Perseguitati perché cristiani

La contabilità dei morti è qualcosa di penoso e pietoso, ma ogni tanto va fatta. Perché non esistono vittime di serie A e vittime di serie B. La grande maggioranza dei cristiani uccisi in tutto il mondo in odium fidei è nigeriana: 3.100 assassinati e 2.830 rapiti in un solo anno

E’ un’epoca, questa, in cui di genocidio e pulizia etnica si parla ovunque, basta un post su X o su Facebook, con qualche foto raccattata chissà dove, senza alcuna verifica previa. Giusto per concedere spazio alla platea dei commentatori pronti a dire la loro su qualunque cosa la galassia social proponga, si tratti di una foto di una crostata ai mirtilli, dell’ultima sparata di Donald Trump dalla Casa Bianca o delle tattiche militari russe per prendersi un pezzo d’Ucraina. Se poi di mezzo c’è Israele, beh, il flusso di insulti è garantito. Ma questo è anche il tempo in cui ci sono stragi e stragi, alcune biasimate e altre semplicemente dimenticate, derubricate a postille del giorno, brevi dal mondo per riempire gli spazi vuoti sui giornali. Come se non fossero mai avvenute o come se avessero un’importanza minore, tali da non destare l’indignazione collettiva di piazze e salotti. E viene allora il sospetto che non sia tanto il dolore per i tre morti del raid israeliano contro la parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza a sgomentare le folle, ma solo il fatto che la chiara responsabilità sia dell’Idf e di Benjamin Netanyahu. Questi sono i cristiani che contano, mentre degli altri non si pubblica né si cerca nemmeno una foto. Insomma, morti non perché cristiani ma perché vittime di un missile sparato da un tank israeliano.

Come giustificare infatti il silenzio che cade ogniqualvolta nell’Africa subsahariana vengono trucidate decine e decine di cristiani colpevoli solo d’essere, appunto, cristiani? E che dire della cappa di disinteresse piombata sulle violenze del regime sandinista in Nicaragua, dove da anni si arrestano preti e vescovi, si cacciano le suore – perfino quelle di Madre Teresa – e si lasciano sacerdoti ottuagenari senza assicurazione medica? Dove le turbas governative entrano nelle chiese e bastonano gli studenti che hanno osato manifestare – quando possibile – contro l’autorità costituita?

La contabilità dei morti è qualcosa di penoso e pietoso, ma ogni tanto va fatta. Open Doors ha stimato che nel 2024 siano stati uccisi per ragioni legate alla fede 4.998 cristiani in tutto il mondo. Si tratta di numeri per difetto, molti attacchi infatti non vengono segnalati e dunque registrati, soprattutto in realtà dove le comunicazioni sono precarie e l’ingresso degli osservatori internazionali non è garantito. Di questi quasi cinquemila morti, 4.606 sono stati trucidati nell’Africa subsahariana: “I cristiani sono intenzionalmente presi di mira in un continente assediato da elementi islamici radicali e regimi sempre più autocratici. Se non si farà nulla, questa doppia pressione costringerà i cristiani a lasciare le loro case e i loro villaggi. Almeno 16,2 milioni di cristiani nell’Africa subsahariana sono stati sfollati con la forza a causa della violenza dal 2022”, ha detto Frans Veerman, amministratore delegato di Open Doors World Watch Research. Il rischio è ovvio: “Se non si ferma la crescente influenza dei gruppi jihadisti, le comunità cristiane scompariranno”. Sono aumentati nel mondo anche gli attacchi a chiese, scuole e ospedali cristiani: erano 2.110 nel 2023 e sono stati 14.766 l’anno scorso. Le minacce fisiche a persone cristiane sono passate da 29.411 nel 2023 a 42.849 nel 2024. Gli attacchi alle case private sono passati dalle 4.547 segnalazioni del 2023 alle 21.431 del 2024: l’aumento è del 371 per cento. I cristiani costretti a lasciare le loro case o a nascondersi sono più che raddoppiati: erano 124.310 nel 2023 e sono stati 278.716 l’anno successivo. In definitiva, sottolinea Open Doors, 365 milioni di cristiani affrontano alti livelli di persecuzione e discriminazione per la loro fede. E la cifra cresce di anno in anno, senza visibili o immaginabili miglioramenti della situazione. La stragrande maggioranza dei cristiani uccisi in tutto il mondo in odium fidei era nigeriana: 3.100 assassinati e 2.830 rapiti in un solo anno.

