Le pubbliche amministrazioni ottengono più risorse dai contribuenti, ma non riescono a utilizzarle per migliorare i servizi fondamentale per i cittadini, per le imprese, per la società tutta. E c’è il rischio che gli investimenti tornino a diminuire dopo la fine del Pnrr. L’analisi della Corte dei conti
Come ogni anno, alla fine di giugno la Corte dei conti ha adempiuto alla funzione di controllare il rendiconto generale dello stato, offrendo il proprio apporto al Parlamento e al paese, coerentemente con l’articolo 100 della Costituzione. In passato, i suoi documenti sono stati criticati perché erano di non agevole lettura, sicché non si prestavano a essere discussi nelle aule parlamentari. Da allora sono stati compiuti indubbi sforzi per migliorarne la leggibilità, anche se alcune parti hanno inevitabilmente contenuti tecnici.
E’ il caso dell’analisi dei conti pubblici. Il primo volume della Relazione generale della Corte conferma il miglioramento dei conti pubblici nel corso del 2024: il debito resta elevato, ma l’indebitamento netto si è ridotto di 3,8 punti percentuali rispetto al 2023; il disavanzo si colloca al 3,4 per cento, “un valore più che dimezzato rispetto al livello del 7,2 per cento registrato” l’anno prima; il saldo primario è tornato in avanzo, grazie all’incremento delle entrate fiscali (+ 37 miliardi). Grazie al forte impulso proveniente dal Pnrr, sono anche aumentati gli investimenti, in termini di stanziamenti e di pagamenti, che costituiscono da sempre il punto debole nella nostra gestione della spesa pubblica. Osserva però giustamente la Corte che vi è bisogno di assicurare che la tendenza positiva si consolidi in futuro, con risorse nazionali. Solo in questo modo, sarà possibile portare a termine i non pochi progetti che è stato necessario stralciare dal Pnrr perché non sarebbe stato possibile concluderli entro il 2027.
Grazie ai dati acquisiti e alle valutazioni che i magistrati contabili hanno effettuato, ci si può anche render conto dell’effettiva capacità delle pubbliche amministrazioni di conseguire gli obiettivi attesi. Consideriamo, per brevità, due tra le principali politiche pubbliche: la sanità e l’istruzione. Per la sanità, il procuratore generale della Corte ha sottolineato che i medici di base e le guardie mediche “non sono più in grado di porsi come efficace filtro in luogo del generalizzato accesso al pronto soccorso”; che la carenza di medici e infermieri si è ulteriormente aggravata; che è necessario e urgente “l’abbattimento del vergognoso, per un paese civile, fenomeno delle liste di attesa”. Sotto quest’ultimo profilo, nella relazione si constata che molti delle norme recenti sulle liste di attesa “sono rimaste inattuate”. Per l’istruzione, la relazione constata che, a fronte della tendenza generale alla riduzione della dispersione scolastica, nelle regioni meridionali “una parte di studenti terminano il percorso scolastico senza aver acquisito le competenze fondamentali e quindi si trovano nella condizione di avere limitate prospettive di inserimento nella società”.
Una lettura incrociata di questi dati è la seguente: l’amministrazione italiana ottiene più risorse dai contribuenti, ma non riesce a utilizzarle per migliorare i servizi fondamentale per i cittadini, per le imprese, per la società tutta, e vi è il rischio che gli investimenti tornino a diminuire dopo la fine del Pnrr. Vi è da chiedersi quando le forze politiche rappresentate nel Parlamento ne discuteranno seriamente e quali iniziative intenda proporre il ministro della Funzione pubblica.