimava di averne eliminati novemila. Da gennaio a marzo 2025, a Gaza c’è stato il cessate il fuoco. Le forze di Hamas si sono riorganizzate, tanto che il ministro israeliano per gli Affari strategici Ron Dermer ha pubblicato un filmato in cui parla con l’ex ambasciatore statunitense David Friedman. “Nessuna forza sarà in grado di prendere il controllo di Gaza se ci saranno ancora 20mila terroristi di Hamas”.

Hamas ha perso brigate e battaglioni, ma continua a rimpinguare i ranghi. Gli accordi graduali corrodono la coesione nazionale israeliana, prolungano il trauma e scatenano proteste e recriminazioni interne in una società logorata da due anni di guerra, lutto e disordini politici. Per Hamas, gli ostaggi sono strumenti di guerra cognitiva, progettati per erodere il morale d’Israele e frantumarne la coesione.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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