Sul decreto Sport Meloni paga dazio al Quirinale: via le norme contrastate dal Colle

Dopo una lunga trattativa la resa del governo: saltano gli emendamenti contestati. Le critiche di Palazzo Chigi a Abodi e la cautela della premier

Emendamenti che scompaiono sulla spinta del Quirinale dopo aver tentato un braccio di ferro, decreti legge che diventano disegni di legge per evitare ulteriori frizioni. E poi provvedimenti annunciati, come quello sullo scudo penale per i medici, che alla fine saltano sul più bello. L’ultimo Consiglio dei ministri prima delle vacanze estive è un “entra ed esci” continuo. Una ricerca di equilibrio con gli uffici legislativi del Colle. Tutto viene soffocato da parole come “interlocuzioni” e “riflessioni in corso”. L’effetto che restituisce dall’esterno questa situazione è quella di un caos calmo prima della campanella. Il caso più clamoroso riguarda il decreto Sport. Dopo una lunga trattativa la maggioranza su spinta del governo aveva modificato solo l’articolo 11 inviso al Colle, tenendo il punto sull’articolo 9 quater, quello che prevedeva, per eventi con contributi pubblici sopra ai 5 milioni di euro, l’ingresso di Sport e Salute.



La faccenda arriva a un epilogo clamoroso dopo giorni di trattative accompagnate da parole di sfida del ministro Andrea Abodi. L’accordo di massima, comprensivo di rischi, prevedeva che saltasse l’articolo 11 e che rimanesse il 9. A metà pomeriggio ecco il titolare dello Sport: “Si sta lavorando su due commi dell’articolo 11”. A dirlo è il ministro dello Sport Andrea Abodi, a margine della riunione della commissione Cultura del Senato, che ha esaminato le modifiche al Dl Sport. “Per quanto mi riguarda io ho fatto un passo di lato e adesso saranno la commissione e il Parlamento, con la mediazione del governo, a discutere con il Quirinale”. Timori per un’eventuale mancata promulgazione della legge da parte del Quirinale? “Se andiamo avanti evidentemente no, rispettosamente no”, conclude Abodi che però non è presente in Consiglio dei ministri. Al contrario di Meloni, che lo presiede. La quale quando legge queste parole chiama in disparte il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani: “Non possiamo andare a uno scontro con il Colle”. E così proprio Ciriani si precipita in Senato per far saltare anche l’ultimo articolo, di prima mattina considerato un punto di caduta nella trattativa, con il governo convinto che al massimo dal Quirinale sarebbe arrivata la promulgazione della legge con una lettera di accompagnamento per stigmatizzare l’emendamento voluto a tutti i costi. Così non è stato. Raccontano di una premier abbastanza adirata con il titolare dello Sport che non doveva parlare pubblicamente durante la trattativa. In questo clima anche il decreto Semplificazioni per le imprese, a cui ha lavorato alacremente il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, si è trasformato in un disegno di legge che chissà quando vedrà la luce. Sarebbe stata una prima mossa, voluta da Confindustria, per aiutare le aziende a velocizzare le pratiche in tempi di dazi: una ventina di articoli in tutto. Si è preferito il ddl mancando forse i requisiti d’urgenza. Così come per dinamiche interne è saltato il ddl sullo scudo penale per i medici portato dal ministro Orazio Schillaci in cdm. Su questo argomento la Lega si è messa di traverso dopo una difesa d’ufficio di Francesco Lollobrigida. Sicché la premier, con il Guardiasigilli Carlo Nordio, alla fine ha preferito rimandare per ulteriori approfondimenti. L’iniziativa è considerata anche se giusta nel merito poco popolare, visti i problemi che attanagliano la sanità. Salta anche un altro provvedimento: quello di riforma sull’ordinamento forense. Gioisce invece il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara che annuncia l’assunzione a tempo indeterminato di 347 dirigenti scolastici, 48.504 docenti, di cui 13.860 di sostegno, 44 unità di personale educativo, 6.022 insegnanti di religione cattolica e 10.348 unità di personale amministrativo, tecnico e ausiliario.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

Leave a comment

Your email address will not be published.