L’affaire della studentessa palestinese di 25 anni che su X moltiplicava gli appelli a uccidere gli ebrei mette a nudo falle nei controlli francesi su visti e borse di studio per studenti palestinesi, rivelando una gestione controversa tra diplomazia, ideologia e sicurezza. Colloquio con l’ex ambasciatore francese in Algeria
Parigi. L’affaire Nour Atallah, dal nome della studentessa palestinese di 25 anni che su X moltiplicava gli appelli a uccidere gli ebrei ma è riuscita a ottenere borsa di studio e visto per sbarcare in Francia, non si è concluso domenica quando il ministro degli Esteri di Parigi, Jean-Noël Barrot, ha annunciato che la ragazza era stata espulsa verso il Qatar, il primo paese a farsi avanti per accoglierla. E’ un affaire che va oltre il caso specifico di questa “propagandista di Hamas”, come l’ha definita il ministero dell’Interno francese Bruno Retailleau, e che rivela una certa vulnerabilità della Francia, oltre a sollevare una serie di interrogativi di carattere politico-ideologico sull’operato del consolato francese di Gerusalemme, a partire dai criteri di filtraggio delle persone evacuate da Gaza verso Parigi. “Sono i servizi culturali del consolato francese a Gerusalemme, insieme a Campus France, l’ente incaricato di far passare i test di lingua, che hanno selezionato gli studenti di Gaza (sarebbero 292, ndr) tra cui Nour Atallah, concedendo loro, se necessario, una borsa di studio. La 25enne avrebbe dovuto iniziare i corsi a Sciences Po Lille a settembre, ma grazie all’account Sword of Solomon si è scoperto che celebrava i massacri di Hamas e elogiava Hitler. E la sua iscrizione è stata annullata. E’ evidente che si tratta di una grave falla nel sistema di selezione, perché non sono state effettuate nemmeno le verifiche di base, ossia la semplice consultazione degli account social. L’aspetto più grave è che non si tratta di un episodio isolato”, dice al Foglio Xavier Driencourt, ex ambasciatore francese in Algeria ed ex giudice della Corte nazionale del diritto d’asilo. La scorsa settimana è emerso un nuovo caso: quello di Fady Hossam Hanouna, 37 anni, rifugiato palestinese evacuato in Francia venerdì 25 luglio e collaboratore regolare di France 24. Come Atallah, Hanouna è un professionista dell’antisemitismo sui social. “In fin dei conti, gli ebrei sono dei figli di puttana e sono favorevole a ucciderli e bruciarli come ha fatto Hitler. Questo mi renderebbe estremamente felice”, ha scritto su Facebook in arabo. Un messaggio che nel 2022 gli costò la collaborazione col New York Times, per il quale lavorava come fixer da Gaza, ma che gli ha comunque permesso di atterrare in Francia pochi giorni fa. Per Driencourt, c’è anche un problema politico-ideologico.
“In questi giorni, il mio collega Éric Danon, ex ambasciatore francese a Tel Aviv, ha spiegato bene in un’intervista su Europe 1 che i servizi consolari francesi a Gerusalemme sono in realtà gestiti da agenti palestinesi locali, che hanno una certa prossimità intellettuale con Hamas”, spiega al Foglio Driencourt, evocando un precedente: “Il caso della studentessa palestinese mi ha fatto tornare in mente l’affaire George Habash (fondatore del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, ndr). Quest’ultimo, nel 1992, beneficiò di un visto per cure mediche che gli permise di curarsi in Francia. Anche all’epoca il visto fu concesso dal consolato francese di Gerusalemme, ma oltre alle polemiche, per il caos amministrativo, l’allora ministro degli Esteri Roland Dumas chiese e ottenne le dimissioni del suo capo di gabinetto, Bernard Kessedjan, e del segretario generale del ministero, François Scheer. Un’altra Francia”. La tradizionale diplomazia pro-araba del Quai d’Orsay ha un suo peso nella decisione di evacuare centinaia di studenti da Gaza verso Parigi, ma Driencourt parla anche di “naïveté”. “C’è un certo candore, una certa ingenuità da parte della Francia nel pensare che tutti i palestinesi sono oppressi e a prescindere dalle loro idee politiche possono venire a Parigi a studiare”, dice al Foglio l’ex ambasciatore francese in Algeria, prima di aggiungere: “Nour Atallah e gli altri studenti sono cresciuti a Gaza, nell’estremismo di Hamas, organizzazione terroristica e totalitaria che governa da vent’anni. Sono imbevuti di ideologia islamista”. Come ha scritto il giornalista e intellettuale Arnaud Benedetti sul Journal du dimanche, “appartengono a una generazione socializzata nella gabbia di ferro del fanatismo propagato da Hamas”. Yonathan Arfi, presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia, ha dichiarato al Point che il riconoscimento della Palestina come stato indipendente da parte del presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, è un segno di “debolezza” e una “ricompensa a Hamas”. “Di certo – sottolinea Driencourt –, dopo quello che è successo la scorsa settimana con Atallah, il riconoscimento della Palestina arriva nel momento peggiore”.