Gaza, l’aiuto umanitario che non arriva: lo scoop dell’Onu e le milizie che sequestrano gli aiuti

Su oltre duemila camion di aiuti destinati a Gaza, più dell’85 per cento è stato intercettato da milizie o bande locali e non ha mai raggiunto i più fragili. I dati delle Nazioni Unite rivelano l’entità del saccheggio umanitario

C’è un numero che racconta meglio di ogni analisi diplomatica perché l’aiuto umanitario a Gaza non riesce a raggiungere la popolazione più fragile, nonostante l’enorme mobilitazione internazionale. Quel numero è 1.753: è il totale dei camion intercettati, tra il 19 maggio e il 31 luglio 2025, da milizie armate o gruppi di civili durante il tragitto verso le aree più colpite della Striscia. Camion che, pur essendo stati regolarmente raccolti ai valichi e caricati con tonnellate di beni essenziali — oltre 23mila tonnellate di aiuti, su quasi 30mila pallet — non sono mai arrivati a destinazione. Il dato è contenuto in un documento ufficiale dell’Onu (UNOPS, dashboard UN2720), pubblicato in sordina ma scoperto e rilanciato ieri da Adnkronos.

Il sito UN2720.org, creato per tracciare digitalmente ogni movimento di aiuti umanitari nella Striscia, mostra con trasparenza l’intero ciclo logistico: quanto viene caricato ai confini, quanto viene raccolto, quanto arriva davvero, e — soprattutto — quanto viene perso per strada. Ed è proprio qui che emerge lo scandalo. Su 2.134 camion che hanno varcato i confini di Gaza, solo 260 hanno effettivamente raggiunto i depositi finali e i centri di distribuzione. Il grosso degli aiuti – secondo il sistema di tracciamento dell’Onu – è stato di fatto sottratto o intercettato: oltre l’85 per cento dei carichi. Un’enormità.

Secondo l’inchiesta di Adnkronos, si tratta della prima volta in cui viene quantificato con tale precisione il fenomeno del saccheggio sistematico degli aiuti. Lo strumento tecnologico messo in campo dalle Nazioni Unite (con QR code, tracciamento satellitare e controllo dei punti di raccolta) consente oggi di sapere con esattezza non solo quanto viene spedito, ma soprattutto dove si ferma la catena. E la risposta, purtroppo, è inequivocabile: gli aiuti si fermano nelle mani sbagliate. Le milizie — Hamas, gruppi armati locali o semplici bande affamate — si impadroniscono dei carichi lungo le strade interne a Gaza, prima che possano raggiungere ospedali, centri per sfollati, mense o ambulatori.

Il fatto che solo 4.111 tonnellate su oltre 40mila siano arrivate a destinazione finale rende l’intero sforzo umanitario quasi simbolico. La gran parte dei beni umanitari finisce per non svolgere la funzione per cui sono stati donati. E le cifre sono ancora più sconfortanti se si considera che nei 2.010 camion effettivamente raccolti ai valichi c’erano circa 27.434 tonnellate di beni di prima necessità, già approvati, verificati e pronti per l’uso.

Il dossier UN2720, rilanciato da Adnkronos, diventa così uno spartiacque. Da oggi, chi parla di emergenza umanitaria a Gaza non potrà più ignorare che il problema non è solo l’accesso agli aiuti, ma anche la loro protezione all’interno del territorio palestinese. Il nodo, dunque, non è soltanto Israele e la sua gestione dei valichi, ma anche la mancanza di controllo su ciò che avviene dopo. Le agenzie internazionali dovranno prenderne atto. E, soprattutto, i governi che finanziano l’intervento umanitario in Palestina dovranno trovare il modo di garantire che la solidarietà non venga sequestrata da chi fa della guerra una rendita.

Leave a comment

Your email address will not be published.