La propaganda dell’Associazione nazionale magistrati fa acqua. Non si capisce il senso di tirare fuori un documento di trent’anni fa sulla separazione delle carriere
L’Anm è scesa in campo. Se, tradizionalmente, sono stati i giornali a veicolare al pubblico atti e documenti sui temi giudiziari, stavolta l’Associazione nazionale magistrati fa lo scoop in prima persona: “Carlo Nordio era contrario alla separazione delle carriere. Ecco il documento esclusivo” scrive l’Anm, pubblicando una lettera del 3 maggio 1994 in cui il ministro della Giustizia, all’epoca magistrato a Venezia, aderiva insieme ad altri colleghi a un appello dell’Anm contro la separazione delle carriere, che è ora uno dei cardini della riforma Nordio. In realtà quello dell’Anm non è esattamente uno scoop. Ieri in un’intervista al Giornale, precedente alla pubblicazione del documento dell’Anm, Nordio ha spiegato che all’epoca dopo le stragi e Tangentopoli era favorevole all’unità della magistratura, sotto attacco su vari fronti. “Ma tre anni dopo scrissi che stavamo esagerando, e che erano necessarie riforme radicali – dice Nordio –. Da allora, non ho più cambiato idea”.
In effetti, nel 1997 l’allora pm fu oggetto di un’azione disciplinare da parte dell’Anm per alcune posizioni critiche sulla magistratura espresse in un libro. Anche questo aspetto è rilevante, ora che l’Anm rivendica la piena libertà di espressione dei magistrati quando criticano il potere esecutivo e legislativo. In ogni caso, non si capisce il senso di tirare fuori un documento di trent’anni fa sulla separazione delle carriere. Soprattutto perché l’Anm dice nella sua campagna mediatica che l’affermazione di Nordio secondo cui con la riforma “giudici e pm saranno finalmente separati” è una “fake news” in quanto, sostiene l’Anm, “le funzioni sono già separate”. E’ tutto un controsenso. Da un lato l’Anm non vuole che Nordio approvi una riforma che stabilisce una cosa che, secondo l’Anm, già esiste. Dall’altro l’Anm difende quella che ritiene una separazione di fatto tra giudici e pm, che è esattamente ciò contro cui l’associazione dei magistrati si opponeva in quella lettera di trent’anni fa. Chi è più incoerente?