Da Bignami a Fidanza passando per Lucaselli e Filini: il dossier delle tariffe è affidato a un nucleo ristretto di eletti. L’argomento è complicato dal punto di vista tecnico e soprattutto politico
L’argomento è scivoloso. Non solo perché i dazi imposti dalla Casa Bianca sono ancora avvolti da tecnicismi da sciogliere. In mezzo c’è Donald Trump, l’ “amico” della premier Giorgia Meloni, colei che si prefigge di ergersi, concava e convessa, a ponte fra gli Stati Uniti e l’Unione europea di Ursula von der Leyen. Uno scenario così complesso che ha costretto Fratelli d’Italia a compilare una lista ristretta di “eletti”, nel duplice senso del termine, che possono andare in televisione a spiegare la linea del governo e dunque del partito di Via della Scrofa. Nella pancia del partito meloniano sono in molti a friggere per andare in tv: vanità delle vanità, tutto è vanità. Ma non si può sbagliare perché le opposizioni da Italia viva ad Avs sui dazi hanno trovato un terreno fertile di scontro, complice anche la saldatura con i timori delle associazioni produttive. (Canettieri segue nell’inserto XIV)
Ecco allora la squadretta dei “dazisti” di FdI scelta in base alle competenze e alla vis polemica, più le prime che la seconda, perché uno strafalcione può risultare fatale nell’èra delle clip social che possono diventare virali. Si spiega così la discesa in campo dei capigruppo di Camera e Senato, Galeazzo Bignami e Lucio Malan. Chiamati dal partito e da Palazzo Chigi a scendere nell’arena televisiva. Malan si è affacciato ieri mattina a Sky Tg24 per ribadire che la decisione di usare i fondi del Pnrr per aiutare le imprese colpite dai dazi spetterà a Bruxelles e per ricordare che la questione del gas da acquistare dagli Usa inizia con il governo Draghi. Al di là di questi appunti la posizione dell’Italia resta complicata e quindi il messaggio va calibrato al millimetro. Ecco perché un altro dei pochi eletti a spiegare la posizione di Fratelli d’Italia è Francesco Filini, deputato senza velleità di apparire, braccio ambidestro del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari che gli ha lasciato in eredità la delega al programma del partito. Filini è inoltre il responsabile del centro studi del partito che con costanza sforna dossier su dossier, a uso interno e non divulgabili, per i parlamentari. E’ il custode e l’estensore della linea politica parlamentare ed è stato deciso dal suo mentore che faccia parte del ristretto pacchetto di mischia dei “dazisti tv” nei talk e nei programmi di approfondimento dove c’è un minimo di contraddittorio, al di là delle dichiarazioni dei panini dei telegiornali. Spunta un po’ ovunque, da La7 alla Rai, passando per Tv2000 Ylenja Lucaselli, deputata economica di FdI e volto tv. Costretta allo slalom per dire che occorre prendere tempo prima di dare un parere visto che l’accordo ancora non è dettagliato e che grazie a Meloni Ursula von der Leyen ha evitato di spingere l’Europa verso la cina evitando così una guerra commerciale non banale. Non sono giorni semplici per chi deve minimizzare, vedere il bicchiere mezzo pieno dei dazi, cercando anche di rovesciare il tavolo contro il Pd che alla fine appoggia la presidente della commissione Ue. Zigzagando a colpi di zapping capita di incontrare Marco Osnato presidente della commissione Finanze della Camera, un fratello d’Italia tendenza Milano dunque La Russa (è sposato con la figlia del fratello di Ignazio, Romano). Nemmeno dalla sua bocca escono parole incendiarie, ma frasi alla camomilla: niente panico, staremo vicino alle imprese, l’Europa non è matrigna ma l’abbiamo sostenuta. Sono concetti che ribaltano anche anni di vecchio racconto di Fratelli d’Italia verso le tecnocrazie di Bruxelles. E sono dunque il dazio che il partito di Meloni paga per questa svolta ormai governista anche nella Ue. Se le opposizioni hanno gioco facile davanti alle stime del Pil e agli appelli del mondo economico a “fare presto”, a destra di FdI c’è la Lega. Soprattutto a Strasburgo dove i Patrioti di Salvini hanno iniziato il sabba sopra Palazzo Berlaymont anche loro in un cortocircuito che suona così: Ursula è una tragedia, Donald fa gli interessi del suo paese perché Ursula non tutela gli stati membri. Fratelli d’Italia si trova in mezzo, anche in questo caso. E nella lista dei deputati a parlare senza inciampi e sbavature spuntano Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia a Strasburgo. Anche le sue parole sono piene di valeriana sulle conseguenze economiche e cicuta per le opposizioni, specie il Pd, che ha sostenuto in vari passaggi parlamentari la presidente della Commissione Ue succeduta a se stessa. E la posizione di Meloni non è scomoda? Semplice: le trattative per i dazi sono state portate avanti da Bruxelles e non dai singoli stati. Quindi non citofonate a Palazzo Chigi. Ragionamenti che sgorgano anche da Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr, la famiglia dei Conservatori che deve guardarsi alle spalle dagli assalti salvianian-lepenisti-orbaniani. Mentre scriviamo l’ufficio studi ha sfornato l’ennesimo dossier sui dazi a uso e consumo dei custodi della linea in tv.