Prima il boicottaggio dell’Aspen Security Forum, ora il divieto ai funzionari del dipartimento della Difesa di partecipare a eventi di think tank e istituti di ricerca senza un’autorizzazione esplicita. Il danno alla competenza e alla formazione dei dipendenti, oltre che al confronto
Il primo segnale della volontà del Pentagono di isolarsi dai centri studi e dalle conferenze sulla difesa e la sicurezza che sono da sempre un serbatoio di idee, dati, riflessioni, confronto è arrivato a metà luglio alla vigilia dell’Aspen Security Forum, che si tiene ogni anno nella famosa località di montagna in Colorado. Una portavoce del ministero della Difesa americano, Kingsley Wilson, ha detto che i funzionari che erano stati invitati (e che avevano già confermato la loro presenza) non avrebbero partecipato, perché l’Aspen Forum “promuove il male del globalismo, il disprezzo per il nostro grande paese e l’odio per il presidente degli Stati Uniti”. Il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, ha condiviso la dichiarazione su X dicendo: “Corretto”. Il portavoce del Pentagono, quel Sean Parnell che abbiamo visto esibirsi in acrobazie varie quando il suo dipartimento ha unilateralmente sospeso le armi all’Ucraina, è andato più nello specifico: i funzionari del Pentagono non ci saranno “perché i valori dell’Aspen Forum non sono allineati con quelli del dipartimento della Difesa”, ha dichiarato Parnell, “il Pentagono continuerà a impegnarsi con forza per aumentare la letalità dei nostri combattenti, rivitalizzare l’etica della guerra e proiettare la pace attraverso la forza sulla scena mondiale. E’ chiaro che l’Aspen Forum non è in linea con questi obiettivi”.
Questo incontro si tiene ogni estate in Colorado e ogni inverno, in versione più ridotta, a Washington, dal 2010, è un’iniziativa dell’Aspen Institute, che è stato fondato nel 1949, da un industriale di Chicago, Walter Paepcke, che con sua moglie Elisabeth radunò ad Aspen, allora una piccola cittadina mineraria, politici, imprenditori, intellettuali per celebrare il 200esimo anniversario della nascita di Johann Wolfgang von Goethe: la guerra era finita da pochi anni, il convegno voleva segnare un ritorno al dialogo, all’attenzione alle idee, al confronto, alle persone. Nei decenni è diventato the place to be per democratici e repubblicani e per i leader e i policy maker di tutto il mondo.
Per il Pentagono quello oggi è il covo dei globalisti, degli odiatori di Trump e dell’America: non ci si deve andare più. Ben presto si è capito che il divieto non era riservato soltanto all’Aspen Forum: il sito Politico, qualche giorno fa, ha visto un’email interna del ministero in cui si comunicava ai funzionari il divieto di partecipare a eventi organizzati da centri studi e istituti di ricerca (se ne citava uno in particolare: l’Halifax International Security Forum, che si tiene ogni inverno in Nova Scotia e al quale di solito partecipa il capo del Pentagono). Il solito Parnell ha successivamente spiegato che ogni invito deve essere sottoposto all’ufficio per gli Affari pubblici del ministero che darà o no il permesso alla partecipazione, in modo da essere sicuri che “il dipartimento della Difesa non presti il suo nome e la sua credibilità a organizzazioni, forum ed eventi che sono contrari ai valori di questa Amministrazione”. La solita Wilson ha precisato che la partecipazione dei funzionari agli eventi dei think tank “non è affatto una priorità di questo dipartimento della Difesa: siamo nel XXI secolo e ci sono altri modi per far arrivare il nostro messaggio al popolo americano e ai nostri alleati senza passare dal filtro di centri studi globalisti. L’unica cosa a soffrirne sarà la vendita dei biglietti delle organizzazioni che sono in gran parte America Last”. In realtà gli eventi dei think tank non hanno solitamente un biglietto, ma questa nuova definizione, “America Last”, è passata come una scossa elettrica nell’establishment della difesa e della sicurezza americana, dentro e fuori il Pentagono.
Sempre Politico ha raccontato che nei giorni scorsi un gruppo di ricercatori di centri studi ha ricevuto un invito definito “di routine” a partecipare a una conversazione con il comandante uscente delle forze americane in Africa, il generale Michael Langley, ma 48 ore dopo l’appuntamento è stato annullato perché contrario alle nuove regole. Il capo dell’ufficio Ricerca e Acquisizioni, Jason Potter, avrebbe dovuto partecipare a una tavola rotonda all’Hudson Institute, che è un think tank conservatore, ma anche questo appuntamento è stato annullato. Questi incontri ci sono sempre stati ed erano importanti, perché costituivano l’occasione di spiegare il processo decisionale del Pentagono, di confrontarsi con gli esperti e anche di dare indicazioni sulla direzione strategica del dipartimento e sulle sue priorità – informazioni utili considerando l’instabilità permanente in cui sopravvive il nostro mondo.
C’è anche tutta la parte di formazione dei dipendenti del Pentagono, che è sempre stata gestita in coordinamento con le università (molte considerate di sinistra radicale) e con i centri studi, appunto, attraverso fellowship ma anche simulazioni e lavori di gruppo. Ora invece, tra i cambiamenti voluti dal Doge (molto strombazzati, ma in realtà, secondo alcune inchieste giornalistiche, sono stati cambiati fornitori e aziende di riferimento, non sono state tagliate molte persone, e per ora la SpaceX di Elon Musk è ancora inclusa), i licenziamenti voluti dallo stesso Hegseth che va a caccia di talpe interne e rimuove arbitrariamente militari d’alto rango, il rischio di un depauperamento della competenza e del confronto con i civili esperti di difesa è concreto: è anche una via dritta verso un’America last.