Un ricordo personale e doloroso della morte dell’ex calciatore di Fiorentina e Verona si intreccia con il romanzo I baffi di Carrère, riflettendo sul tema dell’identità perduta e sul peso dei ruoli imposti dalla società
C’è un romanzo dal risvolto prima beffardo e poi tragico di cui forse avrete sentito parlare, “I baffi”, di Emmanuel Carrère. La trama, detta in spiccioli, è quella di un signore, mai nominato dall’autore, che un giorno decide di tagliarsi i baffi. Li ha portati per tutta la vita, eppure nessuno, nemmeno la moglie, si accorge della novità. L’uomo, colto da una crisi di identità, fugge lontano, e dopo un insulso viaggio su un battello, decide di togliersi la vita. Il tema del libro ripropone una visione pirandelliana dell’esistenza, dove la nostra identità è messa in crisi dal ruolo che ci assegna la società. Ho ripensato a questo libro, letto ormai molti anni fa, dopo aver appreso la notizia della morte di Celeste Pin, ex calciatore di Fiorentina e Verona.
Sono rimasto fortemente colpito, oltre che addolorato per la perdita di una bellissima persona che conoscevo abbastanza bene. Che cosa è successo a Celeste? Perché, un uomo apparentemente così vitale, ha scelto di lasciarsi andare? Ovviamente non posseggo una risposta, non posso conoscerla. Però mi sono posto la domanda: chi era Celeste? È stato un calciatore importante, un difensore tra i più bravi negli anni Ottanta. Era molto amato dai fiorentini e non a caso si era trattenuto a Firenze dove aveva scelto di vivere, occupandosi di affari immobiliari. Questa la sua storia, raccontata in breve. Celeste da calciatore portava i capelli lunghi, dei boccoli che gli scendevano sul collo. Invecchiando, la sua immagine era ovviamente cambiata. Restava il suo gran fisico, da corazziere si direbbe, restava il suo sorriso, aperto e bianco, restavano i suoi occhi luminosi.
Ma quei capelli, quei lunghi riccioli castani, non c’erano più. E se qualcuno, ho pensato, non si fosse accorto di quell’inevitabile cambiamento? O ancora, se lui stesso non si fosse rassegnato all’idea di averli persi, assumendo una fattezza così diversa da quella del calciatore che fu? Sono tutte domande che riportano all’uomo con i baffi. Puoi decidere di tagliare con il passato attraverso un gesto rivoluzionario che però la gente non accetta, e forse non capisce. Oppure guardarti allo specchio così come sei, e vedere quei baffi campeggiare spavaldi e poi sparire all’improvviso, in un gioco perverso e magico capace di allontanarti dalla realtà.
Credo che in entrambi i casi, l’uomo con i baffi, o se volete, quello con i riccioli, perda la speranza di coltivare un’esistenza molto vicina alle sue aspettative e si senta imprigionato dentro un ruolo che non vuole più interpretare. Lontano da quella libertà e spensieratezza, da quella piena coscienza di sé, che fanno di qualsiasi essere umano, una persona felice.