Ernst Jünger, il soldato intellettuale

Nato nel 1895 e morto nel 1998, nessuno come lui ha vissuto in prima fila tutto il Novecento letterario e politico. Soldato valoroso, scrittore di qualità, conservatore, giammai un nazista. Luigi Iannone gli dedica un libro-biografia appena uscito, Ernst Jünger segreto (Historica/Giubilei Regnani)

Credo siano in molti i lettori del Foglio che tengano in alta considerazione tanto lo scrittore quanto il personaggio tedesco che ha nome Ernst Jünger, e che pure si troverebbero in difficoltà nel tentare di definirne il ruolo da lui avuto nella storia del Novecento. E’ stato un soldato valorosissimo, uno scrittore di gran qualità, un “conservatore” reo confesso ma giammai un nazista. Nato nel 1895 morì nientemeno nel 1998, a 103 anni. Nessun altro ha vissuto in prima fila tutto intero il Novecento letterario e politico. Di guerre mondiali se ne fece due, alla prima era andato da volontario. Quanto ai combattimenti veri e propri venne ferito quattordici volte durante la Prima guerra mondiale, alcune erano ferite gravi. Al tempo della Seconda, quella in cui l’esercito tedesco aveva annichilito l’esercito francese, lui passeggiò in divisa nazi lungo le strade parigine, ma chi lo conobbe in quelle circostanze non poté fare a meno di provare per lui rispetto. Vercors, uno scrittore francese che pur militava nella Resistenza lo incontrò a Parigi durante gli anni dell’occupazione e ne trasse la figura di un ufficiale tedesco che è una persona per bene nel suo romanzo-capolavoro, Il silenzio del mare.



Ovvio che un tale personaggio meritasse un libro-biografia appena uscito (Luigi Iannone, Ernst Jünger segreto, Historica/Giubilei Regnani, 2025), e dove i libri dello scrittore tedesco vengono riferiti così: “Pagine prive di qualsivoglia finzione interpretativa o freni morali dove la snervante attesa fa tutt’uno con il combattimento”. Raccontare gli amici è facile, raccontare i personaggi che ti sono umanamente e culturalmente distanti è più complesso. Per riuscire a farlo devi averne di benzina nel tuo motore intellettuale. Iannone ne ha. Oltretutto anche se lui è un tantino di destra, non è certo di quelli ostili ai personaggi a loro volta un tantino di destra come Jünger. Lo dico in punta di fatto e senza nessun retropensiero. Solo un imbecille può credere che nel Novecento i buoni fossero tutti da una parte e i cattivi tutti quanti dall’altra. Quanto allo Jünger raccontato da Iannone, lui lo scrive e lo riscrive che quando Jünger andò da soldato tedesco in Urss durante la Seconda guerra mondiale non la finì di trovare ripugnante la facilità con cui i nazi uccidevano tanto i civili quanto i militari.



La produzione intellettuale di Jünger è vasta e complessa. Va dal diario alla riflessione filosofica al romanzo. In un certo senso il vocabolario con cui scrivere la sua biografia lui lo riscrisse alla sua maniera. Coniò parole che non esistevano nell’uso corrente ma di cui aveva bisogno e che vanno soppesate accuratamente quando le leggi. Già le denominazioni di cui ci serviamo abitualmente con lui valgono sino a un certo punto, se vuoi raccontare la sua lunga vita. Già la cartografia di cui ci serviamo a identificare i costrutti intellettuali che ci sono abituali valgono sino a un certo punto nei libri scritti da Jünger. Visse una vita in cui tante erano le porte che si presentavano lungo il cammino, e tutte lui le aprì e le attraversò. Dei suoi tantissimi viaggi diceva che andavano affrontati con lo spirito di un pensatore metafisico, non con quello di un viaggiatore. Era convinto che il mondo in cui viveva avesse spazzato via le istituzioni del mondo precedente con più violenza e radicalità di quanto avesse fatto la Rivoluzione francese un secolo prima. Passò ore ed ore a duettare con Joseph Goebbels, di cui non ricambiava l’ammirazione. Costeggiò i nazisti e le loro organizzazioni ma non fu mai uno di loro.



Era un intellettuale ma tenne sempre in gran conto la figura del “soldato” e dei suoi gesti, specie i più audaci. Quando scrisse i suoi libri mise una gran cura nel riferire la fisionomia e i gesti del combattente militare, l’antropologia del “soldato”, la preparazione dello scontro, i gesti da compiere durante l’assalto, gli uomini al suo fianco che cadevano uno dopo l’altro, il tragico bottino di quegli scontri: “Ora possiedo una splendida carabina inglese perfetta da usare in futuro per la caccia, un cinturone pieno di cartucce, l’elmetto d’acciaio bucherellato di un tenente inglese, la sua mazza schizzata di sangue e il suo portasigarette”. Ma forse l’asse del suo pensiero era un altro, quello racchiuso nella frase: “Devo convincermi di Dio prima di credere in lui”. Si convinse di Dio, convertendosi al cattolicesimo, quando era vicino ai suoi cent’anni.

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