Hulk Hogan è stato uno dei protagonisti della trasformazione del wrestling da disciplina di nicchia a sport nazionale americano. È morto giovedì 24 luglio a 71 anni
L’immortale Hulk Hogan – come lo chiama John Walsh nella sua biografia – è scomparso ieri a 71 anni. Più di tutto, ha incarnato, nel bene e nel male, lo spirito degli anni Ottanta. Nato l’11 agosto 1953 in Georgia, ma cresciuto a Tampa in Florida, Terry Gene Bollea (questo il suo vero nome, che tradisce le origini italiane del padre) è stato uno dei protagonisti della trasformazione del wrestling da disciplina di nicchia a sport nazionale americano.
Nei primi anni Ottanta, tale attività – metà competizione sportiva, metà recitazione – era organizzata in diverse federazioni locali che si spartivano il territorio americano. Bollea iniziò la carriera nella sua città, sotto la guida di un combattente di origini giapponesi noto con lo pseudonimo di Hiro Matsuda (Yasuhiro Kojima). La sua vita cambiò radicalmente nel 1979, quando firmò il contratto con quella che all’epoca era la World Wrestling Federation (oggi World Wrestling Entertainment). Nacque in quel momento il suo nome di scena: “Hulk” gli si appiccicò quasi spontaneamente dopo aver partecipato a una trasmissione televisiva con Lou Ferrigno (l’attore che interpretava l’incredibile Hulk), mentre “Hogan” perché faceva comodo fingere che avesse origini irlandesi. Bollea/Hogan divenne protagonista indiscusso del wrestling negli anni successivi, grazie alla sua presenza scenica e al tempo stesso alle sue caratteristiche fisiche: era, contemporaneamente, un gigante inarrivabile e “uno di noi”, pancetta inclusa. Il suo mito crebbe grazie alla capacità di entusiasmare il pubblico, incarnando il ruolo dell’eroe senza macchia (sebbene in alcuni momenti abbia recitato la parte del cattivo). A farne un volto inconfondibile fu anche la carriera cinematografica, che seguì ora in parallelo, ora in alternativa a quella sportiva: in particolare, in Rocky 3 (1982) interpretò il wrestler Labbra Tonanti, che si doveva scontrare con Sylvester Stallone in un incontro di beneficenza. Questa esperienza in parte lo emancipò e in parte lo legò a Vince MacMahon Junior (figlio del fondatore della Wwf/Wwe e artefice della sua crescita esplosiva, nonché marito di Linda, ministra dell’Istruzione nella seconda Amministrazione Trump). In quegli anni, Hogan diventò protagonista di numerose faide che entusiasmarono gli appassionati, tra cui quelle con André the Giant (morto nel 1993 a 46 anni), Ultimate Warrior (morto nel 2014 a 54 anni) e Randy Savage (morto nel 2011 a 58 anni).
Nel 2005, Hogan venne con buon diritto introdotto nella Hall of Fame del wrestling, da cui fu espulso nel 2015 per alcuni commenti razzisti espressi durante un incontro sessuale con telecamera nascosta (successivamente vinse una causa contro la diffusione del filmato). Nel 2020 fu nuovamente reintrodotto nella Hall of Fame. Le ultime apparizioni sono legate soprattutto a Donald Trump, che sostenne anche alla convention repubblicana del 2024. Il suo fisico dovette subire numerose operazioni e interventi per mitigare gli effetti non solo degli abusi di sostanze dopanti che erano comuni tra i wrestler dell’epoca, ma anche delle immense sollecitazioni a cui lo sport lo sottoponeva. Eppure, è impossibile slegarne il ricordo, le debolezze e gli eccessi da quella “hulkamania” che seppe svegliare nello spirito di milioni di fan e che, senza alcun dubbio, gli sopravvive.