In mezzo alle varie partite diplomatiche attorno agli equilibri in medio oriente, c’è una strategia diversa rispetto a quella di Francia, Regno Unito e Spagna. E potrebbero affiancarsi altre svolte
Europa, Israele, Gaza. Sono mesi drammatici per Gaza, lo sappiamo, e le immagini del conflitto, giorno dopo giorno, offrono sempre minori ragioni per essere ottimisti sul futuro del medio oriente. Attorno agli equilibri in medio oriente, le partite diplomatiche che si stanno giocando sono almeno tre. La più importante, e silenziosa, è quella che riguarda i paesi arabi, da mesi candidati ad avere un ruolo centrale in una possibile transizione a Gaza. La più rumorosa, ovviamente, è quella trumpiana, il cui fine è quello di mettere in campo una politica di softpower robusta per spingere Netanyahu lontano da Gaza. La meno importante, ma che comunque inizia a muoversi, è quella europea, tra le diplomazie mondiali, e seppure con mille cautele qualcosa si muove.
La Francia e il Regno Unito, nell’ultima settimana, hanno annunciato, come aveva già scelto di fare la Spagna, di essere pronti a riconoscere unilateralmente la Palestina, senza far seguire questa scelta a un’eventuale trattativa finalizzata al riconoscimento dei due popoli e due stati, come si tentò di fare nel 2000 a Camp David. L’Italia, insieme con la Germania, ha scelto una strada diversa: chiedere un cessate il fuoco senza fare un passo in avanti nella legittimazione anche indiretta di Hamas. A questa strategia, di prudenza, se ne affianca un’altra. E sarebbe una svolta: niente riconoscimento della Palestina, niente sanzioni europee, ma apertura a un gesto simbolico: sospendere Israele dal programma scientifico Horizon. Svolte in arrivo? Chissà.
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