Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore – “La storia non sarà gentile con coloro che non hanno lottato per la libertà” (Winston Churchill, maggio 1940).
Michele Magno
In compenso di solito chi ha lottato per la libertà, a posteriori, ha sempre grande clemenza per i farabutti che hanno lottato per non difenderla fino in fondo, la libertà. Cheers.
Al direttore – A Gaza si sta consumando una catastrofe umanitaria di proporzioni insostenibili. Ogni giorno aumenta il numero delle vittime, in gran parte civili, con donne e bambini tra i primi a pagare. Ospedali distrutti, famiglie spezzate, interi quartieri rasi al suolo, emergenza sanitaria e alimentare: le immagini che arrivano parlano di una tragedia senza precedenti, un dramma che interpella la coscienza di tutti e che esige una risposta immediata. Occorre fermare immediatamente le ostilità e avviare un percorso politico verso una pace stabile. L’attacco del 7 ottobre ha mostrato al mondo il volto più crudele e disumano del terrorismo di Hamas: massacri indiscriminati, rapimenti, uso di civili come scudi umani, ostaggi trattenuti in condizioni disumane. Atti che violano ogni principio di diritto e umanità, e che meritano la più netta condanna. Hamas non rappresenta il popolo palestinese: ne soffoca la libertà, ne tradisce la causa, ne strumentalizza il dolore. La sua strategia di violenza permanente è incompatibile con qualsiasi prospettiva di pace. Ma la reazione militare del governo Netanyahu, fatta di bombardamenti massicci e assedio prolungato, rischia di ottenere l’effetto opposto. Oltre a moltiplicare dolore e distruzione, senza offrire reali prospettive di sicurezza, ha isolato Israele nel mondo, alimentando un ciclo infinito di brutalità. Il rischio di un’escalation è concreto e richiede un’iniziativa tempestiva di Europa e Nazioni Unite con tre obiettivi precisi: cessate il fuoco immediato; liberazione di tutti gli ostaggi nelle mani di Hamas; accesso pieno e sicuro agli aiuti umanitari per la popolazione. La via d’uscita non può che passare dal ripristino del diritto e dall’intervento della comunità internazionale, dalla ricostruzione di un dialogo con la rappresentanza democratica del popolo palestinese, a partire dall’Anp, e tornare a lavorare alla soluzione di due stati indipendenti, sicuri e pienamente sovrani. Il cessate il fuoco non è soltanto un atto di umanità: è la condizione indispensabile per aprire un negoziato vero e costruire una pace che duri. Senza far tacere le armi, ogni tentativo di dialogo resterà vano. Ma non basta fermare le bombe: serve ricostruire fiducia, ponti, relazioni tra due popoli che hanno il diritto di vivere in sicurezza e libertà. L’iniziativa del governo italiano a sostegno dell’emergenza umanitaria rappresenta un segnale importante, ma deve essere parte di un’azione internazionale coordinata, per evitare che gli aiuti vengano distorti o strumentalizzati. Allo stesso tempo, serve un impegno diplomatico deciso per fermare ogni progetto di annessione della Cisgiordania e di Gaza, che violerebbe il diritto internazionale e aggraverebbe la crisi. Il riconoscimento ufficiale dello stato di Palestina – distinto e distante dall’organizzazione criminale di Hamas – da parte della comunità internazionale e del nostro governo sarebbe un atto politico di alto valore simbolico, capace di ridare fiato all’unica prospettiva credibile di convivenza pacifica. Fermare la guerra significa ridare dignità a ogni vita, dare un futuro nel lavoro e nella democrazia a chi oggi conosce solo la paura, restituire speranza a chi crede ancora che un domani sia possibile. Perché la pace non è un sogno, non basta invocarla per ottenerla né nasce in un giorno. Ma può cominciare in un istante. La pace giusta e duratura è una scelta e richiede azioni concrete, che dobbiamo avere la forza di compiere con volontà politica e coraggio morale.
Daniela Fumarola, segretaria generale Cisl
Gentile Fumarola. La sua lettera contiene molti passaggi di buon senso, in primis la necessità di una iniziativa diplomatica finalizzata al cessate il fuoco (detto tra parentesi, se da subito, dal giorno successivo al 7 ottobre ci fossero state accorate iniziative diplomatiche contro Hamas, a favore del suo disarmo, a partire dalle amate Nazioni Unite, non saremmo forse arrivati al punto in cui ci troviamo oggi). Sul tema del riconoscimento unilaterale della Palestina le offriamo una chiave diversa. Le ricordiamo che riconoscere unilateralmente lo stato palestinese non all’interno di una trattativa è il più grande regalo che si possa fare a chi non riconosce Israele e a chi usa il terrorismo per ottenere risultati politici. Non lo diciamo noi. Lo dice Hamas: “L’iniziativa di diversi paesi di riconoscere uno stato palestinese è uno dei frutti del 7 ottobre. Abbiamo dimostrato che la vittoria su Israele non è impossibile e le nostre armi sono un simbolo della dignità palestinese”. Firmato: Ghazi Hamad, membro dell’ufficio politico di Hamas che fa base in Qatar.