Statistiche non aggiornate a quanto accaduto lo scorso 14 giugno a Yelwata, nello stato di Benue: un gruppo di pastori Fulani ha compiuto un attacco coordinato contro i cristiani, molti dei quali già sfollati e ospitati provvisoriamente nelle strutture di una missione cattolica. L’azione è avvenuta di notte. Prima è stato appiccato il fuoco alle case, quindi gli aggressori si sono dati alla mattanza con i machete. Le vittime accertate sono tra le cento e le duecento (alcune fonti arrivano a quota 218). Gli sfollati sono tremila. Cristiani traditi anche da qualche abitante locale, che ha indicato ai Fulani dove scovarli e come eliminarli. Interpellato dall’agenzia Fides, padre Remigius Ihyula, coordinatore della Commissione sviluppo e pace della diocesi di Makurdi, sempre nello stato di Benue, ha respinto con forza la teoria molto in voga nei salotti occidentali secondo cui i Fulani sarebbero spinti agli omicidi per disperazione, essendo vittime del cambiamento climatico. La vulgata vuole che non abbiano più terra per il loro bestiame e quindi si spingano fin dove ce n’è, in regioni abitate dai cristiani. “No, non è così. I nomadi Fulani armati sono motivati da un’ideologia islamista. Vogliono conquistare la terra degli agricoltori cristiani per fondare uno stato islamico”, ha detto padre Ihyula. Alle vittime ha dedicato un pensiero anche il Papa, nel corso dell’Angelus del 15 giugno: “Prego in modo particolare per le comunità cristiane rurali dello stato di Benue, che incessantemente sono state vittime della violenza”.

Ma è tutta la regione a essere vittima sacrificale della tenaglia che descriveva Veerman: nella Repubblica democratica del Congo, nei primi sei mesi del 2024 sono stati uccisi dai gruppi islamisti affiliati allo Stato islamico 639 cristiani. Complessivamente, tra la fine del 2022 e la fine del 2024, il Global Christian Relief ha stimato in oltre diecimila i cristiani uccisi in Africa da Boko Haram, Fulani radicalizzati e altri gruppi estremisti. La situazione si è deteriorata anche in Burkina Faso, nuovo fronte della radicalizzazione islamista, nella mai stabile Repubblica Centroafricana e perfino in Etiopia, dove a essere prese di mira sono chiese e scuole. E la situazione peggiora anche in India: nel maggio del 2023, nello stato di Manipur, centosessanta cristiani sono morti in seguito a episodi di violenza scatenati per ragioni etniche e religiose. Case bruciate e migliaia di residenti costretti alla fuga. Anche qui, impressiona l’aumento dei raid contro le chiese e le scuole cristiane: da 67 si è passati in soli dodici mesi a 2.228.

Senza dimenticare mai il Nicaragua, dove nonostante le trattative sotterranee fra il governo e la Santa Sede, la situazione è sempre più complessa: il rapporto di Christian Solidarity Worldwide (Csw) ha registrato 222 violazioni della libertà religiosa nel corso del 2024 e 46 detenzioni arbitrarie di membri del clero. Vi sono sacerdoti cui è vietato allontanarsi dalla propria comunità, ad altri è stato assegnato un funzionario di sorveglianza. I preti devono settimanalmente recarsi nella più vicina stazione di polizia per far controllare l’omelia che intendono pronunciare la domenica seguente. Proibito, naturalmente, criticare le autorità e i provvedimenti del governo. Anche Aiuto alla Chiesa che soffre, nel suo ultimo rapporto, documenta il deterioramento della situazione a livello globale: in sessantuno paesi sono documentate violazioni gravi o restrizioni della libertà religiosa, coinvolgendo il 62 per cento dell’intera popolazione mondiale. La libertà religiosa è violata nel sessanta per cento dei paesi indagati: in 47 vi è stato un peggioramento, mentre solo in nove si può parlare di miglioramento.

