No, la Germania non ha cambiato linea su Israele. La soluzione a due stati sì, ma non con Hamas

Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha ribadito che Berlino non ha intenzione di riconoscere la Palestina, almeno non in tempi stretti. Le preoccupazioni per l’isolamento dello stato ebraico

Berlino. La Germania non ha intenzione di riconoscere la Palestina. Non in tempi stretti. Lo ha ribadito il ministro degli Esteri di Berlino Johann Wadephul ricevuto a Gerusalemme dal suo omologo israeliano Gideon Sa’ar. L’assioma trasversale della difesa di Israele quale Staatsräson (ragion di stato) della Repubblica federale tedesca, un concetto elaborato dall’ex cancelliera Angela Merkel a partire dal 2008, è confermato dal governo di grande coalizione guidato dal moderato Friedrich Merz. Eppure, Wadephul, esponente della stessa Cdu del capo del governo, non ha nascosto la preoccupazione tedesca per l’isolamento dello stato ebraico su scala globale. Israele è “sempre più in minoranza”, ha ricordato il ministro al suo ospite israeliano, osservando che “un numero sempre maggiore di paesi, compresi quelli europei, è disposto a riconoscere uno stato palestinese anche senza un previo processo di negoziazione”. Una verità che in primo luogo ne svela un’altra: alcuni paesi si accingerebbero a riconoscere la Palestina più come misura per contrariare Israele che per sincera convinzione. E il governo di Berlino, che si sente responsabile per lo stato degli ebrei, non nasconde la propria preoccupazione: “Data la nostra particolare responsabilità nei confronti di Israele, la Germania non può e non deve ignorare questo” (isolamento), ha continuato Wadephul. Allo stesso tempo il ministro tedesco non ha escluso che un domani Berlino invii un proprio ambasciatore a Ramallah, osservando però che il riconoscimento della Palestina deve arrivare alla fine di negoziati per una soluzione a due stati. Ma soprattutto, mentre Londra e Parigi si agitano, Berlino non si muove e chiede, sì, il miglioramento della situazione umanitaria per i palestinesi di Gaza puntando a un cessate il fuoco di durata ma non dimentica per un attimo le responsabilità di Hamas esigendo prima di tutto la liberazione immediata dei 50 ostaggi nelle mani del gruppo terrorista. Hamas, insomma, si deve arrendere. Berlino, unico paletto piantato da Wadephul, reagirebbe invece a misure unilaterali di Israele. Un messaggio lineare che solo il ministro di Gerusalemme per la Sicurezza nazionale, l’ultranazionalista Itamar Ben-Gvir, ha commentato con un indecoroso: “La Germania sta tornando a sostenere il nazismo”.

Non si può escludere che dietro le quinte anche la Germania abbia cominciato a esercitare pressione sullo stato ebraico in guerra con i terroristi: lo si desume dal caso Horizon, ovvero il voto con cui la Commissione Ue ha proposto la sospensione, benché temporanea, di startup e aziende israeliane dal programma europeo per la ricerca e l’innovazione, salvando però gli atenei israeliani. La parola passa adesso al Consiglio Ue che non ha neppure calendarizzato la proposta. Resta il sospetto però che Ursula von der Leyen – anche lei tedesca, anche lei Cdu – si sia mosso dopo aver ricevuto un “sì” informale da parte del governo di Berlino, che tiene, però, le bocce ferme in materia di riconoscimento della Palestina. Certificare la nascita di un nuovo stato è affare serio: i requisiti per entrare a far parte del concerto delle nazioni non sono numerosi ma tutti di peso. Servono un territorio, un popolo, un governo che eserciti la sovranità – a cominciare dalla riscossione delle tasse e dalla difesa del territorio – e poi ancora servirebbero il potere legislativo e quello giudiziario, magari organizzati in una capitale. Elementi difficili da individuare tra Gaza e la Cisgiordania.

A Londra se ne sono resi conto 38 membri della Camera dei Lord che hanno scritto a Richard Hermer, Procuratore generale di Sua Maestà per l’Inghilterra e il Galles. Al principale consulente legale del governo, i 38 Lord, fra i quali alcuni illustri giuristi, hanno fatto notare che, riconoscendo la Palestina, Londra violerebbe il diritto internazionale in quanto quel territorio non sembra soddisfare i criteri per la statualità ai sensi della Convenzione di Montevideo del 1933. A Lord Hermer, riporta l’Independent, è stato ricordato che non solo la Palestina non ha un territorio definito, una popolazione permanente, un governo efficace e la capacità di entrare in relazioni con altri stati ma non ha neppure un singolo governo poiché Hamas, che controlla(va) Gaza, e Fatah, che amministra la Cisgiordania, sono nemici. Peggio ancora, il primo è un gruppo terrorista e il secondo non tiene elezioni da alcuni lustri. Non particolarmente elaborata la replica del sottosegretario per le Piccole imprese Gareth Thomas, che ai giuristi ha ricordato come il Regno Unito non abbia mai firmato la Convenzione di Montevideo.

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.