Ero in una buona gelateria, di quelle che conservano il gelato nei pozzetti chiusi. Eppure ho visto clienti che ordinavano tre o quattro gusti confliggenti, con tanto di aggiunta di granelle, panne, biscotti. Insomma un’accozzaglia inguardabile. Per di più, pagavano col bancomat
Confesso che ho desiderato morire, sentendomi perduto. Ero nella migliore gelateria della città, una delle poche gelaterie della regione che conservano il proprio gelato nelle carapine, ossia nei pozzetti chiusi. Mi trovavo dunque in un luogo teoricamente elitario, niente a che vedere con le gelaterie plebee dove si smerciano gelati coloratissimi, zuccheratissimi e grassissimi rigurgitanti dalle vaschette aperte. Ciò nonostante entravano clienti, sia turisti sia indigeni, che prima di ordinare chiedevano di assaggiare, che dopo avere assaggiato ordinavano tre o quattro gusti, spesso confliggenti, sorbetti insieme alle creme, limone insieme alla nocciola, facendo poi aggiungere granelle, panne, biscotti, accozzaglie inguardabili, e infine pagavano col bancomat.
Sharansky, il politico israeliano già dissidente russo, su queste pagine si è detto “convinto che la maggioranza degli europei non sia pronta a cedere le proprie libertà”. Sharansky non conosce gli italiani: gli italiani sono prontissimi, agli italiani basta la libertà di scegliere il gusto del gelato, basta e pure avanza visto che il cono lo pagano facendosi autorizzare dalla banca, servilmente, da perfetti sudditi digitali. E così adesso mi intristiscono pure le gelaterie, devo entrarci in orario morto perché non mi mettano voglia di morire.