Sulla gran parte dei casi regna la cappa di silenzio. Lo scorso 29 giugno, celebrando i santi Pietro e Paolo, Leone XIV disse che “anche ai nostri giorni, in tutto il mondo, vi sono cristiani che il Vangelo rende generosi e audaci persino a prezzo della vita. Esiste così un ecumenismo del sangue, una invisibile e profonda unità fra le Chiese cristiane”. Pochi giorni prima, commentando la strage nella chiesa greco-ortodossa di Mar Elias a Damasco, il Papa all’udienza generale aveva espresso solidarietà alla Chiesa locale per quanto avvenuto: “Ai cristiani del Medio oriente dico: vi sono vicino! Tutta la Chiesa vi è vicina!”. Martirio e vicinanza, concetti tante volte sottolineato anche da Francesco, come in occasione dell’Angelus di Santo Stefano, nel 2022: “La parola martire significa testimone: i martiri sono testimoni, cioè fratelli e sorelle i quali, attraverso le loro vite, ci mostrano Gesù, che ha vinto il male con la misericordia. E anche ai nostri giorni i martiri sono numerosi, più che nei primi tempi”.

All’inizio di luglio, sulla Civiltà Cattolica, Giovanni Sale ha scritto che “l’islamismo radicale, rappresentato, soprattutto in occidente, da al Qaeda e dall’Isis (o Daesh) si è progressivamente eclissato. Da minaccia reale qual era è diventato più evanescente, quasi episodico, sia nella percezione dell’opinione pubblica sia sui media. Va però ricordato che l’eclissi di un fenomeno non corrisponde alla sua completa estinzione, come di fatto le ultime vicende hanno dimostrato. A tale proposito – ha aggiunto il gesuita – si è parlato di ‘silenzio apparente’ per il fatto che il fenomeno ha riguardato alcune parti del mondo; infatti, vi è stata una sua penetrazione ‘in quegli spazi vuoti geopolitici nei quali la fragilità del potere politico e l’indebolimento della dimensione statuale si sono acuiti in questi anni’. Facciamo riferimento a zone come il Corno d’Africa, il Sahel, l’Africa subsahariana, le ex Repubbliche sovietiche asiatiche, nonché ad alcuni paesi come l’Afghanistan, la Siria ecc. Secondo una prospettiva di lunga durata, queste apparenti eclissi del terrorismo jihadista sono invece da interpretare come una sorta di ‘attivismo riorganizzativo’, spesso ‘anticipatrici di eventi preoccupanti e di crescita del livello della minaccia’”.

E senza tirare in ballo l’islamismo, si potrebbe fare l’elenco dei cristiani in Cina puniti per non essersi uniformati alle regole del Partito. Anche cattolici che, nonostante l’Accordo in essere relativo alla nomina dei vescovi e alla blanda distensione avviata nel 2018 tra la Santa Sede e Pechino, ancora oggi sono tenuti a vincoli che da questa parte del mondo sarebbero reputati unanimemente contrari a ogni modello di libertà religiosa. Basti pensare al fatto che ai minori non è concesso l’ingresso negli edifici di culto ed è vietato “evangelizzare in pubblico” in quanto ciò può rappresentare un attentato alla stabilità e all’armonia dello stato.

Certo, l’occidentale contemporaneo neanche ci pensa ai nigeriani che rischiano la pelle solo per un segno di croce fatto dove non dovrebbero. L’occidentale – e anche il cristiano occidentale – è nella sua comfort zone di cristianesimo molto sociologico e molto impegnato, quello degli infiniti dibattiti sulla sinodalità, del catechismo per i figli da fare perché altrimenti poi non si possono cresimare e quindi neanche sposare in chiesa. Il cristianesimo delle chiese che chiudono e delle parrocchie che si accorpano, ma tanto basta prendere l’auto e una messa a una manciata di chilometri si trova. L’occidentale che sul divano apre X e si trova migliaia di post su Gaza e non immagina nemmeno che in certe parti del mondo c’è chi viene ammazzato a colpi di machete perché reo d’essere cristiano.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.

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