“Se gli stati arabi chiedono pubblicamente che il gruppo terroristico si disarmi e vada in esilio, è ora che lo faccia anche l’occidente. Questo è il vero cambiamento di paradigma di cui il medio oriente ha bisogno”, dice Dan Feferman, cofondatore e condirettore di Middle East 24
Tel Aviv. “Questa settimana due terremoti diplomatici hanno scosso la questione israelo-palestinese – racconta al Foglio Dan Feferman, esperto in relazioni diplomatiche tra Israele e mondo arabo, cofondatore e condirettore di Middle East 24 – Prima il presidente della Francia, Emmanuel Macron, ha annunciato l’intenzione di riconoscere uno stato palestinese. Poi il premier britannico Keir Starmer ha lanciato un avvertimento: se Israele non porrà fine alla guerra a Gaza anche il Regno Unito si unirà al riconoscimento unilaterale. Il Canada si è unito al coro il giorno successivo. Questi annunci, pensati principalmente per il teatro politico di elettorati decisamente fragili, sono oro che cola per Hamas e mostrano una tragica incomprensione delle dinamiche regionali. Non metteranno fine al conflitto, ma inviano un messaggio chiaro: il terrorismo funziona meglio della diplomazia”. Nel frattempo, i leader del mondo arabo – tra cui Arabia Saudita, Egitto e Qatar – hanno condannato pubblicamente Hamas: ne hanno chiesto il disarmo e hanno preteso che lasci il controllo della Striscia.
“E’ una svolta enorme. Mentre le democrazie occidentali stanno premiando un gruppo terroristico che ha ucciso, stuprato e rapito civili, gli stati arabi stanno chiamando Hamas per quello che è e ne chiedono la rimozione, a dispetto delle dichiarazioni del mondo occidentale che riguardano meno la costruzione di una pace duratura e più il tentativo di accontentare le pressioni politiche interne, provenienti dalle popolazioni musulmane in crescita, molte delle quali vedono Hamas come ‘combattenti per la libertà’. La frustrazione verso Israele è comprensibile, a causa del peso di una complessa guerra urbana, gli alti numeri di vittime civili e l’incapacità di Israele di articolare in modo chiaro un piano per il ‘giorno dopo’. Tuttavia – continua – Hamas ha ripetutamente rifiutato ogni proposta di cessate il fuoco, come confermato dai mediatori statunitensi, egiziani e qatarini. La strategia del gruppo terroristico si basa interamente sul provocare Israele in una risposta militare, nascondersi tra i civili e strumentalizzarne la sofferenza umanitaria davanti alle telecamere. E’ uno schema ben preciso: commettere atrocità, provocare rappresaglie e usare i canali mediatici per inondare il mondo con scenari di distruzione. Se necessario, utilizzando immagini provenienti dalla Siria o dallo Yemen, inviando uomini armati a dirottare i camion degli aiuti per nutrire le proprie milizie, mentre i civili acquistano a prezzi centuplicati quello che doveva essere gratuito”.
La distribuzione degli aiuti da parte di Israele è stata maldestra, conferma Feferman: “Ma non è stato l’esercito israeliano a bloccare gli aiuti ai confini, bensì l’Onu, impegnato a farli passare attraverso Hamas. Perché se il gruppo terrorista perde il controllo su cibo e forniture, perde il controllo di Gaza e così, anche l’Unrwa perde la sua rilevanza”.
Cosa succede, dunque, se l’occidente riconosce unilateralmente uno stato palestinese? “Si costituirebbe uno stato fallito fin dal suo principio: senza confini e senza leadership. Sarebbe disastroso sia per gli israeliani sia per i palestinesi. E’ un regalo per Hamas, che affermerebbe: ‘la nostra strategia funziona: la violenza ha ottenuto ciò che la diplomazia non ha fatto’”.
Eppure il mondo arabo — compreso il Qatar, per anni sponsor principale di Hamas — sta, proprio ora, spingendo per la rimozione del gruppo terrorista, poiché interessati a guardare avanti, verso una pacificazione regionale: “Se gli stati arabi chiedono pubblicamente che Hamas si disarmi e vada in esilio, è ora che lo faccia anche l’occidente. Questo è il vero cambiamento di paradigma di cui il medio oriente ha bisogno. Tutti vogliono che la guerra finisca. Tranne Hamas. Fare pressioni su Israele attraverso un riconoscimento prematuro dello stato palestinese non è affatto un percorso lungimirante: rafforza Hamas, indebolisce l’Autorità palestinese e mina i futuri sforzi di pace. Prima Hamas va arginato, poi inizieranno i veri colloqui, che devono includere riforme, deradicalizzazione e smilitarizzazione. Francia, Regno Unito e Canada possono avere buone intenzioni, ma hanno confuso l’ordine delle cose. E così facendo rischiano di prolungare la guerra e sabotare la stessa pace che dichiarano di sostenere. Per risolvere la questione mediorientale bisogna, prima di tutto, osservare cosa accade qui. Il mondo arabo sa perfettamente quale è la soluzione. Non lasciamo che l’occidente rovini questa grande opportunità per il medio oriente”.